Crisi di governo, Draghi e la fiducia: i numeri di Senato e Camera. Cosa può accadere nel voto

Anche senza 5s l'esecutivo potrebbe essere al sicuro in entrambi i rami del Parlamento

Crisi di governo, Draghi e la fiducia: i numeri di Senato e Camera. Cosa può accadere nel voto
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Martedì 19 Luglio 2022, 18:04 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 10:54

Mario Draghi si presenterà domani mattina in Senato, poi giovedì alla Camera per le comunicazioni a cui seguirà il voto di fiducia. Ma che chance ha il governo di ottenerla? Scorrendo i "numeri" dei due rami del Parlamento si scopre a quale destino può andare incontro l'esecutivo. 

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Draghi, i numeri in Senato e alla Camera

Se M5s dovesse uscire dal governo, l'esecutivo Draghi avrebbe comunque i numeri per ottenere la fiducia, tanto alla Camera quanto al Senato, anche se ovviamente sul piano politico l'uscita di un partito cambierebbe profondamente il profilo dell'esecutivo.

Il tutto, naturalmente, se Lega e Fi confermassero l'appoggio all'esecutivo.

 

La situazione a Montecitorio

A Montecitorio se venissero meno i 104 voti dell'intero gruppo di M5s, la maggioranza disporrebbe comunque di 450 deputati (Fi 82, Ipf 53, Iv 30, Lega 131, Leu 9, Pd 97, Coraggio Italia 11, Azione 7, Cd 5, Maie 5, Minoranze linguistiche 4, NcI 5, Italia al Centro 11) sui complessivi 630. Le opposizioni contano 61 voti (di cui 37 di Fdi, unico ad avere un gruppo e non una semplice componente del Misto), mentre 15 deputati ex M5s del gruppo Misto non iscritti a nessuna componente talvolta appoggiano le iniziative dell'esecutivo e talvolta no.

La situazione a Palazzo Madama

Analoga la situazione a Palazzo Madama dove il Governo, quand'anche i 61 senatori di M5s si tirassero indietro, potrebbe contare sul consenso di altri 204 voti (su 321), escludendo i 6 senatori a vita non sempre presenti: Fi 51, Ipf 11, Iv 15, Lega 61, Pd 39, Autonomie 6, 21 dei 39 del gruppo Misto (le componenti di Leu, Azione/+Europa, Italia al Centro, NcI, Noi di Centro). In caso dunque di passo indietro del premier non per ragioni numeriche bensì per valutazioni del quadro politico, l'unico precedente andrebbe ricercato nel governo Ciampi che il 13 gennaio 1994 si dimise durante il dibattito parlamentare su una mozione di sfiducia mentre era stata presentata anche un risoluzione di fiducia che avrebbe avuto i numeri. L'allora presidente Scalfaro sciolse le Camere il 16 senza tuttavia accettare le dimissioni di Ciampi.

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