Governo Draghi, M5S voterà su Rousseau. I vertici: dobbiamo dire sì. La scissione è più vicina

Governo Draghi, M5S voterà su Rousseau. I vertici: dobbiamo dire sì. La scissione è più vicina
di Emilio Pucci
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Martedì 9 Febbraio 2021, 00:09

Si punta a sterilizzare il dissenso, magari con una formulazione che permetta in ogni caso di far partire il governo Draghi, ma il voto su Rousseau in programma tra domani e giovedì è comunque destinato a spaccare il Movimento. Perplessità arrivano dai gruppi sia per la tempistica («Così in pratica stiamo bloccando Draghi», taglia corto un esponente M5S), sia per come è stata annunciata la votazione. «Abbiamo di nuovo legittimato Casaleggio. Siamo ad un punto di non ritorno, stiamo buttando la nostra storia», il refrain di chi non intende aprire.

Si attende il segnale di Grillo, un suo nuovo endorsement, dovranno metterci la faccia, oltre Di Maio, anche gli altri big, ma Di Battista è pronto a fare fuoco e fiamme e si sta portando dalla sua parte un buon numero di senatori. «Di Battista – dice un ex ministro – dovrà farsene una ragione, altrimenti è fuori».

Che la direzione sia quella del sì all’ex numero uno della Bce la mettono in conto un po’ tutti. Ma i tormenti pentastellati continueranno anche dopo l’incontro di oggi tra la delegazione M5S e il premier incaricato. Al tavolo M5S si siederà non ponendo veti né piazzando paletti ma chiedendo delle garanzie sul programma.

I vertici hanno già imboccato la strada, nell’assemblea di due giorni fa e negli incontri di ieri hanno spiegato che Draghi è un interlocutore serio (copyright di Conte), che finora sono rimasti soddisfatti del suo lavoro, che non ci saranno obiezioni, che «non possiamo dire di no».

Il giudizio degli iscritti sulla piattaforma, però, potrebbe essere difforme a questa posizione, ma a questo punto l’Elevato ha messo in conto che si potranno perdere dei pezzi durante il percorso. M5S è destinato a cambiare pelle, a connotarsi come una forza che punta all’ambiente, allo sviluppo sostenibile, all’Europa giusta. Ma a palazzo Madama resta una fronda numerosa che minaccia di tenersi le mani libere. Basta ascoltare gli sfoghi di diversi pentastellati: «Ci stiamo condannando a morte. Quella del voto su Rousseau è una sorta di ricatto. E’ chiaro che se poi voteremo no a Draghi ci butteranno fuori dal Movimento», osserva uno dei malpancisti.

Il malessere sarà pure più circoscritto rispetto ad alcuni giorni fa ma coinvolge anche i più possibilisti a dire sì all’uomo da tutti nel Movimento 5 stelle considerato «espressione dei poteri forti». «E’ diventato il banchiere del popolo – allarga le braccia un altro dei dissidenti -, ormai i vertici si sono seduti al tavolo con forchette e coltello. Hanno sancito la fine del Movimento. Come ci presenteremmo agli elettori con il sì a Draghi? Così diventeremo un partito come gli altri».

LA SPACCATURA

Ormai la scissione è dietro l’angolo. Ecco perché chi non è a favore di Draghi chiede già - come la senatrice Lezzi - che il quesito sia chiaro e punta ad aizzare gli attivisti. «Chi vorrà votare, ed io spero che si sia in tanti, dovrà farlo essendosi bene informato ed avendo ponderato con grande lucidità le conseguenze della sua scelta. Libertà è responsabilità», scrive Morra. Di Maio all’assemblea ha lanciato un nuovo appello alla responsabilità, Conte si è detto consapevole della delicatezza del momento. «Per M5S il sostegno al governo Draghi non è un passaggio semplice, ma bisogna guardare alle sofferenze delle persone», ha sostenuto il premier uscente, ribadendo di non essere interessato né ad entrare al governo né alla poltrona di sindaco di Roma.

Il giurista pugliese potrà vestire i panni del padre nobile con il compito di mediare con Draghi. Nell’esecutivo dovrebbe entrare Di Maio. Oggi sulla piattaforma web è prevista anche la votazione sulle modifiche statutarie che porteranno alla nuova governance collegiale composta da 5 membri. Serve il voto della metà degli iscritti più uno, altrimenti slitta tutto al 16 febbraio. Poi in caso di “no” il voto successivo sarebbe quello sul “nuovo capo politico”. Qualcuno, nel M5s, ci vede uno spiraglio aperto a Conte ma in molti si affrettano a sottolineare che «non funziona così nel Movimento».
 

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