Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, un caffè per siglare la pace: ma M5S è nel caos

Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, un caffè per siglare la pace: ma M5S è nel caos
di Simone Canettieri
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Martedì 22 Ottobre 2019, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 15:13

Un caffè in mattinata per siglare la pace, dopo i reciproci siluri dei giorni scorsi all'insegna di «senza il M5S non fai niente» (messaggio di Luigi Di Maio via blog) e «chi non fa squadra è fuori» (risposta di Giuseppe Conte dall'Eurochocolate di Perugia).
Dopo un'ora e mezzo di colloquio a Palazzo Chigi con il premier, il ministro degli Esteri e leader M5S si è sentito sollevato: «Ci siamo detti le cose in faccia, con franchezza, come due amici che avevano avuto un'incomprensione», ha detto Di Maio ai ministri che gli chiedevano del vertice. Aggiungendo fiero: «I nostri tre punti sulla manovra sono stati accolti da Conte». Dunque non ci sarà un altro consiglio dei ministri, ma la possibilità di migliorare la finanziaria in sede di conversione. Una lettura che da Palazzo Chigi accolgono, ma molto mitigata: «Serve un supplemento di riflessione, non ci sono cedimenti. Le battaglie del presidente sull'evasione rimangono inalterate così come l'intenzione di non voler tartassare le partite Iva, né i piccoli commercianti».

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Conte ha spiegato a Di Maio che «non ci sono ambiguità». E che dunque il suo ruolo è quello di «mediatore nella maggioranza». Un modo per allontanare i sospetti del capo grillino sulle presunte manovre del presidente del Consiglio per «spaccare il Movimento». Voci che dallo staff del premier respingono: «Non entriamo in dinamiche parlamentari, lavoriamo per la maggioranza e per il Paese».
Visto che è stata la mattinata del chiarimento, il titolare della Farnesina ha tenuto a specificare che non «c'è alcun asse con Renzi, anzi facciamo squadra tra di noi». Con una postilla: «Dietro alcune uscite di Renzi ci potrebbe essere lo sponda del Pd, come la frenata per il carcere ai grandi evasori». La crisi tra Luigi e Giuseppe è rientrata, almeno sembra. Almeno di facciata. Anche se nei giorni scorsi, dopo il via libera alla manovra salvo intese, il nervosismo tra gli uomini di Di Maio è stato tale che il fedelissimo Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, avrebbe minacciato a più riprese le dimissioni (ma da Palazzo Chigi smentiscono).

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I NODI
Pace fatta? Più che altro una tregua. Anche perché le spine nel M5S rimangono e il duello tra Conte e Di Maio ha avuto più di una ripercussione all'interno dei gruppi parlamentari. Soprattutto alla Camera, dove una maggioranza silenziosa di deputati non ha gradito i toni ultimativi del leader M5S al premier. E basta una miccia per far esplodere la tensione. Questa sera è in programma un'assemblea a Montecitorio per cercare di sbloccare lo stallo: al momento rimangono in corsa Francesco Silvestri e Raffaele Trano.
Intanto, ancora una volta a finire sul banco degli imputati è stata la comunicazione, che a detta di diversi eletti non starebbe offrendo un racconto fedele delle posizioni in capo: in queste ore, infatti, sono fioccate critiche sulla gestione delle uscite dei parlamentari rispetto al confronto Di Maio-Conte. Luigi Gallo, fedelissimo del presidente della Camera Roberto Fico, attacca: «Beppe Grillo - scrive Gallo in una chat visionata dall'Adnkronos - a Italia 5 Stelle ha detto di smetterla con palloncini e striscioni, con le poltrone tagliate, ma evidentemente abbiamo un M5S che è posseduto, non risponde al gruppo parlamentare, al direttivo, al suo fondatore, ci vuole solo un esorcismo». Questa sera nuova resa dei conti: si punta su un nome terzo per trovare un nuovo capogruppo. Gira la candidatura di Davide Crippa, ex sottosegretario, non proprio un dimaiano di ferro.

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