Di Maio e la tagliola del secondo mandato: «Pugnalato alle spalle il Paese»

Di Maio e la tagliola del secondo mandato: «Pugnalato alle spalle il Paese»
di Simone Canettieri
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Venerdì 9 Agosto 2019, 10:22 - Ultimo aggiornamento: 17:48

«È finita». Quando Matteo Salvini esce dalla stanza del premier Conte, Luigi Di Maio, anche lui a Palazzo Chigi, capisce che la situazione è precipitata. E che non sarà più rimediabile. «Non ci saranno maggioranze alternative», dice uno tra i suoi più fidati consiglieri. Niente accordo con il Pd. Nemmeno per la finanziaria.

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Allo stesso tempo Di Maio è consapevole che la sua esperienza parlamentare rischia di essere arrivata al capolinea: «Luigi non chiederà una deroga al secondo mandato», spiega ancora un sottosegretario a lui molto vicino. «Ma il tema non è all'ordine del giorno», tagliano corto dal suo staff. Non glielo permetterebbero Grillo e Casaleggio, e soprattutto Alessandro Di Battista. Anche se la situazione è molto complicata e in queste ore ci sono le forti spinte dei senatori grillini affinché la regola sacra venga rivista e messa al voto su Rousseau. «Un anno di governo è troppo poco: non possiamo perdere un patrimonio di competenze», è il ragionamento che circola tra i big della Camera.

Il Movimento, dicono gli uomini di «Luigi», è compatto. E trapela anche un incontro avuto da Di Maio con Di Battista intorno all'ora di pranzo. Il front man grillino intanto scalda già i motori: la deroga al secondo mandato dipenderà da Dibba. Se dirà di sì salverà tutti i colonnelli, altrimenti partirà la «rifondazione» del Movimento. Nel dubbio proprio Di Battista da ieri è ufficialmente già in campagna elettorale con questo slogan: «Salvini è uno schiavo del sistema».

LE ANIME
Per il Movimento Cinque stelle è una giornata da incubo. Dall'ultimo dei peones ai big arrivati al secondo mandato è tutta una catena di telefonate. E di sfoghi. Di Maio schiuma rabbia nei confronti del leader della Lega: «Ha pugnalato il Paese alle spalle, ora aumenterà l'Iva: ha preso in giro gli italiani su tutto. A partire dalla flat tax. Salvini ha pensato solo ai suoi interessi e non a quelli del Paese».

Il Capo dei Cinque stelle collega la crisi al no della Lega di votare la riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari. «Salvini me l'ha chiesta come condizione per non staccare la spina: voleva che bloccassimo la riforma perché Forza Italia e Fratelli d'Italia erano contrari e anche lui aveva problemi al suo interno».
 



Fin qui la parte governista del Movimento, quella che si prepara comunque a una «vigorosa campagna elettorale». Poi però ci sono le critiche al leader che piovono da più parti. In molti mettono in evidenza la sua chiusura «nel bunker» in queste ore. E in generale, anche tra chi gli è stato al fianco fino all'ultimo, si sottolinea un aspetto: «Luigi ha sbagliato linea politica, dopo le Europee doveva mandare un messaggio al Paese e togliere subito Toninelli. Invece non ha avuto coraggio e siamo arrivati a questo punto». L'ala dissidente, le varie anime ortodosse sono pronte a mettere in discussione il ruolo di capo politico di Di Maio: «Ha fallito su tutta la linea, dovrà lasciare», ragionano in molti.

A Palazzo Chigi, nella stanza del vicepremier si ragiona su come uscire dall'angolo. La mossa della «disperazione», l'ultima riguarda il voto sul taglio dei parlamentari. Si cercano sponde con Roberto Fico per mettere in calendario l'ultimo voto della riforma. Ma anche questa è una pistola scarica. Rimane solo l'ira di Di Maio contro Salvini: «Così perdiamo anche il commissario alla Concorrenza in Europa».

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