Decreto Sicurezza bis è legge, ma Salvini rilancia: ora la Tav o crisi

Decreto Sicurezza bis è legge, ma Salvini rilancia: ora la Tav o crisi
di Diodato Pirone
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Martedì 6 Agosto 2019, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 18:25

Come ampiamente previsto, il governo ha superato la prova del decreto sicurezza bis: con 160 sì (e appena 57 no) il provvedimento di Salvini diventa legge. La pattuglia di senatori M5s malpancisti alla fine si è ridotta a quota cinque che sono usciti dall'Aula senza votare contro. Ben 32 senatori non erano presenti. I favorevoli sono arrivati a quota 160 così: 101 M5S; 56 leghisti, due senatori dall'estero e 1 dal gruppo Misto. I 18 parlamentari di Fratelli d'Italia si sono astenuti e quelli di Forza Italia, pur stando in Aula, non hanno partecipato al voto.
Nella pattuglia dei 57 voti contrari si contano invece 45 voti del Pd (Renzi, in America, tra gli assenti), a cui si aggiungono 4 di Liberi e Uguali e tre voti contrari degli espulsi M5S: Paola Nugnes, Carlo Martelli e Gregorio De Falco. Altri voti contrari sono arrivati dalle Autonomie.
«Oggi bado ai fatti», ha esultato Matteo Salvini, incassando il risultato, che è un voto sotto la maggioranza assoluta. Ma il leader leghista, che ringrazia anche la «beata vergine Maria», non depone le armi: sposta lo scontro sul terreno della Tav e della mozione M5S per il no che sarà votata domani. Non si ammettono «forse», dice: il M5s - accusa - con il no sfiducerà il premier Giuseppe Conte. Nessun contraccolpo sul governo, la mozione «impegna le Camere», ribatte Danilo Toninelli. Ma il leader leghista sbuffa: «Sono stanco di no e insulti». La crisi, per ora, non c'è.

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È in un clima sospeso che il Senato vive un lunedì che si annunciava di fuoco. Il decreto arriva in Aula senza relatore, senza che la commissione abbia votato un solo emendamento. Il clima è distratto. Quando all'ora di pranzo inizia il dibattito, l'emiciclo è deserto. Un sussulto solo quando il ministro Fraccaro annuncia la fiducia: applausi di scherno e grida di «vergogna» si levano dal Pd.
 



SOCIAL CALDI, AULA FREDDA
Il clima si surriscalda sui social prima che in Aula: «La disumanità non può diventare legge», è lo slogan virale lanciato da Libera e rilanciato con foto di cartelloni, fogli ma anche scritte sulla sabbia. Sit-in si tengono davanti alla Camera e al Senato. I Dem indossano una t-shirt con la scritta «Non sprechiamo l'umanità».
Sul fatto che il decreto verrà approvato non ci sono mai molti dubbi. Ma c'è anche, da subito, la convinzione che i gialloverdi non raggiungeranno quota 161, la maggioranza assoluta. Si stimano tra i 156 e i 159 voti: alla fine andrà meglio, 160. Rischi non ce ne sono anche perché Fdi si astiene e FI, dopo una riunione di gruppo, decide di restare in Aula, per non apparire una stampella del governo, ma di far sfilare i senatori sotto i banchi della presidenza dicendo «non partecipo al voto» (un aiuto solo a metà).
«Grazie agli schiavi Cinque stelle l'Italia è più insicura», hadichiarato Nicola Zingaretti subito dopo il voto, sottolineando che alla fine i ribelli pentastellati non affondano il colpo.
In cinque non votano: Virginia La Mura, Matteo Mantero, Michela Montevecchi, Lello Ciampolillo, Elena Fattori. Assenti per problemi di salute Bogo Deledda (M5s) e Umberto Bossi (Lega), il leghista Massimo Candura è in viaggio di nozze.
Ma fino all'ultimo i dissidenti Cinque stelle mantengono il riserbo e tra transatlantico, emiciclo e social, hanno gli occhi puntati addosso. Sono i No-Tav più strenui e coloro che si oppongono al testo del decreto salviniano per le norme sugli sbarchi e sulle manifestazioni. La Mura afferma che il dl «va contro qualsiasi principio umanitario». Mantero scrive su Facebook: «È ora di mettere un limite alla strafottenza e ai diktat della Lega». Ma c'è chi cede alle ragioni di governo, come Mattia Crucioli, che conferma i «dubbi» ma pure «la fiducia». E il No Tav Alberto Airola, che cita Rino Formica per spiegare il suo sì: «La politica è sangue e merda. Non è il caso di far cadere il governo su questo». Gianni Marilotti dice che «forse solo il 20% dei senatori M5s approva il decreto ma il no porterebbe al voto».
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