David Ermini, vicepresidente Csm: «Toghe, carriera legata ai processi»

David Ermini
di Alberto Gentili
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Domenica 21 Marzo 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 15:55

Martedì Mattarella presiederà il plenum del Csm, è il segno di una nuova legittimazione?
«E’ così. Il Presidente venne nel giugno del 2019 all’esplodere delle note vicende e il fatto che martedì sia ancora lui a presiedere il plenum è più che significativo e ci rincuora e rafforza  - risponde David Ermini, vicepresidente del Csm - C’è stato da quel giugno uno stillicidio di chat e intercettazioni, sono emersi in tutta la loro evidenza i guai del carrierismo e del correntismo e comportamenti esecrabili, ma anche letture francamente denigratorie della magistratura. Un periodo di per sé molto travagliato, a cui si è aggiunta la terribile pandemia. In tutti questi mesi il presidente Mattarella è stato per noi guida preziosa, non ha mai fatto mancare il suo sostegno, i suoi consigli. Tutta la magistratura, non solo noi consiglieri del Csm, sa di avere nel capo dello Stato il difensore strenuo dell’indipendenza e dell’autonomia dell’ordine giudiziario. Inoltre martedì è uno dei passaggi finali affinché l’Italia prenda parte a pieno titolo all’avvio e al funzionamento della Procura europea che dovrà indagare e perseguire frodi e reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione: strumento indispensabile in vista del Recovery Plan. Si pensi all’imponente flusso di risorse che verranno dall’Europa e al rischio di frodi comunitarie».


Lei parla di letture denigratorie della magistratura, lo scandalo Palamara ha però avuto effetti devastanti...
«E’ vero. Ma dico denigratorie perché si arriva a mettere in dubbio l’imparzialità della magistratura e dunque la legittimità dei suoi provvedimenti. Ma quanti sono i magistrati coinvolti a vario titolo nello scandalo? Cinquanta? Cento? Sono però migliaia i magistrati che in tutti questi anni hanno garantito diritti e legalità, a volte rischiando anche la vita e a volte purtroppo perdendola. Si badi, difendere la magistratura non è difendere una casta, ma è difendere la giurisdizione che è un pilastro della democrazia. Giurisdizione di cui fanno parte anche gli avvocati e le cui libertà sono sotto attacco in diversi Paesi europei. Se viene meno la fiducia nella magistratura, viene meno un pilastro della democrazia».


Ma il Csm come ha reagito in questi due anni?
«Il Csm non ha mai mancato un plenum, mai una commissione, mai ha smesso di svolgere tutte le funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge. In tutti questi mesi sono stati nominati capi di uffici giudiziari, sono state approvate circolari, valutati magistrati, votati pareri e linee guida per l’organizzazione dei processi in emergenza pandemica. La prima commissione è da mesi al lavoro su migliaia di trascrizioni inviate da Perugia, per individuare se ci sono i presupposti per il trasferimento per incompatibilità dei magistrati seriamente coinvolti nelle chat. Soprattutto è al lavoro la sezione disciplinare: abbiamo fissato e in gran parte già avviato tutti i procedimenti istruiti dalla procura generale».


Sembra che descriva il migliore dei mondi possibili.
«Per carità, non dico questo. Risalire la china di un discredito così profondo non è per nulla facile. Critiche, delusioni, ci può stare tutto, ma un sistema spartitorio nel Csm ora non c’è più. C’è trasparenza nelle decisioni, nelle nomine prevale l’ordine cronologico, le istruttorie prevedono audizioni degli interessati. Ci stiamo seriamente provando, anche se resto convinto che i fatti incresciosi e dolorosi che hanno incrinato il prestigio e la credibilità della magistratura e del suo organo di autogoverno non possano risolversi solo attraverso sanzioni o trasferimenti dei colpevoli. Richiedono anche buone leggi di riforma e soprattutto una rifondazione etica, una vera rivoluzione culturale, da parte dei magistrati».


Il pallino delle riforme ora è in mano alla ministra Cartabia. Sarà presente anche lei al plenum di martedì.
«E noi siamo ben lieti di accoglierla, nel Csm troverà sempre un interlocutore leale, attento e aperto al cambiamento.

La ministra è una giurista eccelsa, ha un senso profondo della giustizia e delle istituzioni. Sa che le istituzioni vanno salvaguardate al di là delle persone. Va accertata fino in fondo e a tutti i livelli qualsiasi responsabilità, ma mai le colpe personali devono trascinare in basso le istituzioni».


La legge di riforma del Csm è ferma, tra un anno e mezzo si vota per il nuovo Consiglio. Una corsa contro il tempo quella della ministra Cartabia.
«Ho piena fiducia nel suo metodo e nelle sue capacità di mediazione. Certo, la maggioranza che sostiene il nuovo governo è piuttosto variegata, sono però convinto che saprà fare sintesi tra posizioni anche diverse e portare in porto una riforma che è indiscutibilmente necessaria. E’ necessario cambiare la legge elettorale e bisogna fissare criteri più stringenti nelle procedure di nomina. Personalmente, sono dell’avviso che nel valutare la professionalità di un magistrato vi sia anche un controllo sulla qualità e sulla tenuta dei suoi provvedimenti: se ad esempio la gran parte dei processi chiesti da un pm finiscono in assoluzione o se le sentenze di un giudice civile vengono riformate in quantità, va considerato o no in una valutazione di professionalità? Ma al di là delle mie opinioni, resta il fatto che la riforma del Csm va fatta».


Lei dice che va fatta, però il Csm sulla riforma si è già spaccato.
«Respingo questa raffigurazione. C’è questo tic mediatico per cui opinioni diverse significano subito divisioni e spaccature. Mi chiedo: diciamo tutti che le correnti devono smetterla di gestire incarichi e potere e devono tornare a essere fucina di idee, e non è questo il caso? Qui si sta parlando di una riforma monumentale che riguarda tutto l’ordinamento giudiziario, se la discussione è giustamente animata, è proprio perché ci sono culture e sensibilità diverse. La riforma va fatta ma deve essere una riforma giusta, non punitiva o vendicativa. Alla fin fine, rimangono tre paletti: 1) rispetto dell’autonomia e indipendenza della magistratura e della giurisdizione, 2) rispetto del ruolo costituzionale del Csm, 3) rispetto del pluralismo ideale».


E le riforme del processo civile e penale?
«Sono assolutamente necessarie anche queste. In primo luogo per i cittadini, perché la giustizia funziona se i processi sono giusti ma anche rapidi. Il tempo è variabile essenziale: avere giustizia dopo 10 anni non è giustizia. E’ indispensabile una riforma nel civile, anche per le sue ricadute sull’economia, insieme a quella importantissima del fallimento. Specie in una situazione di crisi drammatica come quella che stiamo vivendo, un’impresa insolvente che salta rischia di travolgere tanti lavoratori, un intervento rapido della giustizia può evitare che la crisi d’impresa si risolva in crisi occupazionale e sociale. E poi, naturalmente, c’è il penale. Dico solo che sul carcere sono perfettamente d’accordo con la ministra Cartabia e che, se vogliamo deflazionare il carico dei processi, vanno sul serio agevolati (e fatti funzionare, e i primi a farlo dovrebbero essere i magistrati) i riti alternativi. Ma sia chiaro che le riforme del processo sono necessarie anche alla magistratura, perché rispondere alla domanda di giustizia in tempi rapidi accresce fiducia e credibilità».


Ma lei crede davvero che il Parlamento riuscirà ad approvare queste riforme?
«Beh, ci voglio credere. E’ però necessaria una sorta di pacificazione nazionale: i partiti, tutti i partiti, dovrebbero deporre le armi ideologiche e ragionare per il bene dei cittadini. Il funzionamento della giurisdizione non può e non deve essere tema divisivo. Io davvero auspico che vi possa essere un clima non conflittuale ma collaborativo nel risolvere i problemi più urgenti della giustizia. E poi, sa cosa le dico? Non so se compatibile con la nostra Costituzione, ma l’idea della ministra Cartabia di un rinnovo parziale del Csm mi convince non poco».

 

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