Crosetto: «Pubblica amministrazione, via i burocrati capaci soltanto di dire no. Oppure l'Italia non riparte»

Il ministro della Difesa: «In alcuni posti chiave ci sono funzionari con ideologia diversa dalla nostra. Difesa aerea all'Ucraina? Pronti a sostenerla»

Crosetto: «Mandare via i burocrati capaci soltanto di dire no. Oppure l'Italia non riparte»
di Alberto Gentili
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Mercoledì 28 Dicembre 2022, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 17:46

Ministro Crosetto, partiamo dalla legge di bilancio appena sbarcata in Senato. L’opposizione sostiene che è priva di visione e contiene tante mance. Cosa risponde?
«Che le risorse erano poche. Se non avessimo un’inflazione mai così alta dagli anni ‘80, se avessimo avuto i soldi che hanno avuto Conte e Draghi, se il prezzo del gas non fosse stato così alto, tutto sarebbe stato più facile. E avremmo avuto più possibilità di investire. Ma a quelli che sostengono che abbiamo elargito mance e che si sono inventati i banchi a rotelle, rispondo che al contrario di loro non abbiamo sprecato un solo euro. Noi abbiamo lavorato per la crescita».

Il percorso della manovra è stato a ostacoli. Ciò è dovuto all’inesperienza o come ha detto Mollicone alla latitanza dei tecnici di Ragioneria e Mef nei momenti cruciali?
«Il primo problema è stata la tempistica: Giorgetti ha avuto appena tre giorni per mettere su la manovra.

Il secondo è quello di una classe dirigente nei ministeri e in ogni settore della macchina burocratica che va cambiata in profondità. Non si può pensare di fare politiche nuove e diverse, se nei posti chiave tieni funzionari che hanno mentalità vecchie o servono ideologie di cui noi rappresentiamo l’alternativa. E poi c’è un problema di classe parlamentare: come è avvenuto nel 2018 per i 5Stelle, si è pagata un po’ di inesperienza».

Sembra di capire che procederete a uno spoil system massiccio. È così?
«Il termine scade a fine gennaio. Di certo non è facile sostituire le burocrazie esistenti. Perché alcune persone sono di grande valore. E perché la macchina amministrativa deve andare avanti e non puoi fermarti mandando subito via funzionari di cui non ti fidi o hanno idee diverse dalle tue. Ci vuole un po’ di tempo. Ma bisogna avere il coraggio di fare queste scelte, mentre in alcuni ministeri c’è il timore di prendere decisioni che invece vanno prese per rimettere in moto il Paese. Serve coraggio. Bisogna tagliare con il machete alcune catene che bloccano lo sviluppo dell’Italia: ora ci vogliono 17 anni per realizzare un’opera pubblica, dovranno diventare quattro o cinque al massimo».

Contro chi vuole usare il machete?
«Contro chi nelle amministrazioni pubbliche si è contraddistinto per la capacità di dire no e di perdere tempo. Se non mandiamo via queste persone, facciamo un danno al Paese. E noi non abbiamo vinto le elezioni per danneggiare l’Italia. In più, al contrario degli altri, potremmo cambiare in quanto non abbiamo fatto nulla perché qualcuno possa ricattarci. Noi non abbiamo mai fatto affari e non gli abbiamo promesso nulla. Insomma, non abbiamo un passato che ci rende difficile intervenire: coloro che vogliono salvare l’Italia da un declino mortale andranno tenuti, per gli altri bisogna avere il coraggio di cambiare. Punto. Sono certo che Giorgia Meloni la pensa come me».

Il suo core business è la difesa. Meloni ha detto che «la spesa militare è indispensabile per essere liberi e difendere l’interesse nazionale». Scatta la corsa al riarmo?
«La Difesa è un concetto molto più complesso del riarmo, come invece la declinerebbe una persona superficiale come Giuseppe Conte. E se è vero che la Difesa ha a che fare con le capacità militari delle nazioni, è altrettanto vero che comprende la capacità di stringere alleanze internazionali. Di saldare i rapporti con Usa, Africa, Asia, Medio Oriente. La Difesa significa costruire un contorno interno ed esterno di sicurezza. E poi le sfide militari hanno raggiunto dimensioni così rilevanti che non si possono compiere da soli, ma nel quadro euro-atlantico».

L’Italia spende in armamenti poco più dell’1,5% del Pil, mentre l’accordo in sede Nato richiede una spesa del 2%, con un incremento di circa 8 miliardi. Vi muoverete in questa direzione?
«L’impegno di raggiungere il 2% risale al 2014 ed è stato confermato da tutti i governi che si sono succeduti, compresi il Conte uno e il Conte due. L’unico punto da chiarire è in quanto tempo raggiungeremo questo 2%. Mi auguro di rispettare l’impegno, in base alle compatibilità finanziarie. In ogni caso non si tratta solo di investimenti militari, ma di spese per la difesa che comprendono anche il personale, le infrastrutture, la manutenzione. Tutti, con l’eccezione di poche nazioni, come Usa, Russia, Cina e forse la Francia, negli ultimi decenni hanno costruito un sistema tuttalpiù pronto a missioni internazionali. Dunque bastavano 15-20mila soldati pronti a ruotare nell’ impiego. Ci siamo invece resi conto che potremmo avere la necessità di difenderci veramente, dunque dovremo partire dagli uomini, dall’età media dei nostri soldati, dall’organizzazione e dalla strutturazione delle nostre Forze armate. E’ inutile comprare una nave in più, che serve per controllare un assetto strategico come il Mediterraneo, se poi non hai i marinai da metterci sopra, o acquistare un nuovo aereo se non riesci a formare i piloti o a mantenerlo in efficienza. Insomma, il nodo degli armamenti è uno dei tanti su cui si costruisce la Difesa di una nazione».

Meloni ha sentito Zelensky che invoca la fornitura di sistemi di difesa aerea. Glieli fornirete?
«Non abbiamo ancora cominciato la costruzione del sesto decreto. Di certo l’Ucraina sta chiedendo da mesi un supporto contro gli attacchi aerei su obiettivi civili: case ospedali, scuole, centrali elettriche. Se sarà possibile certamente li aiuteremo a difendersi: la Russia ha superato un confine che non doveva superare».

Perché “se sarà possibile”?
«Perché la fornitura deve essere compatibile con la possibilità di avere queste armi e di darle a Kiev efficienti e funzionanti. I razzi non li trovi al supermercato come un barattolo di Nutella, sono sistemi complessi per i quali sono necessari tempi lunghi di produzione. Non puoi dire: “okay, domani vado e compro cento missili”. Non ci sono. Dunque se diamo sistemi di difesa aerea all’Ucraina, dobbiamo prenderli dalle nostre scorte e lo dobbiamo fare senza sguarnirci e con la certezza della qualità».

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Dal fronte ucraino arrivano segnali contrastanti. Putin a giorni alterni parla di pace e invece continua a bombardare. Quanto prevede durerà questa guerra?
«Mi auguro finisca il prima possibile. Dobbiamo costruire il dialogo e prendere sul serio qualunque apertura. Dobbiamo parlare con tutti gli attori. E penso che il ruolo di Meloni e dell’Italia possa essere non marginale: Giorgia, negli appuntamenti internazionali avuti in appena due mesi, è riuscita a ottenere credibilità, centralità e rispetto. Requisiti che vanno sfruttati per creare un percorso di dialogo per la pace».

Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, è tornato a parlare di minaccia nucleare. Il rischio è concreto?
«L’uso del nucleare tattico è previsto dalla Russia. Per noi è inconcepibile, ma per Mosca sì se si supera un punto di non ritorno, se rischiassero la sconfitta, lo è. Insomma, il pericolo, potenzialmente, esiste, per quanto molto improbabile».

C’è da fare i conti anche con le polemiche interne. Il presidente del Senato La Russa e la sottosegretaria Isabella Rauti hanno celebrato la nascita del Msi e l’opposizione è insorta. Cosa ne pensa?
«La strada indicata dalla Meloni è quella di un grande e moderno partito conservatore. Una strada che ci ha permesso di crescere e di vincere. Giorgia ha sempre parlato di futuro e ha smesso da tempo di parlare di passato».

 

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