Draghi, grillini allo sbando. Salvini e Berlusconi: governo senza di loro

«Ministri fuori»: Conte tenta la spallata definitiva ma fallisce. I cinquestelle sono spaccati. L’aut aut del centrodestra

Draghi, grillini allo sbando. Salvini e Berlusconi: governo senza di loro
di Andrea Bulleri
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Sabato 16 Luglio 2022, 00:06

Il consiglio nazionale dei Cinquestelle «è riunito in modo permanente». Recita così il bollettino di guerra che arriva dal quartier generale pentastellato di Campo Marzio, nel secondo giorno di dimissioni “congelate”di Mario Draghi. Ancora una volta, i grillini passano la giornata alternandosi tra un vertice fiume e l’altro. Mentre all’esterno nulla trapela, o quasi, su quale sia la sentenza definitiva di Giuseppe Conte. Ritirare i ministri e togliere una volta per tutte la fiducia al premier, che mercoledì si presenterà alle Camere per «rendere comunicazioni», di fatto per portare la crisi in parlamento? Oppure andare avanti come se niente fosse, sperando che Draghi accetti di restare? 

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Si svolge tutto a cavallo tra questi due interrogativi il film della giornata.

Sospesa tra il pressing sempre più insistente (anche internazionale) affinché l’ex capo della Bce resti in sella a Palazzo Chigi, a prescindere da quali siano le conclusioni dei Cinquestelle, e il timore di chi è convinto la strada sia già segnata. Che in altre parole le dimissioni di Draghi non siano state ancora definite «irrevocabili» soltanto per rispetto istituzionale nei confronti di Sergio Mattarella. 


LA NOTA CONGIUNTA
Col passare delle ore si delinea anche una posizione a metà strada: quella del centrodestra governista, «pronto alle urne» pur non chiudendo del tutto la porta all’ipotesi di un Draghi-bis. È la linea di Lega e Forza Italia, che dopo una telefonata tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi (in ritiro a Villa Certosa) fanno uscire una nota congiunta che somiglia a un aut-aut. «Prendiamo atto – recita il comunicato dei due leader – che non è più possibile contare su M5S in questa fase così drammatica. Noi – mettono in chiaro Berlusconi e Salvini – siamo alternativi a chi non vota miliardi di aiuti alle famiglie, a chi si oppone al termovalorizzatore, a chi difende gli sprechi del reddito di cittadinanza». Poi si traccia la rotta: «Ascolteremo le considerazioni del presidente Draghi. E continueremo a difendere gli interessi degli italiani con serietà e coerenza, non avendo certamente timore del loro giudizio». Dunque, pronti ad andare al voto (come va chiedendo l’alleata Giorgia Meloni). Ma pure a sostenere ancora il governo, qualora le condizioni lo richiedessero. A patto che dentro non ci siano più i Cinquestelle. 

 


Si mostra pessimista Giancarlo Giorgetti: «Quel che è accaduto – si rassegna il ministro dello Sviluppo – non doveva accadere. Tempi supplementari? Mi sembra che una partita molto complicata da sbloccare. E anche che le squadre siano un po’ stanche». Intanto dall’altra parte del campo, nel Pd, continua il lavoro di retrovia per il Draghi bis. I dem criticano la Lega che se la prende coi Cinquestelle: «Verrebbe da dire da quale pulpito viene la predica – attacca il deputato Enrico Borghi – loro sono alleati strutturali con chi fa ogni giorno l’opposizione». I democrat ci sperano ancora, nell’ipotesi di riportare il Movimento nel perimetro della maggioranza. L’obiettivo, a largo del Nazareno, è creare il massimo supporto possibile per convincere il premier a un ripensamento. Ma nessuno fa mistero che l’operazione è appesa a un filo. E la macchina del Pd si è già messa in moto in vista di una possibile campagna elettorale estiva. 


IL PRESSING
Anche perché nessuno ha capito bene quale sia la linea del Movimento. In mattinata, dal vertice del consiglio nazionale grillino trapela l’ipotesi di dimissioni dei ministri Cinquestelle prima di mercoledì. «Di fatto siamo già dimissionari, visto che il capo del governo ha rassegnato il suo mandato», si limita a commentare il titolare dell’Agricoltura, il contiano Stefano Patuanelli. Contro questo scenario si battono i governisti Federico D’Incà e Fabiana Dadone, ma pure Chiara Appendino e Stefano Buffagni. Convinti che così facendo ogni spiraglio per andare avanti con l’esecutivo sarebbe precluso. Il confronto tra i grillini va avanti fino tarda sera. «Se Conte ritira i ministri è la fine del governo», traccia il confine il titolare della Farnesina Luigi Di Maio: «La crisi mette a repentaglio la sicurezza del Paese». Mentre su Campo Marzio rimbalzano da ogni dove gli appelli alla «responsabilità». Pesano le parole del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei. «Guardiamo con grande preoccupazione alla situazione politica che si sta determinando – il messaggio dell’arcivescovo – Ci auguriamo che ci sia uno scatto di responsabilità in nome dell’interesse del Paese». E poi il coro di stima per Draghi dei vertici europei, dal portavoce di Ursula Von der Leyen alla presidente del parlamento Ue Roberta Metsola. Fino a quelle di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale Usa. 
Il premier, per ora, tace. Pronto a dire la sua tra pochi giorni, in aula. È lì che si capirà se esista un margine per andare avanti. O se il messaggio al parlamento sarà solo l’ultimo atto di un finale già scritto, prima delle dimissioni (stavolta definitive) al Capo dello Stato. 
 

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