Conte prova a mediare, ma molti grillini spingono per chiudere con Draghi: «Rapporto compromesso»

Pronti all'astensione sul Dl aiuti. Poi rottura possibile sulla legge di Bilancio

Conte prova a mediare, ma molti grillini spingono per chiudere con Draghi: «Rapporto compromesso»
di Emilio Pucci
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Venerdì 1 Luglio 2022, 09:41 - Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 08:55

Qualche big vede il bicchiere mezzo pieno, dal premier Draghi è arrivato questa la tesi un riconoscimento politico al Movimento 5 stelle; qualcun altro, invece, considera le parole pronunciate in conferenza stampa dal presidente del Consiglio come una sfida, «ci ha obbligati a rimanere al governo». Conte è in mezzo ai due schieramenti (più nutrito il secondo), pressato dalla maggioranza dei gruppi parlamentari e da una parte della stampa ad uscire dal governo per un appoggio esterno, e dall'altra consapevole che una mossa del genere lo allontanerebbe definitivamente da Letta e lo riconsegnerebbe, per la gioia di Di Maio, a Salvini. In ogni caso al presidente della Repubblica l'ex premier ha detto di non voler staccare la spina. Ma di aspettarsi semplicemente rispetto e una considerazione maggiore per una forza che fino a una settimana fa era la prima del Parlamento.

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Il rapporto con Draghi sembra compromesso, il premier ha smentito di volere che fosse destituito, ha negato che ci fossero dei messaggi in questo senso.

Ma lo scontro tra i due si giocherà sui provvedimenti sul tavolo. Perché palazzo Chigi ha già fatto sapere che non è possibile modificare la norma sull'inceneritore, non c'è una trattativa in corso. Il Movimento 5 stelle alla Camera dirà sì alla fiducia sul dl Aiuti ma si schiererà contro il provvedimento (l'astensione l'altra opzione ma minoritaria) nel voto finale, mentre nel passaggio al Senato l'orientamento è quello di non presentarsi in Aula. Un altro nodo sarà sul nuovo invio delle armi all'Ucraina, Draghi ha sottolineato l'unità del G7 e della Nato per aiuti economici, umanitari ma anche militari a Kiev, mentre i pentastellati vogliono un segnale di discontinuità. Al di là della mano tesa del premier («sono in contatto con Conte e non con Grillo», ha sottolineato Draghi), resta il gelo tra l'ex presidente del Consiglio e l'ex numero uno della Bce. C'è poi un altro aspetto da considerare: è vero che, come ha sottolineato il presidente del Consiglio, nessuno ha invocato la parola rimpasto, ma tra i pentastellati cresce l'insofferenza sulla sottovalutazione M5s dei numeri nell'esecutivo. «Di Maio si è portato viceministri, sottosegretari e presidenti di commissione. Noi al Mef non abbiamo più nessuno», il refrain. Tuttavia, Conte non ha intenzione di metterci la faccia nella richiesta di poltrone. Vuole un chiarimento, invece. Oggi i due si sentiranno al telefono (ma si lavora a un incontro) perché l'ipotesi di lasciare lesecutivo resta sempre sottotraccia. Credo ci sia una spinta verso il Movimento per farlo uscire», osserva il ministro Patuanelli. «Vogliono cacciarci dal governo, ma noi restiamo», gli fa eco il sottosegretario Sibilia.

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Il dibattito interno è in corso. La pressione nei confronti di Conte sempre più forte. Il rischio è che di fronte alle minacce di far saltare tutto poi alla fine si sottolinea nell'ala anti-governista non succeda nulla, «gli elettori non ce lo perdonerebbero mai». La tesi di chi ritiene necessario un cambio di passo è che senza lo strappo «noi saremmo destinati a morire con il 3%».

 

LA ROAD MAP

I fedelissimi dell'avvocato pugliese hanno costruito una sorta di road ma per logorare Draghi. Fare in modo che sia il presidente del Consiglio ad aumentare ancor di più le distanze. Ma il giurista di Volturara Appula non è convinto dell'eventualità di uscire. Anche perché rischierebbe la spaccatura pure con Grillo. I due non si sono lasciati benissimo. Il Garante, stanco e demotivato dai contrasti interni, vuole preservare il presidente del Consiglio. Ritiene che sia sbagliato caricarsi della colpa di far cadere il governo. Perché l'avviso di ieri di Draghi era rivolto proprio a Conte: smarcandosi si assumerebbe la responsabilità di portare il Paese alle urne. Per il presidente M5s si tratta di minacce spuntate, sostiene che il premier non abbia gradito come si è mosso il Movimento durante lelezione del presidente della Repubblica e stia facendo di tutto per delegittimarlo. Ma proverà a tenere tutti i pentastellati, anche quelli più recalcitranti, dentro il perimetro di governo. A patto che l'esecutivo apra sulle battaglie M5s e faccia per esempio un passo indietro sul congelamento sul Superbonus. L'ipotesi che viene più caldeggiata all'interno del Movimento è che la frattura possa avvenire in coincidenza con la legge di bilancio. Anche perché per Conte bissare Salvini nell'estate del Papeete sarebbe uno smacco. Lo ha detto anche a Mattarella. Ma il rischio di un incidente parlamentare è dietro l'angolo.

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