Di Maio si gioca la leadership e chiude a Fico a palazzo Chigi

Conte e Di Maio
di Simone Canettieri
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Mercoledì 21 Agosto 2019, 10:45 - Ultimo aggiornamento: 13:31

«Non esiste un governo Fico: per me c'è il Conte bis o il voto». Luigi Di Maio si gioca la leadership e quindi ripete a tutti questo ragionamento. Omettendo però un particolare non da poco: lunedì sera, alla vigilia del discorso di Conte, il capo politico del M5S ha telefonato a Nicola Zingaretti. Al leader del Pd ha chiesto se ci sono le condizioni per un governo di legislatura. «Può durare, secondo te?». Il segretario dem è stato scettico. Di Maio allo stesso tempo è preoccupato dalla tenuta del Pd, teme che se dovesse partire «una cosa» poi Renzi potrebbe far scattare la scissione con gruppi autonomi. «E così diventerebbe un governo M5S-Pdpartito di Renzi: troppo pericoloso, inaccettabile». Di Maio non confida nemmeno ai suoi ministri (eccetto Fraccaro e Bonafede) di aver fatto questa telefonata, un sondaggio rimasto in sospeso e pieno di dubbi.

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CONDIZIONI
Anche perché il vicepremier del M5S ha chiare le condizioni di Zingaretti per intavolare una trattativa: forte rinnovamento nei nomi e nel programma. Ma sono i nomi a preoccuparlo. Non solo perché dal Pd c'è il «no» a un Conte bis che arrivi fino al 2023, ma perché tra i paletti posti c'è un forte rimescolamento nei ministeri. «Il Pd non può dettare condizioni», dice Di Maio per farsi forza. Ma non è un mistero che i dem spingano per un ruolo di primo piano per Roberto Fico, il nemico interno di Luigi, il capo dell'ala ortodossa, il riferimento di tutti i senatori e i deputati che in questi 14 mesi gli hanno creato più di un problema con Salvini, arrivando anche a espulsioni clamorose o allontanamenti. La senatrice Paola Nugnes per esempio gongola in queste ore: «Un esecutivo giallorosso potrei sostenerlo, ma in molti dovrebbero fare un passo indietro». Ecco, il problema è questo. Anche perché dietro Fico c'è Beppe Grillo. E sono pronti a ritornare all'assalto Carla Ruocco e soprattutto Nicola Morra: «Penso che molti dei nostri in caso di governo con il Pd debbano fare una riflessione. E per me potrebbero entrare anche renziani nel governo tipo Nannicini, gente non compromessa». Dunque la linea di comando dimaiana è tutta a rischio. A partire appunto dalla leadership di Luigi. La verità è che le truppe, o meglio la pancia del gruppo parlamentare, è per andare a vedere il gioco del Pd.
 

 


PENSIERI
Gianluca Vacca, sottosegretario alla Cultura: «Mi dispiace mollare la poltrona dopo tutto questo lavoro, sono pronto anche a fare il vice della Boschi purché si porti avanti la riforma del diritto d'autore». I frequentatori del Palazzo spiegano questa foga verso i dem con un dato poco noto: da inizio legislatura a oggi sono 200 i mutui accesi al Banco di Napoli, lo sportello convenzionato con il Parlamento, da deputati e senatori. «Qui tutti tengono casa, più che famiglia». Il governo con il Pd è «l'ultimo dei miei pensieri», prova a esorcizzare il problema Paola Taverna. Ma il tema c'è ed è divisivo. Da una parte Di Maio non si fida di Renzi, dall'altra, invece, sa che il nuovo esecutivo potrebbe nascere con un asse nuovo, più spostato verso l'ala di Fico. Quella di sinistra, appunto. Lorenzo Fioramonti, viceministro al Miur, si sente rincuorato: «Senza Salvini torno a respirare, in questi mesi io e Bussetti abbiamo lavorato da separati in casa, ora si apre tutta un'altra partita». Ed è il rischio che tormenta «Luigi». Lo stesso che in serata fa trapelare le «continue avances della Lega in queste ore: ci stanno chiamando sottosegretari e ministri per cercare di tornare indietro». Fino all'ultimo, d'altronde, i ponti con la Lega non sono stati tagliati del tutto. Poi è arrivata la mossa di Conte che ha sparigliato il tavolo, forse con un pizzico di rammarico proprio dei vertici.
 


Il clima nel M5S è abbastanza esplosivo. Il ministro Elisabetta Trenta incrocia alla buvette il suo sottosegretario Angelo Tofalo e non lo saluta fino a quando lui non le bussa sulla spalla. Giulia Grillo ha un diavolo per capello: è stata la prima a dire in tempi non sospetti «quel Salvini non mi piace». Un presagio che adesso è diventato il tormentone di tutti. L'unico collante in questo momento. «Sta per arrivare la notte dei lunghi coltelli», dicono i senatori grillini. Di Maio in questa fase si aggrappa a Conte a cui in mattina scrive una lettera pubblica su Facebook. «Sei una perla rara, un servitore della Nazione che l'Italia non può perdere». E nemmeno il M5S.
 

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