Teresa Bellanova: «È il rilancio del Sud la chiave per ripartire»

Teresa Bellanova: «Ma è il rilancio del Sud la chiave per ripartire»
di Barbara Jerkov
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Venerdì 14 Agosto 2020, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 12:39

Il Sud è diventato il tema-chiave della ripartenza dell’Italia post-Covid. Ma ecco che esponenti anche della stessa maggioranza di governo ora parlano di Nord “discriminato” dal governo. Cosa risponde Ministra Bellanova?
«Il Sud è tema chiave in assoluto, e il riequilibrio è parte integrante di una strategia che deve rafforzare la nostra capacità di muoverci come sistema e non come singole aree territoriali o singoli segmenti produttivi. Il Covid dovrebbe averlo insegnato a tutti, anche ai più restii. Bisogna lavorare per ricomporre, non per alimentare fratture e divisioni inutili e dannose. Esiste un Sud straordinario ed eccellente, competitivo, come intere aree nel settentrione depresse: lavoriamo per il riequilibrio, non per le guerre dei campanili. Non hanno mai portato bene e alimentano solo rancore».

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Eppure i fondi per i centri storici penalizzano il Sud. Una dimenticanza, un errore, o cos’altro?
«Potrei dire: la dimostrazione che non è in atto nessuna sottovalutazione. Adesso bisognerà intervenire in modo più mirato di quanto non sia accaduto finora su accesso al credito e costo-affitti, veri e propri vulnus per il settore della ristorazione, vitale per il turismo e per il rilancio dei centri storici. Nel dl agosto interveniamo con il Fondo ad hoc per 600 milioni che ho fortemente voluto e che ha tre obiettivi fondamentali: sostenere i ristoratori, valorizzare il made in Italy, impedire lo spreco alimentare. Un paradigma strategico che può essere di riferimento anche per altri settori».
Giorgia Meloni su questo giornale ha proposto che la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno divenga permanente. Condivide?
«La fiscalità di vantaggio deve puntare al superamento del gap tra aree del Paese, non a un vantaggio competitivo. Gli obiettivi, per me e Italia Viva, sono la riduzione strutturale e costante del costo del lavoro, al Sud come al Nord, la semplificazione, la sburocratizzazione, la riforma della pa, una strutturale riforma fiscale. E il rilancio degli investimenti, pubblici e privati, dove il pubblico agisce da leva e diventa motore del rilancio. Non si può vivere di cassa integrazione in eterno, né di misure tampone. Il Paese deve tornare a correre; si può fare solo con una strategia di medio-lungo periodo. Siamo leader nell’agroalimentare, siamo la seconda manifattura d’Europa, in moltissimi segmenti leader assoluti. E’ questo che deve orientarci».
Ma come attrarre investimenti senza una rete di infrastrutture – materiali e digitali – all’altezza?
«Appunto. Gli investimenti infrastrutturali, materiali e digitali sono una priorità assoluta. Non devono più esserci aree del Paese dove la rete è un problema, e il segnale non arriva. Rientra nei diritti di cittadinanza, al nord come al sud. Il Mezzogiorno può e deve essere area motrice. Lo dobbiamo ai tantissimi ragazze e ragazzi che hanno maturato competenze e saperi e che oggi giustamente pretendono di scegliere se e come rimanere. Questo moltiplica la responsabilità delle classi dirigenti territoriali e nazionali, a maggior ragione nell’utilizzo di una mole enorme di risorse come quelle del Recovery.Il Recovery Fund è appunto un’occasione straordinaria, nella convinzione della stessa Ue che se non riparte il Sud sarà impossibile la ripresa dell’intero Paese». 
Lei quali priorità vede per l’utilizzo di questi Fondi?
«Rilancio, rilancio, rilancio. Niente progetti-sponda per carità! Solo quelli utili e di strategia. Ogni pagina del Recovery dovrà avere questo obiettivo esclusivo. Ogni euro investito dovrà produrne almeno due. Non servono misure assistenziali, che rischiano di portarsi dietro solo lavoro nero e immobilismo. Né possiamo immaginare di utilizzare le risorse europee per tagliare le tasse. Serve investire sulla qualità territoriale, sulla logistica, sulla formazione, sulle aree interne, sulle risorse umane. Il resto segue».
Ci fa qualche proposta concreta?
«Ripristinerei immediatamente Casa Italia e Italia Sicura, ripartirei esattamente da dove eravamo arrivati con il nostro governo: qualità e infrastrutturazione territoriale, contrasto al dissesto idrogeologico, riqualificazione delle periferie. E poi gestione sostenibile della risorsa idrica e qualità delle infrastrutture irrigue a sostegno del territorio e di un’agricoltura di qualità. Significa sovranità e sicurezza alimentare e lotta ai cambiamenti climatici. Al Mipaaf ci sto già lavorando con i miei Uffici: il Piano Acque e la Strategia irrigua sono parte rilevantissima della nostra proposta come il sostegno e la valorizzazione delle filiere».
Non pensa che la chiusura di tutta l’Italia nei giorni del lockdown, nonostante il parere contrario del Cts, abbia finito per danneggiare proprio il Pil del Sud più del dovuto?
«Non dimentico che abbiamo dovuto fronteggiare un’emergenza assoluta, inedita, e che siamo stati i primi in Europa ad assumere la responsabilità di scelte straordinarie sulla scorta di un’impellenza. Il timore era che il sistema sanitario meridionale potesse non reggere ad un impatto che si annunciava devastante. Allo stesso modo proprio io avevo chiesto che le riaperture si declinassero in modo differenziato su base epidemiologica e sui dati scientifici territorio per territorio, a partire da quelle regioni, molte meridionali, dove la risposta era stata migliore. Mi spiace che sul tavolo del Consiglio dei ministri proprio questi approfondimenti non siano mai stati messi a disposizione».
 

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