Covid, Italia nello scenario 3, piano per il lockdown morbido: ipotesi nuova stretta dal 9 novembre

Piano per il lockdown morbido Ipotesi nuova stretta dal 9 novembre
di Alberto Gentili
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Giovedì 29 Ottobre 2020, 00:34 - Ultimo aggiornamento: 09:53

Nel giorno del nuovo record di contagi (24.991, 2.997 in più di martedì) e di 205 morti a causa del Covid, Giuseppe Conte non vuole pianificare un nuovo giro di vite a breve. Come ha spiegato alla Camera, il governo deciderà altre restrizioni per contenere l’epidemia «dopo aver valutato gli effetti» del nuovo Dpcm, «nell’arco di almeno due settimane». Da qui la smentita delle voci di un lockdown imminente, fatta dal premier durante l’incontro con i sindacati.

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Ciò significa che se la curva dei contagi non si stabilizza, l’ennesima stretta dovrebbe scattare da lunedì 9 novembre.

E durare fino a metà dicembre, se l’epidemia dovesse venire rallentata, in modo da salvare almeno il Natale. Shopping compreso. Non è però escluso un anticipo del giro di vite nel caso di un peggioramento repentino della situazione.


In entrambi i casi, l’ipotesi più accreditata è quella di un lockdown meno duro di quello della scorsa primavera, simile a quello annunciato ieri sera dal presidente francese Emmanuel Macron (in Francia i contagi sono arrivati a quota 36 mila): aziende, fabbriche e uffici aperti, ma tutti a casa, negozi chiusi (tranne gli alimentaristi), si esce solo per andare a lavoro o per portare i bambini ai nidi o alle elementari, per fare la spesa e per ragioni mediche. Quasi certo anche lo stop agli spostamenti oltre i confini comunali e regionali e lockdown territoriali (questa volta ferrei) nelle città più colpite dal virus. Milano e Napoli in primis. Un epilogo così probabile che il ministro Gualtieri ha già individuato le risorse economiche di copertura.


«È presto per dire che finirà così», dice un ministro che segue il dossier, «prima vediamo che effetti avranno le ultime misure». Quelle che hanno portato alla chiusura di bar e ristoranti alle 18, di cinema e teatri, palestre etc. E spinto il governo a varare il “decreto ristori” di oltre 5 miliardi.


Conte alla Camera è tornato a spiegare le ragioni dell’ultimo Dpcm: «Queste restrizioni servono per gestire la pandemia senza rimanere sopraffatti» e «scongiurare un nuovo lockdown, che danneggerebbe ancora di più l’economia». «Siamo consapevoli che sono misure severe», ha aggiunto, «ma sono necessarie, altrimenti la curva epidemiologica ci sfuggirà completamente di mano». Già ora il tracciamento dei positivi è praticamente impossibile.


IL PERCHÉ DELLA STRETTA
Il premier ha poi spiegato le basi tecnico-scientifiche del Dpcm varato dal governo, illustrando le linee guida dell’Istituto superiore della Sanità e del ministero della Salute che indicano le misure da adottare in base al grado di diffusione del virus: «L’epidemia è in rapido peggioramento e risulta compatibile, a livello nazionale, con lo scenario di tipo 3» che prevede «l’interruzione di alcune attività sociali-culturali maggiormente a rischio».
Ebbene, se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente portando al limite la tenuta del sistema sanitario, (l’altra sera alla riunione di maggioranza sarebbe stata fissata la soglia di 35-40mila contagi in più al giorno), all’Istituto superiore della Sanità, al ministero della Salute e nel Comitato tecnico scientifico hanno individuato le misure compatibili con lo scenario 4. Che sarebbe un lockdown simile a quello adottato tra marzo e inizio maggio, ma per non «uccidere l’economia» il governo dovrebbe renderlo più morbido. L’obiettivo: ridurre al minimo i contatti tra familiari non conviventi e amici, che generano il 75% dei contagi e fermare gli affollamenti su bus e metro. Da qui l’obbligo di restare a casa, se non per esigenze di lavoro, di salute e per portare i bimbi al nido o alle elementari: soluzione indispensabile per permettere ai genitori lo smart working. Una stretta che, se fosse per il ministro della Salute Roberto Speranza e per Dario Franceschini, esponenti dell’ala rigorista del governo, dovrebbe essere introdotta ben prima del 9 novembre.


Vista la situazione, il governo nel frattempo blocca chi allarga le maglie del Dpcm sul territorio. Il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, ha deciso di impugnare le ordinanze più permissive della provincia autonoma di Trento. E presto potrebbe toccare alle misure di Bolzano e, se confermate, quelle della Sicilia. 
Il lockdown però fa paura. I sindaci di Milano e Napoli, Beppe Sala e Luigi De Magistris, hanno scritto a Speranza per sapere se il blocco paventato per le due città da Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, è «un’opinione condivisa» dal ministro che risposto: «A breve forniremo un focus specifico» per le due città. «Ora chiudere Milano è una scelta sbagliata», ha affermato Sala. De Magistris si è detto d’accordo, ma ha aggiunto: «Se non c’è un immediato rallentamento dell’epidemia il lockdown è questione di giorni». Enzo De Luca invece ha scritto a Conte per protestare: «Avevamo chiesto 600 medici e 800 infermieri, ma la nostra richiesta è rimasta senza risposta...».
 

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