Covid, «Zona rossa automatica se aumentano i contagi», tensione Cts-governo

Covid, «Zona rossa automatica se aumentano i contagi», tensione Cts-governo
di Marco Conti
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Domenica 7 Marzo 2021, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 08:57

«Far scattare la zona rossa in automatico dove si verificano 250 casi di contagio da Covid ogni 100mila abitanti». Dal Comitato Tecnico scientifico filtra una richiesta di innalzamento delle restrizioni che a due giorni dalla firma del dpcm suona come una sorta di presa di distanza dal contenuto dell’ultimo decreto che Agostino Miozzo, coordinatore del Cts non smentisce. In buona sostanza i Ventisette lamentano che la decisione sulle chiusure è lasciata alle Regioni e che non ci sia un meccanismo automatico, come invece c’è quando si stabiliscono le chiusure per fasce di colore.

Zona rossa automatica

 


La richiesta di provvedimenti più restrittivi da parte del composito Cts non sarebbe una novità anche se nei verbali dell’ultima riunione si legge qualcosa di più sfumato che, qualche ora dopo aver lanciato l’allarme, lo stesso Cts si affretta a render noto: «Grande preoccupazione» per l’evoluzione della pandemia, che richiede l’«innalzamento delle misure su tutto il territorio nazionale» e la «riduzione delle interazioni fisiche e della mobilità». Un allarme per la diffusione delle varianti ma nulla di preciso e, soprattutto, nessuna richiesta specifica è stata avanzata al governo. Anzi, fonti del Cts spiegano all’Ansa che «non è stato suggerito al governo nessun lockdown».

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Ed in effetti anche dal ministero della Salute di Roberto Speranza fanno sapere che «non c’è nessun parere ufficiale», tanto meno le richiesta di tornare ad una centralizzazione delle chiusure. Sorpresa anche dal ministero guidato dalla Gelmini che ha riunito la Conferenza Stato-Regioni proprio il giorno prima. E in effetti le Regioni si muovono chiudendo laddove il virus impazza. Così fa l’Emilia Romagna, la Sicilia e anche l’Abruzzo. In quest’ultima Regione la sollevazione di alcune categorie commerciali dimostra quanto possano essere poco popolari le scelte, ma la variante inglese vola - con una velocità di gran lunga superiore alla versione del Covid sinora conosciuta - tanto da imporre scelte rapide. Il meccanismo delle fasce colorate, che si basa sui dati delle ultime due settimane, fatica a prevenire la diffusione dei contagi, ma con il nuovo decreto i presidenti di Regione possono disporre chiusure anche se il rapporto tra contagi e abitanti è inferiore al rapporto di 250 su 100.000 sopra il quale scatta la chiusura delle scuole. Istituti scolastici che in molte regioni, tra le quali la Sicilia, restano chiusi anche se la Regione è in zona gialla. La Liguria ha annunciato la didattica a distanza per tutte le scuole superiori, mentre la Calabria ha chiuso tutti gli istituti di ogni ordine e grado.

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Anche se non si possono escludere interventi, ulteriori restrizioni e lockdown nazionali non sono all’orizzonte anche perché nel governo in molti hanno salutato con soddisfazione la maggiore discrezionalità lasciata alle Regioni che quotidianamente vengono “monitorate” dal ministero degli Affari Regionali di Mariastella Gelmini e da quello della Salute di Roberto Speranza.

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Si inaspriscono però i controlli visto che molti sindaci si lamentano soprattutto del mancato rispetto delle norme. È ciò che accade a Pescara, da venti giorni in zona rossa, dove i contagi non scendono per una quasi totale mancanza di rispetto per le restrizioni, come sostengono molti sanitari delle Asl. Un giro di vite anti movida e anti spostamenti dalle aree decretate zona rossa, arriva con la nuova circolare firmata dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che fa seguito all’entrata in vigore del nuovo dcpm. Vengono disposti maggiori controlli nelle zone della movida nei giorni festivi e prefestivi «anche a seguito di recenti episodi di assembramento verificatisi in alcuni grandi capoluoghi nell’imminenza del “passaggio” a una zona caratterizzata da misure più restrittive».

«Servizi di controllo mirati» in collaborazione con le polizie locali anche «nelle zone urbane usualmente interessate dal fenomeno della movida». E il bilancio del Viminale di ieri dice che sono state controllate in tutta Italia oltre 100 mila persone, con 1.400 sanzioni e 23 denunce, oltre alla chiusura di 33 locali. 
 

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