Coronavirus, scontro sul Salva-Stati: da Berlino stop ai Covid-Bond. In alto mare il vertice Ecofin

Coronavirus, scontro sul Salva-Stati: da Berlino stop ai Covid-Bond. In alto mare il vertice Ecofin
di Antonio Pollio Salimbeni
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Domenica 22 Marzo 2020, 11:32 - Ultimo aggiornamento: 18:32

BRUXELLES Una linea di credito speciale per tutti i paesi del Meccanismo europeo di stabilità o il Covid-bond, un titolo comune per finanziare la rete di sicurezza anticrisi? Oppure tutti e due se non proprio contemporaneamente ma pronti per l'uso? Una risposta ancora non c'è. La cosa certa è che il negoziato tra i governi è in corso e un accordo non è alle viste. Anzi. Si moltiplicano i contatti tra i diversi ministri dell'Economia (compreso il titolare del Tesoro, Roberto Gualtieri), ciononostante non sono stati fatti grandi passi avanti anche se il tempo stringe. Domani si riunirà l'Ecofin per il via libera alla proposta della Commissione di sospendere il Patto di stabilità, scelta che rompe un tabù consolidato. Il fatto che sia una esponente tedesca a proporlo, la presidente Ursula von der Leyen, è quasi una nemesi. La crisi del virus è talmente devastante che oggi si fa ciò che ieri appariva impensabile e domani si rischia di dire che non era sufficiente. La riunione di domani servirà però anche a capire in prima battuta quanto consenso c'è sulla strada da seguire per la mossa successiva, ovvero il Covid-bond, ma il vero negoziato sarà martedì all'Eurogruppo. E poi giovedì alla riunione dei capi di Stato e di governo.

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LE TAPPE
La pressione per decidere è forte. Proviene dai governi dei paesi più esposti: Italia, Francia, Spagna. E dalla Bce che ha estremo bisogno di non sostenere da sola l'onere di un massiccio intervento di dimensione europea. «Occorre un intervento deciso e ambizioso delle autorità e delle istituzioni Ue attraverso strumenti esistenti sia finanziari che di bilancio e nuovi strumenti, dando la priorità a quelli che rafforzano la capacità di condividere, di mutualizzare il rischio di bilancio tra gli Stati», sostiene il governatore della Banca di Spagna Pablo Hernandez de Cos. Si è creata una aspettativa per un'azione forte della Ue che non sia solo la mera sommatoria dell'azione dei vari governi pur ragguardevole per dimensioni (la Germania si appresta ad abbandonare la regola «zero deficit» prevedendo nuovo debito per 156 miliardi di euro). In assenza di un apporto finanziario centralizzato e condiviso, i Paesi con debito pubblico in rapido aumento (Italia compresa, se non soprattutto) sarebbero facilmente esposti al rischio di una crisi di credibilità sui mercati. Dietro le parole del presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno c'è proprio questo: «Considereremo opzioni per aggiungere una nuova linea di difesa contro il coronavirus come parte della nostra risposta coordinata alla crisi». La linea di difesa è dunque anche per il futuro.

Von der Leyen è aperta sull'obbligazione comune anticrisi. «Stiamo guardando a tutti gli strumenti e sarà usato tutto ciò che aiuta, ciò vale anche per il coronabond se aiuta ed è strutturato correttamente». Costituirebbe un effettivo salto di qualità dell'Eurozona riflettendo una condivisione piena del rischio finanziario, prospettiva sempre negata da Germania e «fronte del Nord». E infatti la discussione è molto difficile. Anzi, secondo una fonte stenterebbe addirittura a decollare. Nell'ultima riunione dei 27, la cancelliera Merkel ha sostenuto che si deve lavorare su soluzioni «realistiche». Come dire, siamo fuori campo. Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia sono invece nettamente favorevoli. Così come premono per usare il Meccanismo europeo di stabilità, il Fondo salva-Stati che ha disposizione 410 miliardi. Anche su questo punto più che alla discussione siamo allo scontro: si oppongono le stesse visioni. Lo scoglio è a quali condizioni interverrebbe il Mes (per sostenere diversi Paesi e non uno solo per evitare schiacciamenti da effetto stigma): la linea di credito rafforzata implica infatti una stretta condizionalità, con programmi che garantiscano il rientro del debito sotto stretta supervisione. Il «fronte del Nord» non vuole smantellare questo quadro e propone che la condizionalità scatti una volta conclusa la crisi sanitaria. Italia, Francia e Spagna difendono la tesi che la ripresa sarà molto lenta perché i danni economici e finanziari della crisi saranno enormi. E che l'origine della crisi non è negli errori dei governi, ma in un evento al di fuori della loro portata. Poi si è ridiscusso su una condizionalità ammorbidita. Va detto che le posizioni possono evolvere anche rapidamente. Tuttavia Dombrovskis ha indicato all'agenzia Reuters che una decisione «non è urgente perché tutti gli Stati hanno accesso ai mercati e il programma antipandemia della Bce è molto sostanzioso». Quasi a mettere le mani avanti sulla possibilità di prendere tempo. Si lavora anche su uno strumento per l'assistenza finanziaria di emergenza: il Trattato Ue prevede che possa essere concessa a uno Stato che «si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo».

 

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