Coronavirus, il sindaco di Bergamo Gori: «I pazienti non trattabili muoiono». Poi la retromarcia

Coronavirus, il sindaco di Bergamo Gori: «I pazienti non trattabili muoiono». Poi la retromarcia
di Simone Canettieri
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Mercoledì 11 Marzo 2020, 13:32 - Ultimo aggiornamento: 14:40

«I pazienti che non possono essere trattati sono lasciati morire». Un frase nuda e cruda che Giorgio Gori, sindaco di una  Bergamo in piena emergenza virus, ha scritto ieri su Twitter. L'affermazione dell'esponente del Pd gli ha creato subito polemiche e attacchi su Twitter. Tanto che oggi ha fatto una parziale marcia indietro. O meglio ha scritto sempre su Twitter rispondendo a un messaggio di un utente: «Purtroppo non è un annuncio. E' quello che hanno raccontato diversi medici impegnati nel fronteggiare l'emergenza nei nostri ospedali. Ma ha ragione. Avrei dovuto dirlo con maggiore delicatezza, mi scuso». Gori, testuale, ieri ha scritto: «Anche il dato dei pazienti in terapia intensiva può trarre in inganno. Sembra che la crescita stia rallentando, invece è solo perché non ci sono più posti di t.i. (se ne aggiungono pochi con grande fatica). I pazienti che non possono essere trattati sono lasciati morire».

Il sindaco di Bergamo in queste ore è in trincea, e da giorni chiede la chiusura totale della Lombardia: «Serve un blocco totale, l'unica soluzione è la zona rossa come quella utilizzata nel Lodigiano».

A smentirlo arriva Giulio Gallera: «Il sistema sta reggendo, smentisco assolutamente una selezione dei pazienti da curare», dice  l'assessore regionale alla sanità Giulio Gallera intervistato da Radio 24 rispondendo alla domanda su una possibile scelta dei pazienti da curare in fase di triage.

«Abbiamo molti ospedali in situazioni di straordinaria pressione -   spiega - ma il sistema sta reggendo». «Se in alcuni ospedali non ci sono posti a disposizione -  sottolinea  l'Assessore - interviene il sistema regionale e la scelta che si fa è su chi intubare prima e chi spostare e intubare in un altro ospedale». «La nostra è una corsa contro il tempo quotidiana -  aggiunge - che finora fortunatamente stiamo vincendo noi. Il numero di posti che mettiamo a disposizione riesce ad essere maggiore dei bisogni, però è sempre più difficile».

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