Conte disinnesca il vertice: la verifica slitta a gennaio

Conte disinnesca il vertice: la verifica slitta a gennaio
di Marco Conti
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Martedì 17 Dicembre 2019, 01:31 - Ultimo aggiornamento: 01:57
Giuseppe Conte venerdì scorso aveva dettagliato il menù dell’ennesimo vertice notturno: «Faremo il punto sulla giustizia, sull’autonomia e sui temi presenti nell’agenda attuale di governo». Invece, per evitare nuovi problemi, alla fine il premier, il capo delegazione dem Dario Franceschini, il leader 5Stelle Luigi Di Maio e Roberto Speranza di Leu, hanno deciso di affrontare nel summit soltanto il nodo dell’autonomia differenziata. Quello meno divisivo. Togliendo dal tavolo la grana più grossa: la riforma del processo penale che, secondo le intenzioni del Pd e di Matteo Renzi, dovrebbe accompagnare lo stop della prescrizione che scatterà il primo gennaio.

Il nuovo segnale di debolezza, dopo le zuffe su Mes, Popolare di Bari e quella in corso sulla commissione d’inchiesta sulle banche, arriva proprio nel giorno in cui la maggioranza e il governo rosso-giallo superano lo scoglio più insidioso pur con nuove defezioni tra i senatori grillini: il via libera della legge di bilancio. La palla adesso passa alla Camera dove i numeri sono più sicuri e la manovra verrà licenziata lunedì prossimo o venerdì 27 dicembre.

TAM TAM E FRENATE
La giornata è cominciata con il tam tam che dava per certa la discussione, nel vertice notturno, anche della questione-giustizia e del piano di salvataggio dell’ex Ilva. Con una puntualizzazione filtrata da palazzo Chigi: «Non ci sarà alcuna verifica di governo, di questo se ne parlerà a gennaio quando dovrà essere scritta l’Agenda 2023». Poi, per evitare nuove risse tra Pd e 5Stelle, dal menù serale - reso più compresso a causa del Consiglio dei ministri celebrato alle nove di sera per approvare la variazione di bilancio - è stato depennato appunto, oltre all’ex Ilva, anche il nodo della riforma del processo penale. Quella che secondo le intenzioni del Pd e di Italia Viva deve garantire tempi brevi e certi ai procedimenti, in modo da bilanciare lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Ed evitare i «processi infiniti», come sostiene il dem Andrea Orlando.

Un tema così delicato da mettere pesantemente a rischio la già fragile maggioranza rosso-giallo, come dimostra l’ultimatum di Renzi: «Di prescrizione si parla ormai a gennaio. Ma se Pd e 5Stelle non troveranno un accordo, noi siamo pronti a votare il disegno di legge Costa». Dal nome del deputato forzista Enrico Costa che ha presentato una proposta, per ora parcheggiata a Montecitorio, che se approvata cancellerebbe in un colpo solo lo stop alla prescrizione caro al Guardasigilli Alfonso Bonafede e a tutti i grillini. 

L’ennesima mina, insomma, sul cammino della maggioranza e del governo. Senza contare che lo stesso Renzi, nell’Aula del Senato, non ha chiuso la porta alla proposta (tutta da verificare) del leghista Giancarlo Giorgetti di dare vita a un governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi: «E’ una simpatica tarantella che merita di essere approfondita», ha detto il leader di Italia Viva. Tant’è, che poco dopo filtra un sondaggio volto a blindare Conte: il gradimento del governo sale di 4 punti e si attesta al 45%, il premier cresce in popolarità del 3% arrivando al 49%, staccando Salvini al 36%. Poi Giorgia Meloni al 35%, Nicola Zingaretti al 26%, Di Maio al 22% e Renzi al 14%.

IL BRACCIO DI FERRO
In questo clima di incertezza, con Davide Casaleggio che entrando in Senato si premura di far sapere che «il governo è solido», a sera tarda si riunisce il vertice sull’autonomia differenziata. Il ministro dem agli Affari regionali, Francesco Boccia, forte del sì alla riforma già espresso da Regioni e Comuni, alla vigilia ha frenato sulle proposte di modifica presentate da 5Stelle, Italia Viva e Leu che riguardano uno stanziamento aggiuntivo di risorse e l’impegno a fare entrare in vigore l’autonomia soltanto dopo l’avvio dei Lep (i livelli essenziali delle prestazioni) su sanità, assistenza e trasporti pubblici locali. E durante il summit tiene il punto: «Non rompo l’unità delle Regioni. Tanto più perché la riforma, riguardando gli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, garantisce la sussidiarietà, le competenze dei Comuni e delle aree metropolitane e la perequazione attraverso i Lep. Poi, se qualcuno non è d’accordo, c’è sempre il Parlamento che potrà apportare le eventuali modifiche».

A vertice ancora in corso Di Maio, l’esponente di Italia Viva Ettore Rosato e Speranza confermano però le loro perplessità: «Non diciamo noi, ma la riforma va fatta bene», il leit-motiv». E Boccia, che ha già visto sfumare il proposito di inserire l’autonomia differenziata nella manovra economica, insiste a muso duro per ottenere che la legge quadro venga calendarizzata in Parlamento almeno a gennaio. Finisce con un rinvio: «Procede il lavoro istruttorio sulla riforma», fanno filtrare a notte da palazzo Chigi.

 
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