Conte e Rutte, la cena “indigesta” sul Recovery Fund: «Ci sono ancora divergenze»

Conte e Rutte, la cena “indigesta” sul Recovery Fund: «Ci sono ancora divergenze»
di Marco Conti
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Sabato 11 Luglio 2020, 11:58 - Ultimo aggiornamento: 15:03

Trattativa su trattativa, riunione dopo riunione, il Recovery Fund rischia di uscire dal Consiglio Ue di metà mese con più condizionalità del famigerato Meccanismo europeo di stabilità. Sarà per i 500 miliardi a fondo perduto e i 250 sotto forma di prestiti e la resistenza dei Paesi del Nord Ue, ma allo stato delle proposte avanzate sinora dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel e dalla cancelliera Angela Merkel, si comprende che potrebbe esserci uno stretto rapporto tra soldi erogati e riforme. Quali? Non soltanto quelle che ha promesso il governo di turno, nel nostro caso l'esecutivo-Conte, ma anche sulla base delle raccomandazioni che ogni anno Bruxelles rivolge ai partner renitenti.

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LA SFIDA
Per l'Italia si tratterebbe di ricevere risorse dal Recovery solo dopo aver fatto la riforma del mercato del lavoro, del fisco, della giustizia (con i tribunali ancora chiusi), delle pensioni (abolendo Quota 100). Ciò l'Italia ha in parte promesso e in parte gli è stato chiesto nel corso degli anni da parte della Commissione. Inoltre, a valutare il progresso del processo riformatore - si legge nella bozza presentata da Michel - non sarà più la Commissione Ue, ma il Consiglio europeo e quindi i governi. A Palazzo Chigi la proposta del presidente del consiglio europeo piace poco.
 

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I FALCHI
Anche se ha mantenuto a 750 i miliardi che dovrebbero finire nel Recovery Fund, l'idea che i Ventisette possano decidere a maggioranza qualificata sullo stato di avanzamento delle riforme, viene considerato un vincolo esterno un po' troppo invasivo. Eppure è ciò che ha chiesto Mark Rutte, premier olandese, capofila dei falchi del Nord Europa, che prima di ricevere ieri sera il premier Conte, è tornato ad insistere sull'importanza di «fissare le riforme economiche» poiché in passato «abbiamo già sentito sin troppe promesse».
Conte arriva all'Aja ribadendo un concetto che dovrebbe unire i Paesi Mediterranei con quelli del Nord: il mercato unico è in pericolo, dobbiamo fare in fretta e scongiurare l'implosione. Una sorta di annuncio premonitore di una possibile crisi condivisa con la cancelliera Merkel che però non ha sinora spaventato i cosiddetti frugali che ieri l'altro hanno a sorpresa vinto anche la battaglia sulla presidenza dell'Eurogruppo finita al ministro delle Finanze irlandese, Paschal Donohoe e non alla spagnola Nadia Calvino data per favorita. Esito dell'incontro? «Ovviamente - ha detto il premier - non posso dire che ci sia una piena convergenza. Ci sono alcune divergenze su cui possiamo ancora lavorare. Ma c'è un confronto in un ottimo clima».

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I frugali non mollano e Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca possono contare sui paesi dell'est Europa per mettere in difficoltà l'asse franco-tedesco e, di conseguenza, anche l'Italia che ha urgente necessità di poter attingere ai fondi in tempi rapidi. Convincere il primo ministro olandese che stavolta l'Italia fa sul serio, è stato l'obiettivo di Conte ieri sera all'Aja dove è stato accolto, prima del premier Rutte, da Geert Wilders, leader dell'opposizione olandese con al collo un cartello «Non un centesimo all'Italia». «Sarebbe doverosa ora una presa di distanza da parte della Lega, compagna di gruppo parlamentare» di Wilders, sostiene Filippo Sensi (Pd) ricordando lo stretto rapporto del sovranista olandese con il leghista Salvini. 
Il tour europeo di Conte continuerà lunedì con la trasferta a Berlino per incontrare la cancelliera Merkel, mentre giovedì sera a Bruxelles incontrerà il presidente francese Macron. Ma la strada per l'accordo tra i Ventisette non è ancora spianata del tutto e non è escluso che a fine mese possa essere convocata una nuova riunione.
LO SPAZIO
In vista del Consiglio Ue, mercoledì Conte sarà in Parlamento e la maggioranza rischia di essere alle prese con le risoluzioni pro-Mes dei radicali di +Europa Riccardo Magi ed Emma Bonino che dovrebbero essere messe al voto costringendo Conte e parte della sua maggioranza a dire se intendono considerare il Mes tra gli strumenti a disposizione. Di recente, in occasioni analoghe, in Parlamento si è evitato il voto sostenendo che la riunione a Bruxelles non fosse decisoria, ma consultiva. Stavolta sarà più complicato. Ma non impossibile.

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