Giustizia, Conte da Draghi ma il M5S non strapperà: la strategia dei pentastellati

Giustizia, Conte da Draghi ma il M5S non strapperà: la strategia dei pentastellati
di Mario Ajello
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Lunedì 19 Luglio 2021, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 14:50

«La riforma Cartabia si può limare, sono possibili aggiustamenti». Ecco la sponda che Enrico Letta offre subito a Conte neo-leader (ma il voto degli iscritti sarà il 2 e 3 agosto) in vista dell'incontro che l'avvocato avrà stamane con Draghi. Non significa naturalmente che il Pd voglia assecondare gli intenti bellicosi di Conte sulle nuove norme riguardanti la prescrizione. L'assist di Letta svela invece ciò che dentro M5S molti sanno (e tanti temono) e che è noto a tutti negli altri partiti. Ovvero che il leader stellato non potendo far saltare il governo né volendo esporsi a una brutta figura e a una sconfitta (barricate solitarie in difesa della legge Bonafede che ormai è superata) cercherà di ottenere qualche modifica marginale e non sostanziale al testo Cartabia, che gli verrà concessa per potergli fare cantare vittoria e così si va avanti senza scossoni. I primi a sapere che la super-bellicosità di Conte sulla giustizia, che oggi verrà ribadita a Draghi, rientra nella più classica delle tattiche di mediazione di cui Conte è esperto: alzare la posta e strappare qualcosa.

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LA TATTICA
Ma l'ex premier non potrà strappare granché, e dovrà accontentarsi di qualche limatura, anche perché la riforma della giustizia - con il particolare importantissimo dell'accorciamento dei tempi dei processi - è quella che ci chiede l'Europa in cambio delle varie tranche, e la prima di 25 miliardi sta per arrivare, dei soldi del Pnrr. «Il non permetteremo lo smantellamento della Bonafede» è la linea che in batteria i contiani vanno proclamando.

Ma i realisti in M5S sanno che sul quel fronte l'avvocato non potrà fare sfracelli. Grillo ne è il più convinto. Tra identità e governabilità, non solo Beppe ma tanti con lui hanno scelto la seconda. E ora si tratterà di vedere come salvare l'anima senza mettere a repentaglio il governo e la partecipazione del movimento alla maggioranza che nessuno, compreso Conte, dice di voler lasciare. L'incontro di oggi tra Conte e Draghi non è che l'inizio di una trattativa, insomma. Così la vivono, senza troppi patemi d'animo, a Palazzo Chigi. E tra i 5 stelle, settore big, c'è chi ha sposato questa teoria e la ripete: «Conte può creare difficoltà al governo, ma non ha le physique du role per affondare i colpi. Più della sua voglia di visibilità, conterà l'esigenza di non uscire fuori dal giro buono. Si è impegnato così tanto per arrivarci...».

La vera battaglia di Conte sarà contro la cancellazione del reddito di cittadinanza. Anche qui, in chiave anti-Renzi che vuole cominciare la raccolta di firme contro la legge simbolo del grillismo trionfante, ha la sponda del Pd. Non rischia il reddito di cittadinanza, anche perché Di Maio ha già avuto assicurazioni che resterà in vigore, e il suo mantenimento - almeno temporaneo - sarà la vittoria che l'ex premier potrà sbandierare per consolidare la sua leadership. In cambio dell'intoccabilità del reddito di cittadinanza, Conte ingoierà il rospo della legge Cartabia: questa la sensazione di tutti.

IL GUERRIGLIERO
Le spine, appunto, sono altre. La giustizia ma non solo la giustizia. C'è la politica estera e il ruolo che - a dispetto di tutte le promesse secondo cui Grillo non si sarebbe occupato più di politica ma solo delle linee generali e culturali - il Fondatore non smette di voler occupare. Quello dell'incursore, capace di imbarazzare Conte. Chi pensava che almeno per un po' Beppe avrebbe finto di non esserci è stato subito smentito. Dopo il pasticcio procurato a Conte sulla visita all'ambasciata della Cina, di cui Grillo è sostenitore, ora ecco il comico - «È irrefrenabile, altro che nuovo statuto che lo dovrebbe depotenziare!», si lamentano in M5S - puntare dritto su Cuba. Con un post intitolato «Cuba resiste» in cui rilancia le posizioni oltranziste del teologo rivoluzionario Frei Betto schierato in difesa del governo dell'Avana contro il popolo che chiede democrazie e libertà. Una posizione, questa di Grillo, nettamente anti-americana («Tutta colpa delle sanzioni Usa») che rischia di imbarazzare fortemente il governo italiano e il ministro degli Esteri, Di Maio. Oltre che l'atlantista Conte. «La resilienza del popolo cubano, alimentata da esempi come Martí, Che Guevara e Fidel, s'è dimostrata invincibile», è il pensiero rilanciato da Grillo. Il quale si sente uno dei barbudos castristi, e Conte è avvertito.

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