Conte-Di Maio si ricompattano: basta metodi sporchi. Il premier irritato con Renzi

Conte-Di Maio si ricompattano: basta metodi sporchi. Il premier irritato con Renzi
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Venerdì 4 Ottobre 2019, 20:55 - Ultimo aggiornamento: 22:32

La lettera di Matteo Renzi al Corsera segna un primo punto di non ritorno nell'era giallo-rossa. Segna, cioè, la prima rottura di una pax post-salviniana che, fino ad oggi, il premier Giuseppe Conte aveva tentato di mantenere. E la reazione del capo del governo è burrascosa. Conte, in viaggio verso Assisi per celebrazioni di San Francesco, decide di rompere il silenzio. «Basta con le operazioni sporche alla Salvini, non è Renzi a dettare l'agenda, ci vuole lealtà», è il senso dell'irritazione, fortissima, del presidente del Consiglio. Che, di fronte alla sortita del leader di Italia Viva, rinsalda un asse fino a qualche giorno fa un pò più fragile: quello con il capo politico del M5S Luigi Di Maio. Del resto, a far andare su tutte le furie Conte è, proprio come nell'esecutivo giallo-verde, il metodo.

Un metodo che Palazzo Chigi pretende sia scevro da uscite a mezzo stampa al termine di riunioni delicate in cui, si sottolinea, si dovrebbe parlare tra alleati di governo. E l'avvertimento di Conte non riguarda solo la manovra: la posizione di Renzi rispetto al governo è guardata con attenzione altissima non solo a Palazzo Chigi, ma anche dal Pd, dal M5S e da Leu. Tre attori di un esecutivo pronti a fare asse, laddove si renda necessario, a difesa delle politiche messe in campo. «È un gioco sporco prendersi meriti dove non si hanno, come è successo sull'Iva», spiegano fonti di governo. Ostentando una certa tranquillità sulla tenuta dell'esecutivo: il governo può mai cadere adesso per 15 senatori su una politica rigorosa messa in campo per combattere l'evasione?, è la loro convinzione. Ma il tema resta, e anche il Pd corre ai ripari. Il weekend dedicato al tesseramento non è altro che una risposta all'offensiva di Italia Viva.

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Anche perché, dal punto di vista comunicativo, Renzi non è dissimile da Salvini, e fra poco più di dieci giorni, con il confronto tv con il leader della Lega e la successiva Leopolda, l'ex premier ha in programma una netta ascesa della sua presenza. Ma quella di Renzi «è una ricerca ossessiva di visibilità. Una ricerca che rischia di gettare il governo nel pantano», spiegano dal Pd che, mai come in queste ore, rimarca la sua funzione di «responsabilità». C'è poi la questione del pomo della discordia: l'Iva e il cuneo fiscale. E qui fonti di governo ripercorrono la riunione che, la notte del 29 settembre, ha avuto luogo a Palazzo Chigi. Una riunione dove l'ipotesi di introdurre - assieme al bonus - un malus equipollente (pari all'1,5%) sull'Iva per chi non utilizza la carta di credito, effettivamente è emersa.

Ma, si ribadisce, è stata solo una delle ipotesi in cambio, finalizzata esclusivamente ad una lotta efficace all'evasione in nome della quale l'esecutivo ha previsto tutta una serie di bonus, dalle carte di credito gratis ai tagli alle bollette. E, in quella riunione, le stesse fonti ricordano come tutti fossero d'accordo su un punto, a cominciare da Di Maio: se si fosse riusciti a trovare nuove risorse il malus sarebbe stato eliminato. Risorse che, alla fine, Conte il giorno successivo ha annunciato di aver individuato. Ma, sottolineano le stesse fonti, anche mantenendo il malus, quell'operazione non poteva essere riassunta con slogan del tipo «il governo aumenta le tasse», finalizzati ad aumentare il consenso dell'1%. Slogan che, da qui in avanti, Conte non vorrebbe più vedere.
 

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