Giuseppe Conte, schiaffo a Virginia Raggi (e a Roma). Svolta nordista M5S: «Legge per Milano»

Giuseppe Conte, schiaffo a Virginia Raggi (e a Roma). Svolta nordista M5S: «Legge per Milano»
di Mario Ajello
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Sabato 14 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 11:10

Una legge speciale per rafforzare Milano. La locomotiva d’Italia Nord da far correre ancora più veloce. E insomma Milano come fulcro della rinascita di se stessa e dell’intero Paese. Sono le cose che dice Conte alla sua prima uscita da leader e l’esordio del nuovo capo M5S ha le forme di uno scivolone anti-storico e di uno schiaffo all’intera nazione che, semmai, ha bisogno di una Capitale più forte e la Capitale non è Milano. 
Si tratta di uno schiaffo che va a colpire anche Roma e la sindaca Raggi, che pure appartiene al partito stellato. Chiamare gaffe l’uscita contiana insomma è troppo poco. Perché è la riprova che quando era a Palazzo Chigi da premier Conte, insieme al suo governo prima in gialloverde e poi in rossogiallo, si disinteressava di quella che doveva essere assunta come la questione patriottica per eccellenza: dare più peso, con investimenti e maggiori poteri, a Roma per dare più forza all’Italia. 

La beffa

Le dichiarazioni del neo-leader stellato in una lettera al Corriere della Sera su Milano uber alles, meritevole di una «legge speciale», fanno tornare alla mente per converso tutti gli ostracismi che durante i suoi governi ha incontrato il Salva-Roma e non soltanto per i niet leghisti ma per tutto un complesso di ostacoli filo-nordisti messi in campo anche dal Pd e dai 5 stelle.

Entrambi interessati più al recupero di consensi partitici nel Settentrione che al rilancio della Capitale come fattore di interesse generale. Roma fu tradita e ora la beffa - dovuta sempre allo stesso motivo: il politicismo elettoralistico - del format che Conte ha deciso di dare a se stesso: quello del pugliese lumbard. Il quale deve tutto, in termini di carriera sia accademica sia politica a Roma, ma niente: la priorità è «far vincere a Milano la sfida in Europa, dare a Milano la spinta necessaria per tornare ad essere la locomotiva dell’Italia». Il tutto condito da inesattezze - pensare ai «200mila bambini poveri di Milano», ma Milano ha complessivamente 175mila bambini e i poveri sono solo una piccola parte - e da insensatezze: puntare all’obiettivo dell’«autosufficienza alimentare per la capitale lombarda». Per non dire della grande priorità che sarebbe quella di «realizzare nelle periferie le vertical farm» (anche se già esistono, ndr) per produrre cibo in maniera sostenibile». Più basilico e verdure a foglia larga, naturalmente bio, per tutti. Lo schiaffo a Roma è evidente, quando si sostiene che bisogna aiutare anzitutto Milano a correre nella fase post-pandemica e a sostenerla nel suo ruolo di «traino all’Italia anche nella sfida con le maggiori città europee». Ma lo schiaffo rivolto alla Capitale è anche uno schiaffo scagliato all’intero Mezzogiorno, oltre che al Centro Italia, perché Roma è l’unico motore possibile per la crescita del Sud, senza la quale non può esistere nessuno sviluppo italiano. Come sanno bene tutti gli economisti di valore e come ha ben capito l’Unione europea, anche rispetto alla quale il discorso di Conte è in controtendenza e fuori fuoco. Infatti il 40 per cento (82 miliardi) dei fondi per i territori del nostro Paese, previsti nel Pnrr, sono destinati al Mezzogiorno, proprio perché è evidente che non esiste locomotiva nazionale capace di muoversi se il resto del treno non è messo in condizione di viaggiare. E quel resto del treno, ossia l’Italia centrale e meridionale, è lo stesso che ha riversato in questi anni a Milano grandi energie e ha consentito a Milano infinite occasioni di crescita, non sempre ben gestite dai poteri locali, senza ricevere in cambio niente. Dazione senza restituzione, insomma, e così non può andare. 

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Il paradosso

Ma Conte ha bisogno di consenso al Nord, e infatti ha annunciato che da lì partirà il suo tour promozionale. E il motivo è che a Milano il candidato sindaco 5Stelle, oltretutto ancora da designare (in pole c’è Elena Sironi ma manca ancora l’ok dei vertici nazionali), è quotato tra il 3 e il 5 per cento (sondaggio di tre giorni fa targato Opinio Italia per la Rai). Il paradosso è che un movimento sparito e non resuscitabile a Milano (al punto che si spera di farsi imbarcare dal dem Sala) insiste con il suo leader su Milano invece di concentrarsi su Roma. Che è l’unica città in cui ancora M5S ha un volto spendibile e in corsa - Virginia Raggi - e il sostegno primario del leader del movimento per la candidata che lo rappresenta e che rappresenta Roma sarebbe stata la cosa più naturale dal punto di vista politico e geopolitico. La Raggi se è come è probabile arrabbiata non lo dice (comunque aveva chiesto a Conte nei giorni scorsi maggior impegno su Roma) e mostra di prenderla sportivamente: «Non vedo nessuna contrapposizione tra Roma e Milano nel discorso di Conte. E Conte è stato in prima fila ed ha spinto con decisione affinché arrivasse in Parlamento la legge sui poteri per la Capitale». Parole che vanno inserite legittimamente nelle dinamiche interne a M5S. Fuori di lì, resta il fatto che un neo-leader a trazione nordista quando tutto si sta muovendo, o almeno si spera, verso una visione più generale e meno egoistica dello sviluppo italiano non sembra essere partito con il piede giusto.

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