Sconcerto e raccapriccio in casa Pd. Già Conte aveva deluso, agli occhi dem e perfino a quelli del segretario Letta, nella partita del Colle, dove sulla Belloni aveva ricreato l'asse gialloverde con Salvini. Già nella lotta interna tra Giuseppi e Di Maio, le simpatie della sinistra erano andate in questi giorni più al ministro degli Esteri che all'ex premier, e per una ragione semplicissima: la paura del Nazareno che Conte voglia destabilizzare, di nuovo in accordo gialloverde con Salvini e in modalità di lotta e di governo, l'esecutivo Draghi di cui Letta è alfiere assoluto.
Caso Conte, cosaa succede ora nel Pd?
E ora? Sulla cancellazione almeno provvisoria della leadership di Giuseppe Conte «anatra zoppa» nessuno vuole infierire - anzi: rispetto assoluto per le traversie degli altri - ma l'effetto della decisione dei giudici napoletani è quello di far dire a molti big del Pd che ci si è sbagliati, e assai, nell'insistere con Conte come grande alleato.
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IMBARAZZO
A sinistra è imbarazzante ciò che è accaduto a quello che veniva definito «il punto di riferimento fortissimo dei progressisti» (ovvero Conte). L'imbarazzo è questo: e adesso chi chiamiamo quando dobbiamo parlare con M5S? In realtà già da tempo, e anche nella partita del Quirinale, l'interlocutore privilegiato e più affidabile era diventato Di Maio. Soprannominato «quello della seconda telefonata». Ovvero: la prima per formalità a Conte e la seconda, per decidere davvero le cose, a Di Maio. E soffriva il neoleader-exleader per questa situazione che si era venuta a creare. E' stato comunque, in qualche modo, anche se molti dicevano a Letta «non incaponirti nel sostegno a Conte che ormai è in declino», una sponda l'avvocato per il segretario del Pd. Ora anche la sponda è in sospeso: «Aspettiamo la decisione del giudice di merito», dicono infatti in casa dem. Come se non bastasse la lotta civile Giuseppi-Luigi, che stava (e sta) facendo esplodere un partito alleato con ovvie conseguenze sull'alleanza, è piombato sulla testa di tutti il nuovo guaio. Che una conseguenza politica importante non potrà che averla: più sparisce la leadership di Conte, più s'ingarbuglia il percorso degli stellati, più non si sa oggi Grillo chi è e che cosa vuole fare, più diventa fondamentale per il Pd la creazione di una sponda nuova. Potrebbe essere quella del centro. Ma deve nascere questo centro e avere, nella sua equidistanza da terza forza, una tendenza verso il centrosinistra quando che sia: prima o dopo le elezioni del 2023.
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TIMORI
Il terreno minato dai giudici napoletani crolla dunque sotto i piedi di M5S ma anche in quel che resta dell'alleanza rossogialla. Il timore dem è in vista delle comunali di primavera (Palermo, Genova, Parma, Piacenza, Frosinone, Rieti, Viterbo, L'Aquila, Taranto, Lucca, Belluno, Padova, Verona e via dicendo). Già alle amministrative d'autunno i 5 stelle si sono rivelati ininfluenti per le sorti dell'alleanza, e ora che rischiano di arrivare decapitati o allo stato gassoso al prossimo appuntamento diventano ancora più inaffidabili.
Il che cosa aspetta Letta a scaricare Conte è il tormentone che serpeggia e pone il Nazareno in una posizione non facile. E per esorcizzare il problema servono a poco le ironie che, sui social e nelle chat del mondo di sinistra, dicono per esempio così: «Ora Giuseppi è sospeso nel vuoto o, più esattamente, Giuseppi è il vuoto sospeso».
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