Autostrade, Conte: «Revoca da decidere. Norme di trasparenza, non per colpire Atlantia»

Conte: «Autostrade, non chiedo la revoca. Norme di trasparenza, non per colpire Atlantia»
di Marco Conti
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Martedì 24 Dicembre 2019, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 09:43

Presidente Conte, Atlantia perde in borsa quasi il 5% anche se il provvedimento che pensate di adottare è erga omnes. Non sarebbe stato meglio evitare di mettere in pericolo tutto il sistema magari concentrandosi su una revisione, seppur severa, della concessione e trattare con Autostrade?
«Non credo affatto che le norme introdotte nel decreto “milleproroghe” creino problemi al sistema anche perché non abbiamo disposto la revoca o la decadenza di nessuna concessione. Introduciamo un regime più uniforme e trasparente. Ricordo che c’è una relazione della Corte dei Conti molto critica sul sistema delle concessioni, che segnala squilibri che creano incertezza giuridica e che comunque avvantaggiano i privati e danneggiano lo Stato. C’era l’esigenza di intervenire per disciplinare, in caso di decadenza o revoca, procedimenti più trasparenti, che richiamino direttamente il diritto comune dei contratti pubblici».

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Però è un cambiamento di norme in corso d’opera che Atlantia interpreta come una minaccia. Ora ha messo per iscritto una richiesta da 23 miliardi di risarcimenti.
«Abbiamo previsto che, in caso di revoca o decadenza, la gestione possa essere affidata ad Anas e stiamo semplificando il regime degli indennizzi, applicando la disciplina uniforme degli appalti. Nessun allarme per il settore delle concessioni: chi ha fatto investimenti, anche in caso di inadempimento, potrà recuperare le somme per i costi realmente sostenuti e non ammortizzati. Non si potranno più applicare, tuttavia, norme di favore come quelle invocate da Atlantia, che anche in caso di grave inadempimento pretenderebbe un indennizzo di decine di miliardi. Non lo permetterò».
Nella maggioranza però non c’è ancora l’accordo e si temono ricorsi. Le norme aprono un contenzioso ancor prima di essere approvate e all’erario si rischia di accollare una cifra astronomica
«Dire che le nuove norme sono in grado di scongiurare ricorsi giudiziari è impossibile visto che ormai da diversi anni i concessionari impugnano di tutto. Detto questo penso che stiamo introducendo una soluzione legislativa che non è assolutamente punitiva né penalizzante per i concessionari. La norma cerca di rimettere ordine in un contesto molto articolato, dove si sono create tante sperequazioni e tanti indebiti vantaggi per i privati».
La legge di Bilancio oggi viene approvata dopo un lungo travaglio. Con il senno di poi non era meglio far scattare qualche aliquota iva, visto che nel 2020 il governo dovrà di nuovo affrontare il problema delle clausole di salvaguardia?
«Nel dibattito che c’è stato nella maggioranza ne abbiamo discusso. L’obiettivo primario era sterilizzare le clausole, ma è stato valutata anche la possibilità di intervenire in modo selettivo non solo aumentando ma anche abbassando talune aliquote Iva. Abbiamo valutato vari scenari senza innamorarci di nessuna soluzione e alla fine abbiamo deciso di non toccare le aliquote. Mi lasci dire che sono soddisfatto di questa manovra, è seria e responsabile a lavoratori e famiglie. E il prossimo anno faremo ancora meglio».
Lei ha anche parlato di riforma dell’Irpef, ha già un’idea della quantità di risorse da mettere a disposizione e della platea?
«Ne parlerò con i partiti di maggioranza. Non immagino di portare a gennaio una riforma bella e pronta. Ci metteremo a lavorare su questo e altri argomenti e decideremo insieme. Dovremo in ogni caso mettere prima a fuoco le priorità politiche e per me questa lo è. L’obiettivo è tagliare ancora di più le tasse ai cittadini».
Nella verifica di gennaio cosa chiederà ai leader di maggioranza?
«Non voglio che si chiami “verifica”, preferisco “confronto” tra le forze politiche per condividere gli obiettivi prioritari dell’agenda di governo».
Ha già un’idea?
«Ho varie idee, ma le riforme strutturali sono le più importanti: la già menzionata riforma dell’Irpef e del sistema fiscale. La riforma della giustizia tributaria e lo snellimento della burocrazia per rendere più spediti tutti i procedimenti amministrativi».
Parliamo di Ilva. Lei oggi sarà a Taranto, che cosa dirà agli operai?
«Abbiamo raggiunto un accordo sulla base di alcuni principi e obiettivi, che ci ha consentito di rinviare le udienze prefissate e di ottenere circa un mese di tempo per mettere a punto un efficace piano industriale».
Piano industriale, quindi ingresso di capitale pubblico e scudo penale?
«Sì, prevediamo anche l’ingresso di capitale pubblico, cosa che non è un segnale di debolezza né esprime la volontà di nazionalizzare. La verità è che il coinvolgimento dello Stato garantisce tutti. Dello scudo penale non abbiamo mai parlato. Ora siamo concentrati sul piano industriale. La nostra priorità è mantenere i livelli occupazionali, assicurare la transizione verso tecnologie “pulite” e rinforzare il piano di risanamento ambientale».
Lei ogni volta che incontra interlocutori americani, da Donald Trump a Mike Pompeo, le chiedono del 5G. Qualche giorno fa il Copasir ha lanciato un allarme e la Merkel ha congelato l’accordo Huawei-Deutesche Telekom. Noi?
«Noi ci siamo avvantaggiati rispetto agli altri partner europei dotandoci di strumenti normativi e di una disciplina assolutamente efficace. Quindi in qualunque momento possiamo esercitare il nostro potere per tutelare la sicurezza nazionale e negare autorizzazioni a operazioni societarie e installazioni di tecnologie che mettano in pericolo la sicurezza del Paese».
Prima o poi una decisione dovete prenderla?
«Terreno conto delle valutazioni del Copasir, ma non possiamo escludere aprioristicamente singoli operatori. Quando ci verrà sottoposta un’operazione che riterremo pericolosa, non la permetteremo».
Pensate di intervenire anche su Bankitalia? Ieri, sul Corriere, il governatore Visco ha difeso l’operato di via Nazionale, ma Di Maio continua a premere per una riforma.
«Nel consiglio dei ministri io stesso ho letto la dettagliata relazione che mi ha fatto pervenire Bankitalia sulle varie attività ispettive svolte dal 2010 a oggi. In Parlamento ci sono già diverse proposte di riforma ed è stata anche istituita la Commissione sulle banche. C’è un dibattito in corso tra le forze parlamentari e confido che questo possa servire a potenziare i poteri di controllo e vigilanza sul sistema bancario».
A gennaio, oltre al “confronto” con le forze di maggioranza, è possibile che arrivino un paio di referendum. Quello sul taglio dei parlamentari e, se ammesso dalla Consulta, il referendum Calderoli che dovrebbe sbarrare la strada ad un ritorno al proporzionale. Due pericoli per il governo?
«Non vedo nelle forze di maggioranza la volontà di sottrarsi all’impegno preso in Parlamento, e di fronte ai cittadini, di portare avanti un programma di governo che non è stato confezionato solo per evitare l’incremento dell’Iva e fare una manovra. I 29 punti programmatici dimostrano che è un programma per tutta la legislatura. A gennaio ci ritroveremo a confrontarci non perché non abbiamo un programma da realizzare, ma al contrario perché abbiamo un’agenda talmente articolata e corposa che dobbiamo misurare bene le nostre forze ed individuare alcune priorità, con tanto di cronoprogramma».
Quindi il referendum sul taglio non accelera le urne?
«Se anche dovesse realizzarsi non vedo come si possa andare al voto per un Parlamento con l’assetto attuale quando c’è un referendum che è ragionevole prevedere, avrà una grande maggioranza favorevole».
Zingaretti l’ha indicata come punto di riferimento delle forze progressiste. Renzi non è d’accordo, e lei?
«Ho personalmente contribuito a elaborare, al tempo della formazione del governo, molti punti programmatici. Sento questo esecutivo molto consono alla mia visione riformatrice del Paese. Il fatto che ci sia apprezzamento da parte del M5S, del Pd e delle altre forze politiche per l’impegno che sto profondendo mi fa piacere. Il resto sono discorsi prematuri».
La lusinga il fatto che si possano creare gruppi in Parlamento a suo nome?
«Non lo vedo come un aiuto all’unità della maggioranza. Il mio giudizio è negativo e chiedo a tutti la massima compattezza e coesione. Invito quindi tutti a confrontarsi all’interno delle singole forze politiche e degli attuali gruppi parlamentari».
Mi spiega perché il voto che ci sarà il 20 gennaio su Salvini e la nave Gregoretti è diverso da quello su Salvini-ministro e la nave Diciotti?
«Mi pronuncerò a tempo debito, consulterò le carte e poi parlerò. Per ora si è espressa la Segreteria Generale di Palazzo Chigi che ha dato atto che è stato un tema che non è mai stato dibattuto nel consiglio dei ministri che si è svolto nei giorni della Gregoretti». 
Parliamo di Roma e della promessa che un anno fa lei ha fatto, con la Raggi a fianco, di una legge per dare poteri speciali alla Capitale. Che fine ha fatto?
«Torneremo presto ad affrontare il tema con i partiti della maggioranza. Rimango dell’idea che una capitale come Roma non possa reggersi su uno statuto ordinario».
Roma resta al palo mentre la legge sull’autonomia va avanti a discapito del Sud. Si era sperato che la fine del governo gialloverde si portasse via almeno questo
«Il ministro Boccia ha elaborato un progetto che ha presentato anche alle regioni. Questo sarà uno dei temi sui quali discuteremo a gennaio con le altre forze di maggioranza».
Il Paese resta però squilibrato tra un Nord che riceve sempre più risorse e un Sud sempre più abbandonato a se stesso.
«Abbiamo previsto che il 34% degli investimenti pubblici debba andare al Sud e che sia da applicare in via preventiva e non a posteriori».
 

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