Luca Ricolfi: «I positivi aumenteranno, questa stretta arriva tardi»

l politologo: «Il governo ha commesso lo stesso errore di Conte, inseguire il virus»

Ricolfi: «I positivi aumenteranno, questa stretta arriva tardi»
di Francesco Malfetano
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Venerdì 26 Novembre 2021, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 09:03

«Le chiusure sarebbero dovute arrivare prima». Come al solito, specie sulla gestione della pandemia, non usa mezze misure il professor Luca Ricolfi, politologo e sociologo oltre che presidente della Fondazione Hume. L’accusa, stavolta rivolta al governo, è quella di aver tardato troppo con le restrizioni: «Sapevamo da tempo di una quadruplicazione dei contagi rispetto a settembre per il solo effetto della stagione fredda, e purtroppo la quadruplicazione è già arrivata». Tra le critiche alla scelta di «non puntare sulla ventilazione degli ambienti chiusi» e quelle alla convinzione che per domare i contagi basti combinare «il vaccino con la prudenza e le restrizioni», Ricolfi non risparmia però qualche previsione: «L’epidemia riceverà una bella spinta - spiega - Ma più in termini di casi che di ricoveri e decessi».

Professor Ricolfi, partiamo dalle mascherine. Nonostante il pressing dei presidenti di Regione il governo ha evitato di imporne l’uso all’aperto anche in zona bianca. Tuttavia diversi amministratori locali (dalla Campania di De Luca alla Sicilia di Musumeci, ma anche Milano e Bergamo, e presto forse anche Roma) sono intervenuti in tal senso autonomamente. Cosa ne pensa?
«Gli studi del professor Giorgio Buonanno, e di centinaia di scienziati internazionali che si occupano di trasmissione aerea (per aerosol) del virus, suggeriscono che, all’aperto, la mascherina non è quasi mai necessaria, a meno che le persone stiano a contatto strettissimo e prolungato (specie se parlano o urlano). D’altro canto al chiuso non è quasi mai sufficiente. Il discorso cambia però completamente se prendiamo in considerazione gli effetti psicologici dell’obbligo di usare la mascherina anche all’aperto. L’obbligo di mascherina è anche, se non soprattutto, un segnale di allerta, che può modificare i comportamenti, rendendoli complessivamente più cauti, e non solo all’aperto».
Quindi la sua valutazione è che l’obbligo di usare mascherine all’aperto sia utile a “intimidire” in qualche modo le persone perché non le si considera abbastanza responsabili?
«Questa mi sembra, da sempre, la visione del governo, che pare convinto di non poterci dire sempre tutta la verità. Anziché fare delle campagne di informazione autorevoli e complete, preferiscono rassicurarci quando le cose vanno bene, e spaventarci appena si mettono per storto».
Che cosa non le è piaciuto nella strategia anti-Covid del governo?
«Sul piano comunicativo, di aver instaurato un clima di guerra, delegittimando ogni dubbio e timore sulla campagna vaccinale (ad esempio in materia di effetti avversi, specie futuri) e, qualche volta, finendo per criminalizzare il dissenso. Sul piano strettamente epidemiologico ho due osservazioni critiche. La prima è di aver ripetuto l’errore principale del governo Conte, ossia di inseguire il virus anziché anticiparlo. La dottrina delle misure “proporzionate”, per cui aspetti di vedere come va e stringi solo quando le cose si mettono male, l’anno scorso è costata almeno 20 mila morti evitabili, quest’anno, invece, grazie al vaccino (che abbatte il rischio di mortalità), costerà soprattutto all’economia, perché le mancate chiusure di un mese fa (quello era il momento di agire) produrranno più costose chiusure nei mesi prossimi. La seconda osservazione critica è che la campagna vaccinale è basata su un assunto errato, e cioè che, combinato con la prudenza e un po’ di restrizioni, il vaccino basti a tenere sotto controllo l’epidemia. Non è così, e si sapeva che non era così».
Perché?
«È semplice: perché non ci si può avventurare nella stagione fredda senza aver prima messo in sicurezza gli ambienti chiusi, a partire dalle aule scolastiche e dalle metropolitane.

Ed è paradossale che, ad avvertire il governo di questo problema, sia stata solo Giorgia Meloni, spesso dipinta come portatrice di un’opposizione poco responsabile. Se avessimo pensato per tempo (almeno 6 mesi fa) a garantire la qualità dell’aria in un numero significativo di ambienti chiusi avremmo potuto affrontare la stagione fredda meno disarmati».


Con il suo modello aveva previsto di fatto la situazione attuale. Si è fatto un’idea di cosa accadrà nei prossimi mesi?
«Il mio modello prevedeva una quadruplicazione dei contagi rispetto a settembre per il solo effetto della stagione fredda, e purtroppo la quadruplicazione è già arrivata. Da qui in poi, secondo me, quasi tutto dipenderà dai vaccinati. Se il governo continuerà a mandare il messaggio secondo cui il problema sono i non vaccinati, e i vaccinati vanno premiati consentendo loro di fare quasi tutto, l’epidemia riceverà una bella spinta. Ma più in termini di casi che di ricoveri e decessi: penso che non arriveremo a saturare le terapie intensive».
In pratica la variabile da osservare - oltre alla campagna per la terza dose e quella per i bambini - sarà soprattutto il comportamento delle persone, specie dei vaccinati che sono molti più dei No vax. Ci spiega la ragione per cui ora la preoccupano più i vaccinati che i non vaccinati?
«Secondo le mie stime, una quota non trascurabile di nuovi casi quotidiani è dovuta a interazioni vaccinato-con-vaccinato, in quanto i vaccinati sono più numerosi dei non vaccinati. Del resto, che vaccinare tutti non basti, risulta chiaramente da quel che, da settimane, sta succedendo nei paesi che hanno vaccinato praticamente tutti, a partire da Portogallo e Spagna: il valore di Rt è abbondantemente sopra 1, il che significa che l’epidemia galoppa pure lì».
Qual è l’importanza dei richiami invece? E quella di vaccinare i più piccoli?
«I richiami (terza dose) sono fondamentali. Israele li sta facendo, e i risultati si vedono. Semmai il problema sarà che, per vari motivi, non tutti i vaccinati saranno pronti a rivaccinarsi 2 volte l’anno. Sui bambini non smetterò di ripetere che è un dilemma tragico: allo stato attuale non è affatto certo che i benefici eccedano i rischi. Se vacciniamo i bambini, è per salvare gli adulti, non per proteggere i più piccoli, anche se - dopo il pronunciamento dell’Ema - diventerà difficile dirlo senza essere accusati di disfattismo».
A guardare l’andamento di contagi e ospedalizzazioni l’Italia sembra essere messa meglio di molti altri Paesi. È davvero così?
«No, fra le società avanzate di tipo occidentale l’Italia è a metà classifica sia sul numero di morti per abitante, sia sul valore di Rt, che nelle ultime settimane è stato quasi ovunque sopra la soglia critica di 1. Anche qui, la storia si ripete: non riusciamo a non pensarci come un modello per gli altri paesi, finché la realtà non ci riporta bruscamente con i piedi per terra».

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