Consultazioni al via in settimana, l'ultimo incontro tra Meloni, Salvini e Berlusconi con il celebre "uno, due, tre"

I (finti) appunti di De Nicola, le strategie di Pertini. E Pannella che fu sbattuto fuori

Consultazioni al via in settimana, l'ultimo incontro tra Meloni, Salvini e Berlusconi
di Mario Ajello
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Lunedì 17 Ottobre 2022, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 09:04

L’ultima scena delle consultazioni, anno 2018, quello del celeberrimo e proverbiale «uno, due, tre» di Berlusconi mentre parlava Salvini fuori dallo studio quirinalizio “alla Vetrata”, vide Giorgia Meloni con la sua Mini, l’auto personale guidata da lei, che si mise in mezzo entrando nel palazzo presidenziale alla berline di Berlusconi e di Salvini che, dato l’antipatia a quei tempi tra i due, si sarebbero volentieri tamponate. Ma Meloni faceva da missionaria di pace e dunque la sua automobile da mezzo di interposizione. Andò tutto bene all’inizio, nessun incidente politico-stradale, e il problema si scatenò più tardi. Quando subito dopo la gag del Cavaliere per ridicolizzare Salvini fuori dallo studio di Mattarella - il leghista elencava le condizioni del centrodestra e Silvio lo sbeffeggiò segnando con le dita la prima, la seconda e la terza - dietro una tenda si svolse il litigio Giorgia-Silvio. 

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Con lei che in nome della serietà della coalizione e della politica fece notare a lui senza piaggeria che non ci si comporta istituzionalmente così, non si fanno piazzate da comizio o da trash tivvù sulla cima del Colle e non si prendono in giro i leader alleati, solo per rimarcare la propria supremazia personale, storica, partitica che già allora l’ex premier non deteneva più e che adesso detiene ancora di meno al punto che oggi andrà nella sede FdI di via della Scrofa a parlare con Giorgia invece di accoglierla da sovrano nella sua reggia di Arcore.

E questo è un cambio di scena e di epoca davvero impressionante. 

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Comunque, di consultazioni stiamo parlando, e le consultazioni sono quelle - si apriranno appena finisce il consiglio europeo di fine settimana - in cui ogni presidente dà il peggio o il meglio di sé e in ogni caso questo rito repubblicano descrive i personaggi che lo ospitano e che lo dirigono. Il primo presidente della Repubblica, il napoletano e superstiziosissimo Enrico De Nicola, finse di appuntarsi nel suo diario i vari colloqui con i capi dei partiti ma poi quell’agenda risultò vuota. Aveva pensato che scrivere qualcosa portava male e non scrivere niente portava bene.

 

ASSENTI E PRESENTI

Quanto ai leader, qualcuno - Achille Occhetto nel ‘94 - per impuntatura avrebbe deciso di non partecipare al rito. Stavolta, vogliono esserci tutti. Come nel 2018, alle consultazioni che portarono al governo Conte. Durarono tre mesi, un timing che è entrato nel Guinness dei primati. Ma difficilmente Mattarella adesso le tirerà così in lungo. Anzi, tutto potrebbe risolversi in un record di speditezza. Ma senza cioccolatini al latte. Cossiga li distribuiva per rendere più dolci i leader. Pannella finse: «Il cacao mi fa schifo». E polemizzò al punto che venne cacciato. Pertini, il 22 febbraio del ‘79, convocò quasi in simultanea, Andreotti, Saragat, La Malfa. E fa credere a ognuno che avrebbe incaricato lui. La Malfa fu l’unico a fidarsi e rimase delusissimo. Scalfaro registrava gli incontri con un vecchio magnetofono. E durante la crisi del primo governo Amato (1993), decise di cancellare dalle consultazioni tutti i (numerosi) segretari di partito e capigruppo inquisiti dalla magistratura (si era ai tempi di Mani Pulite) a tal punto che, a poche ore dall’inizio dei colloqui, non si sapeva bene chi e quali gruppi il presidente avrebbe ricevuto. Neanche stavolta, ma la magistratura per fortuna non c’entra, si sa chi andrà sul Colle. Ma potrebbe esserci la Ronzulli come capogruppo forzista al Senato.

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