Il Colle in attesa della legge di Bilancio, Presidente pronto a firmare con un occhio ai mercati

Il Colle in attesa della legge di Bilancio, Presidente pronto a firmare con un occhio ai mercati
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Sabato 29 Dicembre 2018, 21:36
Colle in attesa di ricevere finalmente la legge di Bilancio. La manovra arriverà al Quirinale in zona Cesarini e, senza la firma del presidente della Repubblica, dal primo gennaio partirebbe l'esercizio provvisorio. Il che, spiegano fonti parlamentari, è impensabile che accada.

Certamente non a causa del Quirinale. Sergio Mattarella avrebbe voluto un percorso più veloce e lineare dell'iter del provvedimento ma in questa fase non sarà certamente il capo dello Stato a produrre ulteriori tensioni ritardando l'entrata in vigore della legge di Bilancio. Nonostante le festività le antenne rimangono puntate su borse e spread ben sapendo che i mercati con l'anno nuovo si concentreranno sulla qualità della finanziaria del governo Lega-M5s.

Difficile pensare che Mattarella dopo essersi tanto speso per far ripartire il dialogo con Bruxelles per evitare l'infrazione modifichi oggi una linea di produttiva prudenza. Sembra quindi improbabile anche che possa scegliere di accompagnare la firma alla manovra con una lettera di accompagnamento (in sostanza un richiamo alla centralità del Parlamento) indirizzata al governo. È l'ora di scivolare verso il 2019 senza ulteriori scosse. Intanto al Quirinale si prepara il tradizionale messaggio di fine anno in un clima più complesso del solito. Le forze sono tutt'ora concentrate sui lavori parlamentari e le proteste dell'opposizione. Difficile quindi che ci possano essere novità nella scenografia del messaggio che sarà trasmesso come di consueto in diretta televisiva da uno degli studi del presidente.

La linea del Colle sugli ultimi battiti della manovra trova una sponda fedele nel presidente della Camera finito nel mirino del Pd. Non è escluso che, a manovra approvata Fico si esprima magari ribadendo il concetto a lui caro della centralità del Parlamento. Ma, così come per il Quirinale, anche per Fico vale in queste ore un principio: non sarà lui, allungando i tempi del dibattito, a prendersi le responsabilità dell'esercizio provvisorio. Le ore cruciali della manovra, alla Camera, vedono l'emergere di un'ulteriore novità: la prima, vera, rottura tra FI e Lega. L'attacco degli azzurri, oggi, si è diretto a tutto il governo giallo-verde e non solo al M5S come nei giorni scorsi. Ed è una linea, già imboccata da tempo da diversi esponenti azzurri (da Marin a Gelmini fino a Carfagna e Sisto) che a Montecitorio (più che al Senato) sembra in queste ore prevalere, anche in chiave Europee, dove Silvio Berlusconi sta pensando di lanciare in prima linea Antonio Tajani e la stessa Carfagna. Sarà, quella di Berlusconi e Salvini una campagna di fatto parallela e da separati, complice anche il sistema proporzionale.

Campagna in vista della quale Luigi Di Maio tenterà un nuovo avvicinamento al tessuto imprenditoriale spiegando, anche con il supporto del premier Giuseppe Conte, la manovra nei dettagli.
E, prima delle Europee, è improbabile che il ventilato rimpasto abbia luogo. Le spinte avverse al titolare del Mef Giovanni Tria, soprattutto in area M5S, sono diverse e radicate ma sul ministro non tira aria di dimissioni. E, in questa fase, non sarà Di Maio a forzare, aprendo un vaso di Pandora sul quale «battagliare» con una Lega pronta ad aumentare i propri tasselli nel governo.
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