Colao, il manager estraneo al Palazzo preparato alla sfida più difficile: «Mi metto al servizio del Paese»

Colao, il manager estraneo al Palazzo preparato alla sfida più difficile: «Mi metto al servizio del Paese»
di Mario Ajello
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Sabato 11 Aprile 2020, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 12:43

Il suo motto coincide con la prima regola di chi fa surf: «Non cavalcare l’onda, mai dominarla. Perché se cerchi di dominarla, ti massacra». Seguendo questa condotta, Vittorio Colao s’è sempre trovato bene. Ora nell’impegno per la ricostruzione del Paese il manager bresciano classe ‘61, bresciano doc tendenza Bazoli, bocconiano, diventato celebre come numero uno di Vodafone ma non solo lì (McKinsey, Omnitel, Rcs, oggi nei board di Verizon e di Unilever, più un ruolo nel grande fondo americano General Atlantic e nel comitato esecutivo della Bocconi), seguirà l’onda nel sensoche si farà carico a suo modo, unendo l’approccio economico a quello sociale, in unmix che gli appartiene, di un’impresa tutt’altro che semplice. Per la quale serve un capitano appassionatamente onnivoro ed estremamente votato alla prova. E Colao lo è. «Mi metto al servizio del Paese», e così ha deciso di dirigere l’organismo della «ricostruzione», con poteri e competenze interministeriali, e che già a dalla dicitura evoca scenaripost-bellici.
 



E rimanda a quell’Italia che viene da lontano, laboriosa, concentrata e vogliosa di riemergere che è poi l’Italia in cui Colao si rispecchia e che rispecchia Colao. Il quale è stato da giovane un carabiniere e di fatto lo è ancora. Nel senso, come sanno quelli che lo conoscono bene, d’integrità assoluta. Anche per questo piace assai al presidente Mattarella, che lo ha voluto coinvolgere in questa sfida nazionale. Quando parla dell’Italia, Colao ne parla per esempio così: «Dobbiamo aprirci a nuovi orizzonti di impiego, nella tutela dell’ambiente e del territorio, nella manutenzione dei beni pubblici, nell’accesso a sanità e servizi sociali. Possiamo investire nei cosiddetti common goods e nei lavori collegati. Tutto ciò non avverrà d’incanto. Ma solo con un ruolo attivo dello Stato - che deve investire nella scuola, nella sanità, nell’ambiente e non rilevare aziende in crisi - e della società civile. Solo con più educazione, studio e senso civico riusciremo a gestire trasformazioni tecnologiche con un rilevante effetto sui corpi sociali». Non sarebbe un programma perfetto, ma per ora soltanto ideale, per la fase 2 che sta per cominciare, per un Paese che si deve rialzare? Intanto Colao ha subito presentato il suo piano di lavoro in sette punti al premier Conte.

LE INSIDIE Gli impacci burocratici che purtroppo appartengono al nostro sistema non faciliteranno l’opera di Colao, che ascolta ma è un decisionista. Quando lavorava a Omnitel il suo soprannome era l’Internazionale (Caio era il Genio, Scaglia il Mago) in quanto ilmanager bresciano ha uno sguardo tutt’altro che angusto sulle questioni che tratta. E la ricostruzione italiana rientra in un contesto di rapporti con l’Europa e in una dimensione di cambiamento degli scenari generalinei quali un manager come lui si trova a proprio agio. Anche perché a suo modo è una persona intrisa di politica, come passione. Inutile cercare di catalogarlo dal punto di vista dello schieramento partitico. E’ un cattolico democratico (tendenza giansenista, direbbero i più raffinati) ma non un democristiano né un buonista (quando vuole, ruggisce!). Un riformista molto meritocratico: crede nel primato della competenza e insieme ha una spiccata sensibilità sociale. Detesta gli schemi, ecco. Di lui raccontano che in Vodafone decise che i dirigenti dovessero passare un giorno all’anno dietro al banco diun punto vendita di cellulari e un altro in un call center a prendere telefonate. E’unoche cerca dicapire, studia e prova le soluzioni. Sarà così anche adesso, e l’interlocuzione diretta con la politica è una sfida che lo incuriosiscema è il primo a sapere che il Palazzo è pieno d’insidie. E lui non è certo un uomo di Palazzo. Se non lo faranno lavorare, andrà via e amici come prima. Detesta i salotti mondani (meglio la bici, il wind surf, la lettura) quasi quanto i convegni dai titoli ampollosi.

La sua convinzione più radicata - molto in linea con il milieu bresciano da cui proviene - è che non ci sia futuro senza diffusione di benessere e istruzione. Ma anche questo non è un dogma, è solo un pezzo consistente di una visione del mondo che non è statica, e viceversa si aggiorna di continuo perché la sua curiosità, assicurano gli ammiratori, lavora h24. La curiosità degli altri, cioè anche nostra, è di vedere subito Colao al lavoro in quella che per lui è una «missione civile». E che per l’Italia è una grande speranza: rimuovere le macerie umane ed economiche dovute a un grande trauma e trovare le persone giusteper un’opera immane.

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