Battisti, derby Salvini-Bonafede a Ciampino. Ma per Megalizzi non ci furono parate

Battisti, derby Salvini-Bonafede a Ciampino. Ma per Megalizzi non ci furono parate
di Simone Canettieri
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Martedì 15 Gennaio 2019, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 15:23

Complementari? Chissà. Ma sicuramente diversissimi. A occhio nudo. Giaccone impermeabile della Polizia sopra al magliocino; piumino a vento blu su completo elegante con tanto di gilet e consueta pochette alla giacca da principe del foro. Uno milanese con licenza facile di «ciumbia» e l'altro di Mazara del Vallo, con l'abitudine di chiudere, facendole suonare, tutte le vocali quando parla.

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Già da qui le differenze, tra Matteo Salvini e Alfonso Bonafede saltano all'occhio nella mattinata del «Battisti show», come la chiamano le opposizioni («Un disdicevole codazzo di politici» per il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani). Ma anche per strati ribelli del M5S, tipo la senatrice Elena Fattori, all'attacco dell'operazione «mostro in prima pagina» e di una conferenza stampa «inopportuna».

Stride la differenza con un precedente: l'arrivo della salma di Antonio Megalizzi, il giovane ucciso da una pallottola a Strasburgo, ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e, in nome del governo, solo da Riccardo Fraccaro, titolare dei Rapporti con il parlamento. Altre esigenze mediatiche.



I PROTAGONISTI
Ma è proprio dietro l'esposizione mediatica dello scalpo del terrorista dei Pac che si è consumata, con sapiente regia social, l'ennesima sfida dentro alla maggioranza giallo-verde. Sottile, ma sostanziale. La «Bestia» contro la Casaleggio. Fondamentalmente il Guardasigilli è stato inviato all'aeroporto di Ciampino con il compito di fare il Claudio Gentile della situazione: marcare a uomo, strettissimo e dunque dichiarazione su dichiarazione, il Maradona del Carroccio. Ai mondiali dell'82 l'incollatura funzionò. Ieri e cioè 37 anni dopo (quanti sono gli anni di latitanza di Battisti) non si sa.

Di sicuro, il M5S ha avuto i suoi grattacapi nella gestione del caso, impensierito dalla spregiudicatezza di Salvini e, soprattutto, dai rapporti strettissimi con il presidente carioca e turbo-sovranista Jair Bolsonaro (e figli). Non a caso domenica, a notizia già in rete da ore, il governo si è diviso sullo «scalo tecnico a Brasilia». Incoraggiato dal vicepremier, ma stoppato dai grillini. Poi, il rischio che sfumasse l'ergastolo per Battisti, ha dipanato la matassa: partirà direttamente dalla Bolivia. E così è stato. E ieri mattina ad aspettarlo con i telefoni accesi e in diretta, c'erano loro due, con follower al seguito. Matteo e Alfonso. Entrambi con le dirette sui rispettivi profili Facebook (quello del Capitano ieri sera contava 1 milione di visualizzazioni, quasi dieci volte di più rispetto al collega, ma hanno anche ruoli politici diversi).
 


IL LINGUAGGIO
E mentre il leader del Carroccio parlava «dell'assassino comunista», «delinquente», «infame», «vigliacco» che deve «marcire in galera», l'altro ammetteva che «giustizia è fatta: nessuno rimane impunito». Durante la conferenza stampa sulla pista - improvvisata con tanto di palchetto montato al volo e scrivania da tinello per piazzare i microfoni delle tv - la coppia si è scambiata la palla. Prima Salvini, poi Bonafede, ma alla fine l'ultima parola ancora a Salvini per ringraziare il presidente Bolsonaro. In una saletta di Ciampino c'è stata poi anche la telefonata tra i due: 15 minuti in vivavoce alla presenza dei traduttori. Con una battuta di facile comprensione: «Dalle parole ai fatti». E l'impegno a vedersi il mese prossimo. Un gol imparabile, questo, per il M5S. Ma era stato messo in conto. Quasi raddrizzato dalla diretta Facebook dal profilo della polizia penitenziaria (quindi da Bonafede) durante i momenti della fotosegnalazione di Battisti. Nessuno dei ministri ha parlato con il terrorista. In compenso, e questo era l'obiettivo, è stato dato in pasto al popolo del web.

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