Cernobbio, Meloni: «Pnrr si può perfezionare», ma Letta: «È la stella polare» Calenda: ripartiamo da Draghi.

Il tradizionale workshop, che riunisce il gotha della finanza e della politica, in passato è servito ai governi come termometro del consenso del mondo economico-imprenditoriale su riforme e indirizzi strategici

Cernobbio, dalla Meloni a Calenda: tutti insieme davanti al gotha della finanza e dell'industria
di Claudia Guasco inviata a Cernobbio
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Domenica 4 Settembre 2022, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 14:27

CERNOBBIO Interventi in ordine alfabetico, dieci minuti a testa più domande. Con tre temi che si impongono: Pnrr, sanzioni alla Russia, emergenza energetica. Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani siedono in fila nella sala conferenze di Villa d’Este, ospiti speciali alle battute decisive di una campagna elettorale che questa volta si misura con il mondo imprenditoriale. E tutti giocano le loro carte.


TEMI ECONOMICI
Da Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, la platea si aspetta un discorso per rassicurare il sistema e infatti nel suo intervento si sofferma soprattutto su temi economici e di politica internazionale, spiegando le sfumature delle sue posizioni nei confronti della Ue, dove tutti gli Stati «difendono i loro interessi, giusto quindi che anche l’Italia lo faccia».

Nel suo discorso sottolinea come «non può essere un’eresia dire che il Pnrr non può essere perfezionato: è previsto nella norma».

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Sull’energia lo scorporo fra gas ed energie da fonti rinnovabili «si può fare a livello nazionale», aggiunge, calcolando che dovrebbe avere un costo di 3 o 4 miliardi. «Io non sarei per lo scostamento di bilancio - riflette - penso abbiamo altre risorse». Per il segretario del Pd Enrico Letta «dobbiamo evitare la recessione a tutti i costi, attraverso il tema energetico, le tasse sul lavoro e il Pnrr». Sul fronte politico «confermiamo qui le nostre alleanze nazionali, non dobbiamo discutere con l’Europa perché noi siamo l’Europa. Siamo lineari e affidabili». Dice che il voto al Pd è «l’unico» per evitare che venga eletto il «blocco della destra, se vincesse Putin, Orban e Trump brinderebbero», sostiene che il debito italiano è «un problema a livello europeo» e per l’Italia è «meglio avere un governo che sta nella serie A con Francia, Germania, Spagna» di uno che va «con la serie B di Polonia, Ungheria». Nessun tentennamento sul Pnrr: «È la stella polare. Si può discutere, ma diciamo no alle rinegoziazioni. In un confronto con Bruxelles perderemmo soldi e prospettive per il futuro».


LA PROPOSTA
Tocca a Matteo Salvini che, grafici alla mano, difende la flat tax e lancia l’idea: «Propongo che il ministero per l’Intelligenza artificiale, dell’Innovazione e della Digitalizzazione sia spostato a Milano, dove ci sono i brevetti». Arriva subito, a distanza, la replica del sindaco di Roma Roberto Gualtieri.

«Ci risiamo. Torna la destra contro Roma e con un’idea sbagliata di sviluppo del Paese. I ministeri devono lavorare assieme e coordinarsi tra loro per garantire le migliori condizioni di contesto possibili per famiglie e imprese, questo può avvenire necessariamente solo nella Capitale. L’innovazione tanto decantata da Salvini richiede un giusto mix di investimenti pubblici e privati, tanto nel Nord quando al Sud, oltre che ovviamente a Roma, ma non può certo realizzarsi per un ministero spostato qui o lì. Una boutade del genere peraltro era già stata pensata oltre dieci anni fa da Bossi e Calderoli con la loro pazza idea di quattro ministeri tra Monza e Milano: ovviamente i costi, le inefficienze amministrative consegnarono all’oblio questa ipotesi peregrina».

Dopo le polemiche, Salvini spiega la sua posizione critica sulle sanzioni verso la Russia, che considera deleterie per la nostra economia. «Andiamo avanti con le punizioni per l’aggredito, ma proteggendo i nostri lavoratori. Vincere le elezioni ereditando un Paese in ginocchio non sarebbe una grande soddisfazione. Spero quindi che Bruxelles nelle prossime ore attui lo scudo». Una questione, quella dello scudo, che lo compatta al resto del centrodestra nettamente contrario ad allentamenti, con Tajani convinto che le sanzioni siano «inevitabili» e Meloni secondo cui ne va della «credibilità» dell’Italia. È Tajani però ad assicurare che il centrodestra è unito e Forza Italia rimarrà nell’alleanza. «Noi siamo parte di una coalizione e resteremo nel centrodestra».

In pratica dice no a possibili governi allargati dopo il voto. Quanto al programma, «bisogna ridurre la pressione fiscale per tutte le imprese, grandi o piccole che siano, e ridurre il fardello burocratico». Giuseppe Conte, unico in videocollegamento, difende il reddito di cittadinanza che Meloni definisce «un fallimento» e che invece per lui sarebbe «folle abolire» perché ne va della coesione sociale.

«Cancellarlo - ribadisce - è fare la guerra ai poveri». Per Conte l’inflazione non deve essere la scusa per «politiche di austerity» ed è favorevole all’extra debito, un’arma per «proteggere il tessuto sociale e imprenditoriale». Il leader di Azione Carlo Calenda si concentra su scuola e sanità - «un disastro in Italia» - ed esorta a «prendere immediatamente il Mes sanitario oltre ai soldi del Pnrr». La sua missione dichiarata è «spezzare il bipopulismo che spacca l’Italia», è pronto a fare «il governo più largo possibile» e non esclude una sua possibile guida del prossimo esecutivo. «Non ho problemi a candidarmi - afferma - ma Draghi è più bravo di me». E sull’ipotesi di un ritorno dell’ex presidente della Bce al governo precisa: «Può succedere se prendiamo molti voti. Se fossi in lui starei già su una navetta su Marte. Ma che sia lui o meno, non si può perdere il modo in cui si è lavorato».

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