Natale, cenone in sei e tutti tracciabili: niente deroghe. La stretta del Cts

Natale, niente deroghe: cenone in sei e tutti tracciabili. La stretta del Cts
di Rosario Dimito e Francesco Malfetano
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Venerdì 27 Novembre 2020, 22:53 - Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 22:52

Cenone di Natale (e di Capodanno) massimo in sei e soprattutto, con tracciamento dei presenti, specie per quelli che potrebbero nei giorni precedenti, aver avuto contatti con potenziali positivi. E poi, precauzione che banale non è, evitare baci e abbracci sempre, sia quando si entra in casa, sia allo scoccare della mezzanotte quando si stappa lo spumante e si taglia il panettone. E’ difficile controllarsi specie tra parenti stretti legati oltre che dal vincolo anche dagli affetti, ma tant’è, bisogna essere responsabili per evitare spiacevoli sorprese. Messa di Natale vietata, compresa l’ipotesi di anticiparne la celebrazione di un paio d’ore, e regole uniche per tutta Italia.

Sono queste le linee guida sulle festività in arrivo dettate ieri dagli esperti del Comitato tecnico scientifico al governo per impostare il Dpcm che sostituirà il testo in scadenza il prossimo 3 dicembre.

Indicazioni nette, che rispondono al «consueto principio di massima precauzione» spiegano proprio dal Cts e che «riguarderanno anche le regioni gialle». Pensare che «queste siano escluse dai provvedimenti sarebbe infatti gravissimo» precisano, sottolineando come «da parte nostra ci sarà pochissimo spazio alle deroghe rispetto alle misure attuali perché se si inizia a fare eccezioni diventa il caos». Bocciata quindi la linea portata avanti da due componenti del Comitato che avrebbero visto di buon occhio l’applicazione di margini di flessibilità alle regioni colorate di giallo. Alla fine però niente deroghe, regole valide per tutti.

Unica eccezione ammessa, confidano, riguarda il coprifuoco ma potrebbe essere “a tempo”. Per i giorni di festa infatti potrebbe essere revocata. «Sarà davvero minima» dicono, con il limite forse spostato alle 23, o anche addirittura solo alle 22.30. Nulla è deciso. Ma si punta ad una mini-estensione per consentire «un ampliamento dei percorsi di vendita» e aumentare gli orari disponibilità dei negozi al fine di evitare gli assembramenti.

Allo stesso modo niente è stato stabilito per quanto riguarda gli spostamenti tra Regioni. «La sensazione però è che ci sarà una riflessione piuttosto rigida» confidano e che a spostarsi da un territorio all’altro - anche se saranno tutti gialli, come ci si augura tra tre settimane - non sarà consentito se non in particolari e «rarissime occasioni». 

Il nodo più difficile da dirimere, o quantomeno quello che lo è apparentemente, riguarda però la messa della notte di Natale. La celebrazione è infatti una pericolosa occasione di contagio in cui gli assembramenti rischiano di essere inevitabili. Proprio per questo la linea sarà il più rigida possibile: niente messa tradizionale in tutta la Penisola. Smontate anche le ipotesi circolate nei giorni scorsi di anticipare la celebrazione di qualche ora oppure di consentirla solo nelle zone che saranno gialle a fine dicembre. «Le indicazioni saranno nazionali e riguarderanno tutti. Fuori e dentro casa». 

L’altra questione che infatti interessa particolarmente gli italiani riguarda i cenoni di Natale e Capodanno. Fatta salva la probabile impossibilità di spostarsi da una regione all’altra per evitare il travaso del contagio, le tavolate potrebbero essere consentite ma solo con un massimo di 6 partecipanti (bambini esclusi) ed esclusivamente tra parenti stretti (genitori e figli, fratelli e sorelle), a patto che prevalga il buonsenso. Ovvero che chiunque sospettasse di aver avuto un contatto con un positivo si tenga alla larga da qualsiasi occasione di socialità effettuando immediatamente un tampone per risalire la catena dei contagi e tracciare tutti i possibili anelli di congiunzione per spegnere il focolaio.

«C’è bisogno che l’attenzione sia massima e che le raccomandazioni rimangano le stesse - confida un altro dei componenti del Comitato - perché a prevalere ora sia la consapevolezza della precarietà della situazione». Prima di iniziare a cambiare il modo con cui si pensa all’emergenza bisogna aspettare «almeno due settimane dopo l’Epifania». Per il 20 gennaio infatti ci aspetta un nuovo picco. «Se quel picco non dovesse presentarsi, ad esempio si può ragionare sul riaprire gli impianti sciistici». 
 

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