Delega fiscale, cosa succede nel governo con il "no" di Salvini? Dalla rottura al compromesso: le 3 ipotesi

Governo, cosa succede con il "no" di Salvini alla delega fiscale? Dalla rottura al compromesso: le 3 ipotesi
di Diodato Pirone
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Venerdì 8 Aprile 2022, 16:22

Cosa c'è in gioco dietro la baruffa sulla riforma del catasto? Davvero la larga maggioranza che sostiene il governo Draghi è agli sgoccioli e l'uscita della Lega di Matteo Salvini dal governo è imminente?  Gli osservatori tendono a leggere gli avvenimenti separando lo scenario strategico dalla tattica di breve respiro. L'evoluzione di quest'ultima è legata alle imminenti elezioni amministrative che si terranno a fine giugno. Il centro-destra è diviso su molti territori, in particolare in Sicilia, la batosta subita a Roma, Napoli e Torino lo scorso autunno è ancora fresca, e dunque la bandiera del "No all'aumento delle tasse sulla casa" viene sventolata subito per iniziare a mobilitare il proprio elettorato.

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LA STRATEGIA, ORBAN E LA FRANCIA

Ma lo scontro sulla delega fiscale capita anche in una fase delicata sul piano strategico.

Il centro-destra si sta interrogando sulle ragioni che hanno determinato la nettissima vittoria del sovranista Orban in Ungheria e l'enorme crescita nei sondaggi francesi di Marine Le Pen, alleata di Salvini in Europa, che oggi viene data testa a testa col presidente uscente Macron. In Francia si vota al primo turno domenica prossima. E allora la domanda è: conviene alla Lega continuare ad appoggiare il governo Draghi oppure è meglio sganciarsi per avere le mani libere alle politiche del 2023? E ancora: per anni una grossa fetta della politica italiana ha intessuto buoni rapporti con Putin, a partire dalla Lega, siamo sicuri che di fronte a sacrifici imposti alle famiglie da una riduzione della disponibilità di gas russo questi rapporti non trovino il supporto di larga fascia degli elettori italiani?

E' presto per rispondere compiutamente a queste domande. Palazzo Chigi all'evidenza non crede all'imminenza di una crisi che azzererebbe ogni credibilità dell'Italia mentre a due ore d'aereo da Roma piovono bombe. Non solo, la riforma fiscale concorre "alla realizzazione degli obiettivi generali del Pnrr", come è scritto alle pagine 35 e 36 del Piano e dunque è uno di quei traguardi che il governo si è impegnato a raggiungere in cambio della pioggia di miliardi garantita da Bruxelles. Mettere in crisi anche il Pnrr non sarebbe nell'interesse dell'Italia.

LE TRE IPOTESI

Che fine farà la riforma fiscale? Sul piano della tecnica parlamentare le opzioni sono tre: mettere la fiducia; mandare il testo attuale in aula il 19 aprile; ritirare la riforma. La prima scelta potrebbe sancire di fatto la nascita di una nuova maggioranza basata sulla sola alleanza fra Pd e 5Stelle. La seconda ufficializzerebbe l'impotenza del governo su una riforma che lo stesso Draghi ha sempre considerato strategica fin dal suo discorso di insediamento. La terza determinerebbe una ridefinizione degli accordi nell'attuale maggioranza.

IL GIORNO DEL COMPROMESSO O DELLA ROTTURA

Quest'ultima ipotesi al momento è solo teorica. Ma nella crisetta precedente, quella sulle spese militari sollevata dai 5Stelle, alla fine è emersa una soluzione che ha accontentato tutti. E' probabile che accada lo stesso anche sulla riforma fiscale con qualche trovata che consenta al centro-destra di presentarsi come difensori dei contribuenti e al governo di andare avanti con la riforma. Lunedi 11 aprile Draghi dovrebbe vedere Salvini e poi anche i dirigenti di Forza Italia. A quel punto vedremo la qualità del lavoro che gli sherpa avranno fatto nel corso del week end per raggiungere un accordo oppure per strapparlo definitivamente.

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