Capigruppo Pd, sfida di Marcucci: contiamoci subito

Capigruppo Pd, sfida di Marcucci: contiamoci subito
di Mario Ajello
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Martedì 23 Marzo 2021, 07:49 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 13:22

Enrico Letta non cede. Andrea Marcucci nemmeno. Braccio di ferro nel Pd per la scelta dei capigruppo in Parlamento. La spaccatura è tra gli ex renziani che fanno scudo a Marcucci che non vuole essere sostituito - Base Riformista è la loro corrente e in Senato è ultra-maggioritaria - e il Nazareno e il suo segretario che vogliono una donna sia alla Camera sia al Senato alla guida della rappresentanza dem. Lo ha detto e lo ripete Letta. Con estrema nettezza. «Sono sicuro - così osserva - che i gruppi sceglieranno votando donne di qualità». Ovvero rispetto per l'autonomia delle decisioni dei parlamentari, ma la linea tracciata dal Nazareno è talmente chiara che, se dovesse essere disattesa, si aprirebbe subito un vulnus tra la segreteria e i gruppi e verrebbe smentito subito il voto unanime che pochi giorni fa ha incoronato Letta leader sulla base di due principi: la fine del cannibalismo correntizio e l'opzione del largo alla presenza femminile negli organi di partito. Dimenticate entrambe le linee? Non sia mai, è il mood dei vertici del partito. Ma la situazione è complicata. Non tanto alla Camera, dove la sostituzione di Delrio - con la Serracchiani? Con la Madia? O in subordine con la Morani o la De Micheli? - appare praticabile senza troppi traumi. E' il Senato il luogo dello scontro aspro. Per ora quelli di Base Riformista - 21 senatori su 36 - fanno scudo intorno a Marcucci. Il quale mentre ieri sera uscivano dispacci di agenzia sul rinvio del voto da oggi ai prossimi giorni - per trovare una mediazione - ha reagito così: «Si vota subito». E lui come presidente del gruppo può mettere all'ordine del giorno la votazione sulla scelta del presidente. Guerra totale, ecco.

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LE TRINCEE


Nell conta a scrutinio segreto, Marcucci è sicuro - e in effetti i numeri sono dallo loro parte - di vincere. Ma si tratterebbe di una vera e propria insubordinazione contro il Nazareno, si ragiona tra i lettiani e anche tra i meno agguerriti della corrente ex renziana. E allora? Rinvio o non rinvio del voto, la questione capogruppo va risolta prestissimo, sostiene Letta. Perché se il partito si blocca su problemi di nomi e di nomine, l'immagine che dà al Paese, bisognoso di avere scelte sulla pandemia e sul resto e non interessato a problemi interni al Pd, rischia di essere devastante.
Gli ex renziani si sono riuniti due volte ieri, e alcuni sono stati bellicosissimi: «No al cinismo di Letta.

Contiamoci e vediamo chi vince». C'è chi parla di «uso delle donne per epurare la nostra corrente». Ma c'è anche chi sarebbe pronto a sfilarsi se dovesse maturare l'opzione Pinotti, franceschiniana, o l'ipotesi Malpezzi, che è di Base Riformista e da sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento conosce la materia. Si andrà magari a un ticket: Serracchiani (vicina a Delrio) a Montecitorio e Malpezzi a Palazzo Madama? Fervono più che mai discussioni e divisioni. Ma sembra difficile che si possa tornare indietro dalla carta femminile, anche se Marcucci. Letta vuole chiudere in fretta. Se in Senato Base Riformista, una volta risolto e se verrà risolto il problema Marcucci, non riuscirà a mettere la Malpezzi, allora gli ex renziani si potrebbero consolare - ma lì i numeri non li hanno - con Alessia Rotta a Montecitorio. Ma anche la Fedeli, a sua volta di Base Riformista, e Caterina Bini (senatrice toscana, medesima corrente) sono in gioco ma sempre meno. Così come Anna Rossomando. La mediazione sulla Malpezzi, che è sottosegretaria, potrebbe significare l'ingresso di Marcucci al governo al suo posto.

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Per ora, c'è un Pd che ribolle. Marcucci può contare su una larga cerchia di fedelissimi che sono molto determinati a battersi fino alla fine. Senatori come Margiotta, Stefano, Pittella, Collina (attuale tesoriere del gruppo), D'Alfonso, le senatrici Bini e Biti e così via. Al Nazareno c'è una certa preoccupazione ma anche la certezza di stare nel giusto e si fa notare: ma è mai possibile che un partito oggi possa avare, nei 5 posti di vertice del Senato, 5 uomini: il presidente del gruppo, il tesoriere, il segretario d'aula e i due vicepresidenti? Letta l'altro giorno, prima dell'intervista ai giornali locali in cui ha parlato del cambio dei capigruppo, ha parlato sia con Delrio sia con Marcucci per anticipargli la sua condotta. Oggi li vedrà faccia a faccia (l'assemblea non è in streaming), al mattino a Montecitorio, dove si sta agitando molto la Boldrini ma non ha chance, e nel pomeriggio al Senato.
Intanto il segretario ha appena confermato Matteo Ricci come coordinatore dei sindaci del Pd. Ma la bomba Senato è quella che può spaccare tutto.

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