Calenda: «Terzo polo, subito partito unico e posso anche non guidarlo io: Renzi mi sfidi in un congresso»

Intervista al leader di Azione: "Con Matteo siamo uniti ma lui vorrebbe continuare così fino alle europee"

Calenda: «Terzo polo, subito partito unico e posso anche non guidarlo io: Renzi mi sfidi in un congresso»
di Francesco Malfetano
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Sabato 18 Febbraio 2023, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 16:34

«Non c'è alcuna possibilità che oggi si divida la strada mia e di Renzi. Ma se Matteo ritiene di voler la leadership del partito concorreremo al congresso». La sconfitta delle Regionali è ancora caldissima. Superata la (consueta?) reazione rabbiosa, Carlo Calenda ora punta a «sistemare le cose del partito». La federazione tra Azione e Italia viva che lo vede presidente «è confusionaria» e «crea problemi sui territori». Non la pensa così però Matteo Renzi che, invece, punta a risolvere la questione dopo le Europee «per lasciare più spazio a chi vorrà entrare». Due modi opposti di intendere il futuro del Terzo polo che però, ribadisce a spron battuto Calenda «anche se non siamo amici, non è immaginabile da divisi».
Onorevole Calenda, con Renzi sembra che le cose non vadano benissimo. Si parla di diverse sfumature di crepe e scontri. Siamo a quell'implosione che qualcuno prediceva dopo le Politiche?
«Ma quale implosione. Con Renzi abbiamo condiviso sempre tutto e continuerà così. Oggi c'è un confronto che ha a che fare con il partito unico. Io sono favorevole a farlo subito perché dobbiamo averlo in piedi prima dell'inizio della campagna per le Europee del 2024. Questo vuol dire avere una squadra compatta anche sui territori».
Cioè?
«Con Elena Bonetti abbiamo fatto la campagna indistintamente per i candidati di Az e Iv, in tutti i comuni della Lombardia riuscendo a tenere i voti delle politiche. Ma sui territori le strutture non sempre hanno lavorato insieme. Serve un partito unico dove non ci siano candidati di Azione e Iv ma di tutto il Terzo polo e dove le decisioni per le amministrative non portino a tensioni. A Brescia, appoggiamo una candidata con il centrosinistra e Iv no. Ho bisogno di capire se il nostro è stato solo un cartello elettorale per andare in Parlamento o un progetto strutturale. Un partito che deve partire dal basso, dagli iscritti. Senza leadership precostituita, ma con una costituente democratica».

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Per cui potrebbe non essere lei il frontman ma Renzi?
«Renzi ha ripreso in mano direttamente le redini di Iv. Immagino che voglia assumere un ruolo più attivo e presente. Non vedrei nulla di male se volesse concorrere al congresso. Così come Marattin, Richetti o Bonetti. Con la quale per inciso abbiamo fatto un bellissimo tandem alle regionali».
Lei ne fa una questione di tempi, ma Renzi dice l'opposto.
«Lui, non senza buone ragioni, dice di proseguire con la federazione fino a dopo le Europee. Io sono di diverso avviso. Ne discuteremo il 27 insieme al nostro Comitato politico. Credo che bisogna tirare dritto e fare un congresso da marzo a settembre, con una costituente che dia forma al partito».
Che idea si è fatto, perché Renzi è in fase di vigile attesa?
«Innanzitutto non dice "non voglio fare il partito", ma ha delle ragioni oggettive. Dice "lavoriamo ad allargare con una federazione, perché è più facile farlo ed è più semplice per chi vuole uscire dal PD. Sono serie ragioni di merito su cui riflettere. Mentre io ritengo prevalga la necessità di fare subito ciò che abbiamo promesso».
Come ci si arriverà al 2024?
«Spero con un partito unico composto da forze, movimenti e associazioni riconducibili all'area di Renew Europe. Un centro liberale e riformista alternativo alla sinistra, ai qualunquisti come il M5S, e ai sovranisti».

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La base di partenza sono le Regionali. È troppo dire che sono state un mezzo flop?
«Le elezioni Regionali per i partiti di centro e di opinione sono più difficili. Pensi che in Puglia, ultime elezioni regionali prima delle politiche, prendemmo il 2% con un ottimo candidato di Iv. In Lombardia abbiamo tenuto il voto delle politiche, intorno al 10%. nel Lazio la scelta di schierarci, sia pure con un ottimo candidato ci ha portato dal 7,5 al 5%. Purtroppo in queste elezioni non c'è voto d'opinione che è il nostro bacino fondamentale».
La sua "analisi della sconfitta" ha fatto discutere, nel senso che ha attribuito l'errore agli elettori. Lo conferma?
«Mai detto questo. Ho semplicemente detto che dopo la gestione di Fontana del Covid sono rimasto colpito dal voto per lui. Viviamo in una democrazia dove si vota per moda piuttosto che per preparazione. E stavolta andava di moda la destra. Ma così non si va avanti altrimenti gli elettori, scontenti dei risultati, non vanno più alle urne».
Il tema politico del momento è la scelta del governo di tagliare il Superbonus. Che ne dice?
«Facciate e Superbonus hanno determinato una spesa pubblica di 120 miliardi.

Eurostat ci ha detto che devono essere messi sul bilancio del 2021/2022 perché sono crediti d'imposta cedibili, peraltro generando 6 miliardi di truffe. Ritengo sia giusto dire ti do una mano, ma non che ti pago per intero la ristrutturazione di casa anche se sei ricco. Così saltano le casse dello Stato. Con quei soldi avremmo messo a posto la Sanità per 10 anni. Giusto intervenire salvaguardando cittadini e imprese con lavori iniziati con una normativa modificata. Il governo cambi il provvedimento».

 

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