Calenda apre a Renzi: lavoriamo a un accordo. Trattativa sul listone. L’ex ministro vorrebbe il nome nel simbolo

Il leader di Azione: da Cassese parere che conferma l’esenzione dalla raccolta delle firme

Calenda apre a Renzi: lavoriamo a un accordo. Trattativa sul listone. L’ex ministro vorrebbe il nome nel simbolo
di Alberto Gentili
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Martedì 9 Agosto 2022, 09:40 - Ultimo aggiornamento: 10 Agosto, 09:38

Si parlano, si annusano, trattano. E probabilmente oggi si vedono. Ma il Terzo polo tra Carlo Calenda e Matteo Renzi non è ancora cosa fatta. Anzi l’intesa, vista la tentazione del leader di Azione di correre da solo, alla fine potrebbe perfino sfumare. Epilogo però improbabile, visto che gli ultimi sondaggi raccomandando la presentazione di una lista unitaria per superare la soglia del 3%. «Sono cifre che fanno ridere», sibila Calenda, «possiamo arrivare al 10-15%». Da solo o in compagnia di Renzi, questo non lo dice.

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Il leader di Azione oscilla tra aperture e frenate. «Spero che nasca il Terzo polo, ci sono le condizioni perché ciò avvenga.

C’è una discussione con Italia Viva che dev’essere chiara, bisogna integrare due corpi. L’accordo non c’è ancora», dice durante un forum a La Stampa. E aggiunge, confermando la trattativa: «Stiamo lavorando a un accordo con Renzi. Parliamo soprattutto di cosa vogliamo fare, stiamo definendo e definiremo anche i collegi». Ma «dopo quello che è accaduto con Letta, ora sono cauto». Tant’è, che tra i suoi si parla di «trattativa complessa».

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Più sparato Renzi, anche se in segreto rivela di fidarsi poco di Calenda «visto i precedenti...». Tra vedere e non vedere, il leader di Italia viva chiede una lista unica, pronto a mettere il nome di Calenda (con accanto i simboli dei due partiti) nel simbolo. E respinge l’ipotesi della coalizione anche perché, nonostante Calenda assicuri di essere «esentato dalla raccolta delle firme» e di disporre di «un parere pro veritate», l’ultimo verdetto spetterà alle Corti d’appello a liste presentate. Insomma, troppo tardi, con il rischio di veder bocciati coalizione e candidati di Azione. Ad alimentare i sospetti di Renzi su questo fronte ci pensa il Pd con Dario Parrini, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato: «Il decreto 41 del 2022 tra le altre cose prevede all’articolo 6-bis che siano esonerati dall’obbligo di raccolta delle firme solo “partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021 o che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale”. Ed è pacifico che Calenda non presentò candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni europee. Lo fece il Pd». Diverso il parere del costituzionalista Sabino Cassese che, secondo fonti di Azione, ha confermato l’esenzione per Calenda.
In ogni caso Renzi, tra sospetti e diffidenze, tiene aperta la porta all’intesa: «Se Calenda vuole stare con noi, noi ci siamo in modo molto aperto e generoso. Ma deve decidere, il tempo stringe e bisogna fare una lista unica». Ancora: «Spero che il Terzo polo nasca, ci sono tutte le premesse e tuttavia è un incontro tra due forze politiche molto diverse. In ogni caso è un’occasione straordinaria, se c’è il Terzo polo si cambia il Paese perché sarebbe la grande sorpresa delle elezioni e solo con un Terzo polo forte si potrà chiedere a Draghi di rimanere a Palazzo Chigi». Poi, un tantino irridente verso il potenziale alleato: «Se dirà di no, non lo capirei. Ma lo rispetterei. Noi ci siamo sempre nelle discussioni serie, ma non ci stiamo al ballo del qua qua».
Su Draghi e l’importanza del Terzo Polo è d’accordo naturalmente Calenda: «È necessario, è fondamentale il Terzo polo. A Roma siamo partiti dal 6%, siamo arrivati al 20. Non possiamo fare la politica dei due forni, perché c’è un forno sovranista che è pericoloso. L’obiettivo è di fare una maggioranza larga che consenta a Draghi di rimanere. Sì, puntiamo al pareggio, vogliamo essere il perno di un ribilanciamento verso il centro. Credo che la destra si dissolverà, si dissolverà la leadership di Salvini e Forza Italia. Quindi si creerà un’area popolare e un’alleanza larga».

 

Il pareggio

La storia del pareggio non è una frase buttata là. Calenda dice di crederci seriamente nonostante i pessimi sondaggi: «Io ci punto davvero, non credo che la Meloni abbia la strada spianata. Con lei l’Italia andrebbe in serie B». Segue spiegazione: «La destra va battuta sul proporzionale al Senato. Farò la battaglia là, andrò nelle valli, in Lombardia, in Veneto dove ho preso un fracco di voti, parlerò alle imprese: non è scritto niente, c’è tanta gente che sta aspettando un messaggio». Che non può essere le promesse sulle tasse del centrodestra: «Ho fatto due conti, hanno promesso 200 miliardi di euro, Berlusconi sta al quinto miracolo italiano, nemmeno nostro Signore...». Non manca una previsione nefasta: «Se vince la destra l’Italia va a gambe all’aria, ci sarà un declassamento del nostro Paese».

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