«Non potevamo non combattere questa partita fondamentale per l’Italia senza fare una squadra forte. Ora la squadra forte c’è, ci sono due leader in campo, Enrico e io, determinatissimi, e un match molto netto da vincere». Carlo Calenda è molto contento per come s’è chiuso l’accordo con Letta e passa subito a spiegare quel è la partita: «Da una parte l’Italia scendiletto di Orban e che ammicca a Putin. Dall’altra parte un’Italia europeista e atlantica. Questa seconda è l’Italia che serve agli italiani. E ora, combattiamo!». E pensare che ieri mattina moltissimi, a cominciare da Letta, erano convinti che Calenda fosse andato all’incontro decisivo, nel gruppo Pd della Camera, per rompere.
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In effetti, come dice Riccardo Magi, presente all’incontro per più Europa, «non c’era niente di scontato fino a un minuto prima di sederci al tavolo». Poi, i caffè - «Ne abbiamo bevuti svariati prima e poi niente prosecchino: solo una stretta di mano per festeggiare l’accordo e siglare il comunicato forte e chiaro», racconta il leader di Azione - non hanno avuto l’effetto di innervosire la trattativa ma l’opposto: «Abbiamo trovato la lucidità per decidere presto e bene». Tra gli applausi dei candidati forti di Azione, come Osvaldo Napoli: «Calenda è stato bravissimo, ha portato a casa tutto il nostro programma».
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Carlo l’Imprevedibile, così veniva chiamato in questi giorni al Nazareno, adesso si gode quello che ritene un grande successo.
Se Letta aveva detto l’altro giorno «il front-runner sono io», adesso i front-runner sono due. E tutte le loro differenze, anche nello stile comunicativo, sono convinti che serviranno a rafforzare l’offerta, senza il rischio del pestarsi i piedi. Pericolo che, nell’eventualità di un patto Calenda-Renzi, ci sarebbe stato: considerando l’esuberanza spettacolare dei due. Con Letta, sarà diverso. Ancora Calenda: «Noi siamo in due, nel centrodestra i leader sono tre. Con una differenza fondamentale però: quei tre si odiano, mentre Enrico ed io abbiamo le nostre diversità, ma ci unisce la stessa visione del mondo, dell’Europa, dell’Italia in Europa. Le do un consiglio, a lei e a tutti i giornalisti: inutile cavillare sulle nostre differenze, esaltare il fatto che io non sono per niente d’accordo con l’idea di Letta sulla dote ai diciottenni e lui è più frenato di noi rispetto alla necessità di tornare al nucleare. Ognuno ha i suoi punti di vista ma possiamo coesistere senza problemi».
La paura di consegnare l’Italia alle destre è ciò che accomuna Letta e Calenda. Ma il leader di Azione, contestato da molti suoi follower per la svolta a sinistra, eviterà - pur stando in alleanza con un partito pronto a pigiare sul tasto della nuova resistenza contro il nuovo fascismo - ogni cedimento alla retorica da Comitato di Liberazione Nazionale. «Sono molto grato a Letta», spiega dopo una giornata intensissima Calenda, «per aver accettato tutti i punti politici che avevamo avanzato. Con questo accordo, l’Agenda Draghi viene riproposta e potrà continuare nella prossima legislatura. Non è ciò che serve alla sinistra o al centro, ma ciò di cui hanno bisogno i cittadini. Sviluppo politiche energetiche innovative, nessuno spiraglio alle posizioni anti-rigassificatori e anti-termovalorizzatori, coraggio riformista e via così. Non solo: avevamo chiesto che non ci fosse nessun voto di Azione che andasse a Di Maio, o a Fratoianni o a Bonelli o ad altri alleati del Pd, e questa richiesta estremamente chiara ha avuto da parte di Letta una risposta assai precisa e soddisfacente».
Ora insomma si apre un’altra fase. Quella della co-leadership Enrico-Carlo.