Bollette, Calenda: «Uno tsunami su famiglie e imprese. Avanti da soli, non aspettiamo la Ue»

Il leader di Azione: "Se non ci muoviamo rapidamente sarà un disastro, Meloni ha ricevuto le nostre proposte"

Bollette, Calenda: «Uno tsunami su famiglie e imprese. Avanti da soli, non aspettiamo la Ue»
di Francesco Bechis
4 Minuti di Lettura
Domenica 9 Ottobre 2022, 00:02

«Qui salta tutto. Di questo passo nessuno pagherà le bollette e sarà il caos sociale». Carlo Calenda, leader di Azione, non usa le pinze: sulla crisi del gas l’Ue può aspettare, l’Italia no. 

Quindi avanti da soli?
«Uno tsunami si sta per abbattere su famiglie e imprese italiane. Serve un piano immediato».

E voi ne avete uno: 40 miliardi in due anni. Le coperture ci sono?
«Le abbiamo indicate.

A partire da dieci miliardi di delta tra deficit programmato e reale lasciati da Draghi, altri dieci l’anno prossimo». 

Ha inviato una copia a Enrico Letta e Giorgia Meloni. E adesso?
«Aspetto una risposta a quella che a breve può diventare un’emergenza di ordine pubblico. E spero che Meloni spieghi di voler neutralizzare le promesse mirabolanti da 180 miliardi di euro di Salvini e Berlusconi».

Meno deficit, meno promesse. Suona come un altro governo tecnico.
«Il problema non è tanto Meloni quanto le cifre sparate dai suoi alleati. Forza Italia ha fatto campagna al Sud sulle pensioni alle casalinghe. Parliamo di programmi che distruggerebbero i conti dello Stato».

Torniamo al piano. Tra le coperture parlate di tasse sugli extraprofitti. Finora non ha funzionato granché.
«Infatti vogliamo trasformarla in un’addizionale Ires. E proponiamo il ritiro del credito di imposta per novembre: non funziona, le pmi hanno un problema di cassa». 

C’è il tempo per intervenire? Le bollette hanno raggiunto cifre inverosimili.
«Le dirò di più: se non ci muoviamo subito, smetteranno di pagarle. E allora si andrà incontro a un disastro politico».

Caro energia, Confindustria: «Crescita zero nel 2023. Per le imprese choc da 110 miliardi». E avverte il governo: «Emergenza nazionale»

Quale?
«Arriveranno i Cinque Stelle e proporranno una sanatoria. Cioè un provvedimento da diverse decine di miliardi sul conto dello Stato. Loro forse raggiungeranno il 30%, ma le nostre casse salteranno». 

Il taglia-bollette di Macron può funzionare? Lo Stato ha messo i soldi per le aziende e a leggere i dati Eurostat l’inflazione sta rallentando.
«È quello che proponiamo. Lo Stato italiano mette due paletti: il gas non può costare più di 100 Mwh, l’energia non più di 150 Mwh. È il tetto minimo per evitare il caos».

Il vostro programma ha una precondizione: i rigassificatori a Ravenna e Piombino. Che per ora restano sulla carta.
«Siamo a un bivio, è ora di scegliere. Come ha chiarito Descalzi, se non costruiamo i rigassificatori e l’impianto di compressione di Sulmona o non diamo mandato all’Eni di avviare gli stoccaggi e fare le stazioni di iniezione, l’anno prossimo non ce la facciamo». 

Da dove si parte?
Dagli impianti nel Nord, dove non riusciamo a fare arrivare il gas da Sud. I gasdotti dall’Algeria hanno raggiunto la massima pressione. 

Ieri con Di Maio al Mise, oggi con Meloni a Chigi. Perché dispensa consigli agli avversari?
«L’ho fatto con tutti i governi, che senso ha fare opposizione se non si propone nulla? E aggiungo che sono stato l’unico, insieme a Draghi e Mattarella, a dire che le ingerenze francesi sono inaccettabili».

Si aspettava una reazione a catena?
«Sì, ma il Pd senza allarme democratico non ha nulla da dire. E infatti ora che c’è un allarme sociale rimane in silenzio». 

Tra i big dem, come Orlando, c’è chi critica i suoi consigli a Meloni.
«Un altro diversivo per non dire mezza parola sull’emergenza in corso. Ormai il Pd è un partito in frantumi, parla solo di congresso. E a sentire De Luca e i loro europarlamentari sull’Ucraina in frantumi è anche la linea di politica estera». 

Chiudiamo su una nota europea. Dallo sprint di Scholz alle resistenze francesi. Tempi duri per essere europeisti.
«Tempi duri per l’Europa delle nazioni, che si oppone alle proposte della Commissione. Se vince l’ “ognuno per sé” sono gli Stati più fragili a pagare il prezzo più alto. E l’Italia ora è fra questi».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA