Frattasi: «Contro gli hacker russi un’Italia più digitale. Cyberspazio, lotta ai clan»

Il neo direttore dell’Agenzia: «Bisogna accompagnare il Paese verso la modernità»

Frattasi: «Contro gli hacker russi un’Italia più digitale. Cyberspazio, lotta ai clan»
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Venerdì 10 Marzo 2023, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 12:27

Da prefetto di Roma a uomo anti-hacker, a massimo esponente istituzionale nella lotta contro gli attacchi informatici - sempre più numerosi e sempre più minacciosi - al cuore dello Stato, ai siti ministeriali e delle aziende pubbliche, alla pubblica amministrazione. Bruno Frattasi è stato scelto infatti dal governo come direttore generale dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza.

Prefetto, si sente pronto a passare da un impegno importante sul territorio reale di una grande città all’impegno su un terreno virtuale che riguarda però una cosa concretissima qual è la difesa del nostro Paese? 
«Mi sento pronto, ma lo dico con assoluta umiltà, grazie al fatto che la nostra amministrazione pubblica nella quale sto da 42 anni ha insegnato a tutti noi che ne facciamo parte una dote che spero di avere assimilato: quella della versatilità.

Ho fatto il prefetto per 18 anni, e questo alla cybersicurezza è il mio undicesimo o dodicesimo incarico, passando dalla responsabilità del Comitato alta sorveglianza per le grandi opere alla guida del Dipartimento dei vigili del fuoco e via dicendo. Ogni ruolo che ho avuto l’onore di svolgere è stato diverso dall’altro. Il percorso di carriera mi ha insomma messo davanti a sfide sempre nuove ma la duttilità è una risorsa professionale che consente di affrontarle una dopo l’altra con la speranza di riuscire bene». 

Perché il governo ha voluto proprio lei? 
«Innanzitutto, per la fiducia che mi hanno dato, devo ringraziare la presidente Giorgia Meloni, il sottosegretario Mantovano e tutti i ministri a capo delle amministrazioni che fanno parte del perimetro della cybersicurezza. Quanto al motivo della scelta, credo si trovi nella legge istitutiva dell’Agenzia. Dove si prefigura la possibilità che anche un grand commis d’Etat, cioè un ambasciatore, un prefetto o un’ altra figura così, possa guidare questo organismo. E io sono consapevole che l’incarico che ho avuto è nevralgico per la sicurezza nazionale». 

Lei però, appunto, non è un tecnico, non è un esperto di tecnologia. 
«Non lo sono. Ma l’Agenzia ha al suo interno grandi competenze e la mia prima cura sarà valorizzarle appieno. Quanto alla mia figura in questo ruolo, mi viene da fare un paragone: il direttore generale di un ospedale non è per forza un chirurgo, è un manager della sanità. Cioè uno che deve far funzionare in maniera efficace una struttura complessa, avendo una visione delle strategie da perseguire. Cercherò di fare proprio questo». 

Subito in campo contro gli hacker russi che ci hanno preso di mira? 
«Questa, a quanto pare, è una delle prime minacce che incombono. Anche se sembra che il nostro Paese non abbia riportato gravi danni dai recenti attacchi di questo tipo. Io vedo l’Agenzia come un organismo che non solo deve difendere da atti ostili l’Italia e le sue infrastrutture strategiche rafforzandone la resilienza. Ma anche come una struttura che deve accompagnare e guidare il Paese e le sue articolazioni istituzionali, amministrative, economiche verso una piena digitalizzazione dei servizi e verso un orizzonte di post-modernità». 

Con quale squadra a disposizione? 
«L’Agenzia dovrà essere completata nei suoi organici. So che ci sono centinaia di assunzioni da fare e questa sarà un’altra delle mie priorità. Avremo svariati fronti su cui agire. Penso per esempio al contrasto alla criminalità organizzata nazionale e transnazionale che ovviamente sfrutta il cyberspazio, il cosiddetto quinto dominio, per i suoi affari». 

Il reale di cui si è sempre occupato quanto è distinto e distante dal virtuale di cui sta per occuparsi?
«Molto meno di quel che si può credere. Nel mondo della post-modernità la barriera tra queste due sfere si è assottigliata fin quasi a sparire. Ma guai a sostituire l’immaginazione con la realtà, i piedi devono stare ben saldi a terra». 

Che Roma lascia? 
«Sono stato prefetto di questa città poco più di 4 mesi ma assai intensi. Perché costellati da fatti importanti: dall’organizzazione dei funerali di Papa Benedetto agli accoltellamenti e agli altri episodi alla stazione Termini. Per non dire degli sgomberi delle case occupate. E ringrazio per la collaborazione le forze dell’ordine, la magistratura, gli enti regionali e municipali. Un sincero in bocca al lupo a chi, dopo di me, sarà prefetto di questa grande Capitale». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA