Bollette e gas, da Draghi stop ai partiti: no a nuovo debito contro i rincari con questo governo

Dopo il balzo del metano a 339 euro cresce il pressing di M5S e della Lega. Palazzo Chigi: «Sarà il prossimo esecutivo a varare lo scostamento»

Bollette e gas, da Draghi stop ai partiti: no a nuovo debito contro i rincari con questo governo
di Francesco Malfetano
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Venerdì 26 Agosto 2022, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 27 Agosto, 12:01

«Se ritengono necessario un nuovo scostamento di bilancio potranno vararlo nella prossima legislatura». Palazzo Chigi non ci gira troppo attorno. La proposta di un extra-deficit per far fronte alla crisi energetica avanzata da diversi partiti, per quanto formalmente possibile anche per il Quirinale, è irricevibile. Né il prezzo del gas che ieri è arrivato a 339 euro per megawattora, né quello dell’energia che ha toccato il picco di 870 euro (la scorsa settimana era 450 euro) aprono il campo ad un ritocco delle stime del Def.

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In primis perché i tempi necessari per portare a termine l’operazione rischierebbero di giocare a sfavore impantanando l’iter; in secondo luogo perché il segnale inviato all’Europa (che, in caso, dovrebbe esprimere parere favorevole con la Commissione) non sarebbe rassicurante alla vigilia della nascita di una legislatura già “difficile”; e infine perché Draghi non ha alcuna intenzione di far finire qualunque provvedimento al centro della campagna elettorale o dei giochi al rialzo dei leader. 


IL PRESSING
Almeno per ora quindi è stato aggirato piuttosto serenamente il pressing compiuto tanto da Giuseppe Conte (che ha fatto dello scostamento di bilancio uno dei leitmotiv della sua campagna elettorale) quanto, con diverse sfumature, da Carlo Calenda, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Proprio il leghista ieri, conscio del niet di palazzo Chigi sul nuovo debito, ha riunito i responsabili economici del partito per varare una serie di indicazioni che la prossima settimana suggerirà al premier: «Tassazione degli extra profitti, proroga immediata degli sconti su carburanti e bollette in scadenza a settembre, e un Pnrr sull’energia da almeno 30 miliardi, in accordo con l’Europa, per superare l’autunno e l’inverno aiutando famiglie e imprese».

 


L’esecutivo non commenta invece la richiesta del leader di Azione di sospendere la campagna elettorale per permettergli una maggiore incisività nei provvedimenti né l’idea della Meloni che, pur garantendo che «manterremo i conti in regola», nell’intervista rilasciata alla Reuters giovedì ha non a caso proposto lo scorporo dal calcolo del deficit dei soldi necessari per arginare l’impatto della crisi energetica su famiglie e imprese. Idem per quanto riguarda Silvio Berlusconi. «Io ho chiesto per primo al governo di intervenire e ho notizia che si sta predisponendo un decreto», ha infatti annunciato ieri intervenendo telefonicamente alla presentazione dei candidati del partito in Lombardia.


Un attivismo però mal digerito da chi avrebbe voluto che, proprio in virtù delle già note difficoltà autunnali, il governo guidato dall’ex numero uno della Bce non naufragasse. Tant’è che ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, durante la conferenza stampa di lancio della campagna elettorale del suo Impegno Civico, è partito all’attacco. «Il governo farà tutto il possibile e interverrà in maniera incisiva - ha spiegato - Ma quelli che hanno provocato la crisi di Governo a luglio adesso dovrebbero tacere, invece di chiedere interventi al Governo». Dal canto suo invece il Partito democratico, che pure sposa l’indignazione dimaiana, ribadisce ancora una volta la necessità «di un intervento drastico che ponga un tetto fissato al prezzo dell’elettricità - scrive Enrico Letta su Twitter -. E la necessità di raddoppiare il credito d’imposta per l’energia che consenta il recupero di parte degli enormi aumenti in corso. Ne va della tenuta del Paese». 


IL DECRETO
Tuttavia, come è ormai chiaro da giorni, il governo è in realtà già al lavoro su delle misure a sostegno di imprese e famiglie. Anzi. «La prossima settimana ci metteremo a tavolino per valutare la situazione - precisano infatti i più vicini al premier - e decidere come intervenire». Draghi cioè è già in contatto con i partiti per varare un pacchetto di sostegni che con ogni probabilità finirà sotto forma di emendamento nel Decreto Aiuti Bis (l’unico ancora pendente in Parlamento). Ricette che, mentre il ministero dell’Economia sta cercando le risorse, vanno via via affinandosi.  Accanto al “piano bis” per i razionamento a cui sta lavorando il ministro Roberto Cingolani infatti, sul tavolo del Cdm potrebbe finire un aumento tra il 15% e il 25% in base alla tipologia di consumi sulle spese sostenute per acquistare energia e il varo di decreti ministeriali necessari per sbloccare la vendita a tariffe di ridotte di gas “italiano” ed energia da fonti rinnovabili acquistati dal Gse.

 

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