Berlusconi al Quirinale: il freno dei fedelissimi e la trattativa tra Lega e Pd

Gianni Letta: «Bisogna guardare agli interessi del Paese, non a quelli di parte»

Berlusconi al Quirinale: il freno dei fedelissimi e la trattativa tra Lega e Pd
di Alberto Gentili
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Venerdì 14 Gennaio 2022, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 14:15

Oggi a Villa Grande, davanti ai leader del centrodestra riuniti in conclave, Silvio Berlusconi farà un altro passo sulla strada della sua candidatura al Quirinale. E Matteo Salvini, per non arrivare all’appuntamento nel ruolo di guastafeste-traditore, ieri si è portato avanti con il lavoro: «Il centrodestra è compatto e convinto nel sostegno a Berlusconi, non si accettano veti ideologici da parte della sinistra». Parole in stridente contrasto con quanto fatto filtrare il giorno prima quando, nella Lega, la candidatura del Cavaliere era stata bollata «divisiva» e si evocava «il piano B». Vale a dire: la convergenza su un nome di alto profilo, targato centrodestra, ma potabile e votabile anche da Pd e 5Stelle. Questa è la partita del Quirinale, fatta di tattiche, bluff, marce e retromarce. Tant’è che a dispetto del proclama salviniano a favore di Berlusconi, accompagnato da un nuovo “no” a Mario Draghi («resti a palazzo Chigi»), il segretario dem Enrico Letta è corso a far sapere: «In queste ore c’è qualche elemento di dialogo positivo, siamo però solo all’inizio». E suo zio Gianni, grande consigliere del Cavaliere (che nel frattempo ha fatto uscire un’intera pagina sul “Giornale” per descriversi come l’uomo migliore del mondo), alla camera ardente di David Sassoli ha scandito parole - lui che ha fatto del silenzio il suo credo - suonate come un invito al leader forzista a rinunciare alla corsa quirinalizia: «L’ultimo contributo che David ha dato a questo Paese è stata la partecipazione corale, sentita, commossa attorno alla sua scomparsa. Il clima che si respirava in Parlamento quando è stato commemorato era di serenità e armonia, di desiderio da tutte le parti di contribuire a guardare gli interessi del Paese e non alle differenze di parte. Se con lo stesso clima i grandi elettori procedessero all’elezione del presidente della Repubblica, David avrebbe un grandissimo merito».

 

LE INTERPRETAZIONI

«Da Gianni è arrivato vero e proprio stop a Berlusconi, perché la sua elezione porterebbe caos, divisioni, perdita di credibilità internazionale, mentre ora servono stabilità e continuità», dice un alto esponente di Forza Italia scettico sulla candidatura del Cavaliere e favorevole all’elezione di Draghi sul Colle. «Un appello affinché il governo di salvezza nazionale vada avanti», secondo l’entourage del leader di Forza Italia. Per dirla con Maurizio Gasparri: «Letta, da sempre uomo della moderazione, ha detto parole sagge. Non ci vedo una sconfessione, la sua lealtà verso Silvio è sconfinata». Di certo c’è che Letta, che vorrebbe Berlusconi nel ruolo di kingmaker, dopo quella dichiarazione ha trascorso l’intero pomeriggio a Villa Grande. E che, a meno di improbabili ripensamenti, la partita del Quirinale si giocherà a partire dalla quarta votazione. Dal 27 gennaio quando, per eleggere il nuovo capo dello Stato, basterà la maggioranza assoluta dei grandi elettori: 505 voti. È questo il traguardo che il Cavaliere, a colpi di telefonate con peones di ogni colore (dem inclusi), si dice sicuro di tagliare: «Noi nel centrodestra siamo a quota 451 voti, ma altri 70 o 100 sono praticamente sicuri». Vero? Per il dc Gianfranco Rotondi che di elezioni per il Colle ne ha viste tante, «ci sono alte probabilità che Silvio ce la faccia». Spiegazione: «Su Berlusconi si consumerà il congresso del Pd e la resa dei conti nei 5Stelle. Il campo del centrosinistra è percorso da divisioni e rancori, nel segreto dell’urna molti voteranno Silvio per mandare a casa i vari Conte e Letta.

C’è solo da vedere se questa somma di “dispetti” arriverà a quota 54 voti. Non sono poi così tanti...».

Eppure, se si scava nella Lega e in Fdi, si scopre che il sostegno al Cavaliere è tutt’altro che convinto. E soprattutto che Salvini non intende rinunciare a fare il kingmaker. Certo, ora è schierato al fianco di Berlusconi, ma vuole che sia lui a dimostrare che «il sogno può diventare realtà». Siccome però, realisticamente, è difficile che il Cavaliere ce la possa fare visto che a scrutinio segreto non avrà i voti di tutto il centrodestra, Salvini intende arrivare alla quinta votazione con un’alternativa per non ritrovarsi «con il sedere per terra e perdere l’occasione storica di avere un Presidente della nostra parte», come dice uno dei suoi. Il nome più accreditato per il piano B: Letizia Moratti.

Per questa ragione, bocciata l’ipotesi del bis di Mattarella, «proseguono i contatti e i canali di trattativa restano aperti». Dal Pd, si diceva, è arrivata la conferma di Letta. Il segretario del Pd, oltre a parlare di «segnali positivi», torna a invocare il «dialogo su un nome condiviso di una personalità istituzionale, non di un capo partito». In più, dal Nazareno fanno sapere che la «trattativa marcia, i contatti con Salvini continuano». Segue una previsione: «Non è detto che alla fine Berlusconi si candidi. E anche se lo facesse, non verrebbe eletto». Tra vedere e non vedere il Pd e i 5Stelle, se il Cavaliere sarà davvero in campo, alla quarta votazione usciranno dall’aula per evitare “tradimenti” nel segreto dell’urna. E avvertono i peones: «Con Berlusconi al Quirinale salterebbe tutto e ci sarebbero solo le elezioni anticipate». Insomma, bye bye indennità parlamentare.

LE MOSSE DEL CAV

L’esatto contrario di ciò che va predicando il leader di Forza Italia, pronto a garantire a tutti i suoi interlocutori che «Draghi, se verrò eletto, resterà a palazzo Chigi». Dunque, «non si rischiano le urne». E allo stesso tempo attentissimo a evitare di essere bocciato alla quarta votazione. «Il vertice di Villa Grande», riferisce il centrista Lorenzo Cesa, «servirà a capire come allargare il campo al di fuori del perimetro del centrodestra». Impresa decisamente ardua. Non a caso, a sera, l’arruolatore-telefonista Vittorio Sgarbi dice che il Cavaliere «scioglierà la riserva solo all’ultimo minuto». E lancia l’allarme: «Oggi abbiamo tre voti in più, siamo a circa 20 voti oltre il centrodestra. Ma considerando che calcolo almeno 10 franchi tiratori, la situazione è molto difficile». Pure questo però potrebbe essere un bluff, anche perché poco dopo da Villa Grande fanno sapere: «Il Presidente è molto prudente, ma non molla». Ovvio. Avendo ormai conquistato il centro della scena, se decidesse di rinunciare indicando un altro candidato, Berlusconi in un istante passerebbe da guastatore a salvatore della Patria. Ciò che gli consiglia Gianni Letta

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