Autostrade, Aspi: «Pronti a chiedere 23 miliardi se il governo straccia la convenzione»

Autostrade, Aspi: «Pronti a chiedere 23 miliardi se il governo straccia la convenzione»
di Diodato Pirone
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Martedì 24 Dicembre 2019, 08:21 - Ultimo aggiornamento: 08:25

La frattura nel governo non si ricompone: sulle concessioni autostradali e il piano per l'innovazione, il «salvo intese» del Decreto Milleproroghe rischia di diventare scontro in Parlamento. È quanto emerge al termine di una lunga giornata segnata da un Consiglio dei ministri il cui orario cambia più volte e da un vertice prima ipotizzato e poi sconvocato. Il Decreto passa per ora così com'è tranne qualche modifica sulla parte relativa al debito siciliano. Eventuali altre modifiche saranno concordate in Aula.
Italia Viva, che ha aperto anche un «caso Sicilia», non cede: non sottoscrive la norma del decreto Milleproroghe che riduce gli indennizzi a carico dello Stato in caso di revoca delle concessioni e fa sapere al premier Giuseppe Conte che sul punto non c'è mediazione possibile. Dall'altro lato, M5s e Pd difendono la norma perché, dicono, l'atto d'accusa reso noto ieri dalla Corte dei Conti sui concessionari («L'attuale sistema assicura vantaggi ingiustificati ai privati»), ne mostra la necessità. Di più: mentre i Dem sono prudenti, Luigi Di Maio dice che la «revoca della concessione ai Benetton è la linea del governo, non del M5s».

Conte: ​«Autostrade, revoca da decidere. Norme di trasparenza, non per colpire Atlantia»

IL CROLLO
Quella di ieri è stata una giornata drammatica per Atlantia. Il rischio che Autostrade per l'Italia (Aspi), società controllata da Atlantia, possa vedersi revocare la concessione senza indennizzo o con rimborsi ridotti affonda il titolo in Borsa che arriva a perdere quasi il 5%. Con la holding della famiglia Benetton che preannuncia per lettera una battaglia legale senza esclusione di colpi per scongiurare una misura che decreterebbe il fallimento di Aspi. In una lettera inviata in tarda serata al governo la società ha minacciato di prendere l'iniziativa per sciogliere il contratto dando così l'avvio alla richiesta di un maxirisarcimento da 23-25 miliardi di euro. La revoca della concessione senza indennizzo renderebbe impossibile la restituzione delle obbligazioni emesse per quasi 11 miliardi dalla società e metterebbe a rischio 7.000 posti di lavoro. Secca la replica dell'esecutivo: «Si tratta di una mossa inaccettabile», ha fatto sapere la ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli.
A gettare benzina sul fuoco, in un clima già incandescente, contribuisce il quadro impietoso del sistema delle concessioni autostradali tratteggiato dalla Corte dei Conti, dove a prevalere sono i privati, che si assicurano profitti ingiustificati, lesinano sugli investimenti, si vedono prorogate le concessioni senza gara, e a perdere è l'interesse pubblico e una gestione efficiente, sicura e trasparente dei quasi 7 mila chilometri di rete autostradale.
Mentre Atlantia crollava in Borsa, nel governo è esplosa anche la grana Sicilia (vedi boxino a lato). E' spuntata l'ipotesi di un vertice dopo il Consiglio dei ministri ma poi non se n'è fatto nulla. Ma Iv non intende cedere né sulla norma sulle concessioni e neanche sul Piano per il digitale. Sulle concessioni il ragionamento è che si rischia di fare «l'errore» commesso con la revoca dello scudo penale a Mittal per l'ex Ilva: «Siamo pronti a valutare - spiegano da Iv - anche una proposta di revoca della concessione ad Atlantia, se ci sono i requisiti, ma non a cambiare le regole del gioco per tutti gli operatori». Sullo sfondo restano anche i contrasti sulla riforma della giustizia.

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