IL PASSAGGIO
Per il primo anno questo meccanismo è neutrale. Se lo Stato spende 20 per le funzioni trasferite e le Regioni ricevono 20, per il bilancio pubblico non cambia niente. Ma il gettito Irpef è legato all'andamento dell'economia. Se l'economia cresce, il gettito aumenta. Così, per esempio, il secondo anno a fronte di una spesa che vale sempre 20, una regione potrebbe trovarsi in cassa un gettito di 22. A chi andrà questo surplus, allo Stato o rimarrà nella Regione stessa? La bozza prevede che «l'eventuale variazione del gettito maturato nel territorio della Regione dei tributi compartecipati (...) è di competenza della Regione». Con questa norma, in pratica, i governatori, si appropriano di una parte del gettito Irpef. È vero che, all'altro lato, si assumono anche il rischio che il gettito si riduca, ma si tratta delle Regioni più ricche e dinamiche d'Italia e che, comunque, anche nel caso in cui le cose andassero male per tutti contribuirebbero un po' meno degli altri al fardello più importante, quello del debito pubblico che, a differenza del gettito tributario, non viene regionalizzato. Dei 167 miliardi circa di gettito Irpef, Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, raccolgono circa 67 miliardi. Rispetto alle prime bozze dell'intesa, poi, è stato rimandato un nodo centrale da sciogliere: il metodo di calcolo dei fabbisogni standard. Il conteggio dei soldi da riconoscere alle Regioni avrebbe dovuto essere fatto, entro un anno, tenendo conto, diceva la prima bozza, della popolazione residente e del «gettito dei tributi maturati sul territorio».
L'INCISO SALTATO
Questa impostazione avrebbe comportato un'attribuzione di risorse maggiori ai territori più ricchi. Dalla versione finale delle intese, questo inciso è scomparso. La metodologia di calcolo dei fabbisogni standard sarà individuata da un apposito comitato Stato-Regioni che il governo si impegna ad istituire. Il problema, insomma, è per ora soltanto rimandato. Non solo. Non si capisce perché sia necessaria una nuova commissione, visto che già ne esiste una, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, della quale fanno parte esperti dei ministeri, dell'Istat, dei Comuni e delle stesse Regioni. La nuova Commissione è scritto nella norma, dovrà operare in «raccordo» con quella esistente, ma nulla è specificato su chi avrà la parola finale in caso di divergenze sui parametri da utilizzare per i conteggi. È per il momento, invece, sparita un'altra norma. Una sorta di «clausola di salvaguardia» che era stata riconosciuta alle Regioni. Se lo Stato avesse ridotto la base imponibile dell'imposta compartecipata, spiegava l'articolo, avrebbe dovuto riconoscere alle Regioni una quota maggiore del gettito. Però all'inverso la regola non valeva. Così come è rimasta ancora in bianco un'altra parte delle intese, quella per il rafforzamento dell'autonomia tributaria. Veneto e Lombardia chiedevano il pieno controllo su alcune tasse regionali, come quella sulle automobili, e di mantenere in Regione tutto il gettito derivante dalla lotta all'evasione fiscale e dalle rottamazioni, che riguardava le imposte devolute. Due temi sui quali il ministero dell'Economia si è detto contrario.
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