L'autonomia va in Cdm M5S: no a testi blindati. Allarme di Roma e Sud

Salvini e Zaia
di Alberto Gentili
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Giovedì 14 Febbraio 2019, 07:19 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 09:36

Non si può parlare di giorno della verità, perché si annuncia ancora lunga la strada verso l'autonomia differenziata. Ma a sorpresa, nonostante fosse ormai scontato un nuovo rinvio, la ministra agli Affari regionali Erika Stefani ha annunciato che oggi pomeriggio porterà in Consiglio dei ministri le bozze per le intese con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: «Nessuno slittamento, i testi sono pronti». Salvo poi ammettere: «Restano dei nodi politici sui quali discutere». E di questi si occuperà Giuseppe Conte se il governo riuscisse a raggiungere una sintesi, incaricando il premier di chiudere la trattativa con le tre Regioni. «Ma siamo all'inizio, manca ancora un accordo politico e difficilmente uscirà questa sera», hanno fatto sapere autorevoli fonti grilline.
I nodi da sciogliere sono tanti. Come tanta è la rabbia dei ministri 5Stelle, come Giulia Grillo (Sanità), Danilo Toninelli (Infrastrutture), Sergio Costa (Ambiente), Alberto Bonisoli (Cultura), per nulla disposti a cedere alle Regioni competenze importanti dei loro dicasteri.

Tra i grillini e la Lega è in atto un braccio di ferro feroce. Forte della vittoria in Abruzzo, osservando lo sbandamento e la debolezza di Luigi Di Maio e in vista delle elezioni europee, Matteo Salvini appare determinato ad andare immediatamente all'incasso. «Il capo della Lega ha detto di non volere il rimpasto di governo», dice un ministro grillino che chiede l'anonimato, «perché piuttosto che acchiappare qualche poltrona in più, preferisce incassare subito l'autonomia differenziata. E l'aria che si respira è pessima, è ormai evidente che chi dovesse manifestare apertamente il dissenso rischierebbe il posto: Salvini non scherza e Di Maio in questa fase non ha la forza per contrastarlo, teme che salti il governo...».
Rabbia, sconcerto e paura, insomma, tra i pentastellati. «Di Maio non dà la linea, è pronto a ingoiare lo scambio», sospira un altro ministro, «ma è tutto assurdo. Ci aspettavamo, dopo le nostre osservazioni, che la Stefani cercasse almeno una sintesi. Invece ha annunciato che andrà in Consiglio dei ministri con le bozze, che ha scritto insieme al governatore del Veneto Zaia. E noi, di questa accelerazione, l'abbiamo saputo dalle agenzie di stampa... Ma qualcosa va necessariamente corretta, ad esempio deve essere consentito al Parlamento di emendare i testi delle intese con le tre Regioni».

La verità è che dopo il tracollo pentastellato in Abruzzo, il governo è ancora di più a trazione leghista. Massimo Garavaglia, viceministro all'Economia, ha bypassato le perplessità di Giovanni Tria e assieme alla Stefani ha annunciato «l'accordo sulla parte finanziaria». Finora la più delicata. E Zaia, il presidente del veneto, ha già cominciato a festeggiare: «Siamo di fronte a una riforma storica, per noi la bozza è immediatamente sottoscrivibile. Spero verranno superate le resistenze di alcuni dicasteri».

Ma a Roma, dove si teme lo svuotamento dei ministeri e al Sud, dove i 5Stelle alle elezioni avevano fatto il pieno di voti, la protesta monta. Il governatore campano Vincenzo De Luca guida la protesta: «Faremo di tutto per bloccare il processo dell'autonomia differenziata. Siamo pronti al ricorso alla Corte Costituzionale, alla mobilitazione sociale e alla lotta perché si decide il destino dell'unità nazionale e del Sud». E' seguita stoccata a Di Maio: «E' silente, in letargo, dopo il voto in Abruzzo».

LO SCONTRO
Anche il presidente della Sicilia, Nello Musumeci, ha battuto un colpo: «Va garantita l'equità per tutti. Bisogna conoscere la bozza della trattativa che fino ad ora è stata condotta sottotraccia tra le regioni del Nord e il governo. Eppure, si tratta della prima vera riforma istituzionale dal 1948 le cui implicazioni ricadranno su tutta l'Italia», ha sostenuto a Porta a Porta. E ha aggiunto: «La domanda che bisogna porsi e se si può trovare una sintesi tra lo spirito unitario autonomistico. Questa sintesi si chiama fondo perequativo: l'autonomia non deve sfociare nel discorso che chi è ricco diventerà più ricco e chi è povero diventerà più povero, altrimenti non c'è più l'Italia».
La risposta di Attilio Fontana, presente anche lui nel salotto di Vespa, non è tardata: «C'è in effetti qualcuno che rischia con l'autonomia e sono gli amministratori del Sud che non sono stati in grado di far emergere i loro territori in tutte le potenzialità». Il governatore lombardo però è poi corso a tranquillizzare: «Non toglieremo nulla al Sud, chiediamo che una parte delle competenze e le somme oggi gestite dallo Stato per svolgere certi compiti, meno bene di quello che faremmo noi, ci vengano date». Proprio qui sta il punto.
 

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