Autonomia, i primi paletti: sì al presidenzialismo e iter parlamentare

Autonomia, i primi paletti: sì al presidenzialismo e iter parlamentare
di Francesco Malfetano
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Giovedì 19 Gennaio 2023, 06:13

Per Giorgia Meloni la parola d'ordine è «armonizzare». Che si parli delle mosse dei partiti di maggioranza o, soprattutto, delle riforme, nel centrodestra «si avanza uniti». Anche al costo di farsi qualche reciproca concessione elettorale alla vigilia del voto per le Regionali. Un do ut des politico che da un lato accontenta la Lega su un primissimo passaggio in Consiglio dei ministri del ddl sull'autonomia differenziata (se poi i tempi lo consentiranno prima del 12-13 febbraio si vedrà) e dall'altro rilancia i progetti di Fratelli d'Italia e di Forza Italia sulle revisioni costituzionali, imponendo una contestuale accelerazione sul presidenzialismo e sui poteri speciali per Roma Capitale. In ogni caso - precisano - tutt'altro che una resa alle motivazioni di un Carroccio alla disperata ricerca di un segnale politico spendibile sul territorio per la corsa al Pirellone. Anzi. «Quasi il contrario» spiega uno dei presenti al vertice convocato ieri sera a palazzo Chigi da Giorgia Meloni per riprendere in mano il dossier riforme, alludendo alla «totale disponibilità» mostrata dai leghisti. Ai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, al sottosegretario Alfredo Mantovano e ai ministri Raffaele Fitto, Francesco Lollobrigida e Maria Elisabetta Casellati, il collega Roberto Calderoli ha sostanzialmente spiegato di essere pronto ad accogliere rimostranze e paletti degli alleati pur di portare a casa la riforma.

I PALETTI

E quindi ecco che accanto all'accelerazione dell'iter (più semplice) di Roma Capitale e (più complesso) della riforma in senso presidenziale della Costituzione, il disegno di legge sull'autonomia «è passato ma con delle tutele». Gli aspetti tecnici verranno meglio definiti in alcune riunioni che con buona probabilità si terranno martedì (l'ufficio legislativo di palazzo Chigi sarebbe già al lavoro) ma a grandi linee si è deciso di «stabilire e finanziare un fondo perequativo», di far saltare il criterio della spesa storica nella definizione dei Lep» (i livelli essenziali delle prestazioni), «di non ricorrere all'uso di Dpcm» per la definizione e di legare loro la tenuta dell'accordo politico raggiunto. «Senza definizione dei Lep salta tutto» sintetizzano infatti presenti. Ma, soprattutto, l'intesa raggiunta prevede anche «di far passare in Parlamento» tutte le parti dell'accordo, prestazioni essenziali comprese, che sarà poi ottenuto in Stato-Regioni. Il «più ampio coinvolgimento del Parlamento e delle forze politiche» è uno dei punti cruciali rimarcati dal comunicato affidato da palazzo Chigi alle agenzie alla fine di una riunione che ha evidenziato la «grande sintonia» degli alleati.
Un tentativo, appunto, di armonizzare nel quadro del governo la riforma bandiera della Lega e lo sprint più volte tentato da Salvini e i suoi.

Proprio per questo il vertice di ieri - inizialmente previsto come specifico sull'autonomia - diventa l'occasione per evidenziare la necessaria definizione «nel più breve tempo possibile» di «un crono-programma sullo status di Roma Capitale e sulla riforma in senso presidenziale dello Stato». Tradotto: al netto dei ritmi differenti imposti da una natura legislativa diversa (per l'autonomia non sono i quattro step delle leggi costituzionali), le riforme hanno pari dignità e procederanno insieme. «Abbiamo fretta tutti mica solo i leghisti» ironizza un ministro, «ma le cose vanno fatte per bene». Il messaggio implicito che il premier ha lanciato alla sua maggioranza è in pratica niente più fughe in avanti o strappi, né veti incrociati e fuoco amico.

LE INTERLOCUZIONI

Intanto proseguono le interlocuzioni della ministra Casellati per la svolta presidenzialista. L'ex presidente del Senato ha infatti chiuso il cerchio con le forze di maggioranza, incontrando ieri il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi. Nelle prossime ore invece parte il confronto con le opposizioni, e si comincia con il Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi.

 

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