Standing ovation di tre minuti per il presidente Mattarella. Lo applaudono 205 sindaci e un migliaio di presenti quando arriva al Teatro Grande di Brescia, per la cerimonia di apertura di Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura. L’inno di Mameli cantato da un coro di bambini, l’Inno alla Gioia che è quello della Ue e comincia la cerimonia. Nella quale, a leggere bene dentro le parole di Mattarella, si parla anche - non espressamente ma chiaramente - del tema dei temi sul piatto della politica attuale, ossia della questione dell’autonomia. Il Capo dello Stato insiste sul valore della cultura come vincolo, come legame, come mastice della nazione. E in tempi di autonomismo nordista, questa insistenza non passa inosservata. «E’ una forza dei campanili quella di saper unire e non dividere le energie. Voi raccogliete, nel Nord del nostro Paese, lo stesso testimone di Procida a conferma dell’unità che rafforza la patria». Parole molto esplicite, difficilmente condivisibili dai profeti e dai propagandisti dell’individualismo neo-regionalista. E ancora: «La cultura è anche coraggio di superare presunti antagonismi, di scavalcare muri, di uscire dagli schemi». Ed è strettamente connessa con la libertà, secondo il ragionamento di Mattarella: «La libertà di studio, di ricerca, di espressione del proprio pensiero. Ce lo ricorda la nostra Costituzione. L’esercizio che Brescia e Bergamo, Capitale della cultura, si apprestano a intraprendere è, quindi, un grande esercizio di libertà, cui guarderà l’intero Paese».
L’evento si tiene in contemporanea nelle due città, a Brescia e a Bergamo dove c’è il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e spiega in questa città che è stata martoriata dal Covid: «La cultura da sempre è il forte antidoto alla sofferenza e funge anche da forte spinta per il rilancio economico e sociale».
«Brescia e Bergamo - incalza Mattarella - sono due esempi di virtù civiche di ieri e di oggi».
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LA TENACIA
La cultura, nel discorso di Mattarella, è uno scrigno di valori. E qui il ragionamento coinvolge la questione ucraina. «Siamo consapevoli - osserva il Capo dello Stato - che nella costruzione di una pace giusta la cultura, nella sua dimensione universale, è chiamata a giocare un ruolo, nel colmare le distanze, nel ricostruire rispetto e coesistenza, nell’unire gli uomini». «La conoscenza e le arti in tempi così difficili come quelli che attraversiamo - incalza il Presidente - si ergono, ancora una volta, come irrinunciabili punti di riferimento. Stiamo rivivendo in Europa la tragedia della guerra ed è proprio il mettere la dignità, quella integrale della persona, al centro di ogni azione che ci porta a stare dalla parte di chi è aggredito, di chi lotta per l’indipendenza e per la libertà».
E dunque spazia tra Italia e Europa il discorso mattarelliano. In cui viene sottolineata l’importanza nazionale e universale della cultura - bella la citazione da Marguerite Yourcenar dedicata a musei e biblioteche come «magazzini cultura» dove «ammassare riserve contro l’inverno dello spirito» - e messa in relazione con la solidarietà tra i popoli e dentro i popoli. Come quello italiano in cui la tenacia di ogni territorio nel creare cultura e nel volersi riconoscere in una cultura comune da Nord a Sud diventa fattore di forza e di crescita. Le virtù civiche e patriottiche di ogni parte della Penisola - anche se ieri il focus presidenziale è stato su Brescia e Bergamo - concorrono nel dare peso e reciproco riconoscimento a tutto l’insieme. Ecco, quello di cui parla culturalmente Mattarella è un Paese da salvaguardare nella sua interezza.
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