Autonomia, allarme conti: al Nord un terzo dell’Irpef. Svimez: «Così si svuota il bilancio dello Stato»

Chiesta un’indagine parlamentare sui costi del progetto. FI e FdI aprono

Autonomia, allarme conti: al Nord un terzo dell’Irpef. Svimez: «Così si svuota il bilancio dello Stato»
di Andrea Bassi
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Venerdì 26 Maggio 2023, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 10:36

Il punto centrale, la questione cruciale dell’autonomia differenziata, inizia a emergere anche nei numeri. La domanda l’hanno posta prima il Servizio del Bilancio del Senato e poi la Commissione europea: di quanto si “svuoterà” il bilancio pubblico trasferendo risorse e tributi alle tre ricche Regioni del Nord? E come farà lo Stato a ridurre i divari se avrà meno fondi a disposizione? La prima analisi che tenta di dare una risposta, l’ha presentata ieri in audizione al Senato Luca Bianchi, direttore della Svimez. La tabella, lasciata agli atti, spiega che in base ai dati del ministero dell’Economia, se Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna ottenessero le materie che hanno chiesto (23 per il Veneto, 20 per la Lombardia e 16 per l’Emilia), lo Stato dovrebbe cedere al governatore Luca Zaia il 90,2 per cento del gettito Irpef raccolto nella sua Regione, al governatore lombardo Attilio Fontana il 70,7 per cento e al dem Stefano Bonaccini il 78,8 per cento. Il gettito trattenuto dalle tre ricche regioni del Nord sarebbe pari al 30 per cento dell’intero gettito nazionale. Un euro ogni tre di tasse servirebbe per finanziare i servizi dei territori più ricchi del Paese. La “perequazione” che rimarrebbe a carico del bilancio pubblico diventerebbe un miraggio. Non si tratta, insomma, ha spiegato Bianchi, «di una contrapposizione territoriale Nord-Sud con il Mezzogiorno nemico dell’efficienza e del cambiamento». Le critiche ormai sono circostanziate e arrivano da organismi tecnici come la Commissione europea. L’altra domanda che si è posta la Svimez é: cosa sarebbe successo se nel 2017 le tre Regioni avessero avuto le competenze richieste? Oggi, è la risposta, avrebbero un surplus nei loro bilanci superiore ai 9 miliardi di euro. 

Il passaggio

La sostenibilità economica del progetto è diventato il principale convitato di pietra dell’esame in Commissione Affari Costituzionali del Senato.

Per questo i senatori del Movimento 5 stelle Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato, e Stefano Patuanelli, presidente del gruppo, hanno chiesto che un’altra Commissione si occupi del tema, la Bilancio, avviando immediatamente un’indagine conoscitiva. Una proposta che avrebbe ottenuto già sostegno all’interno della maggioranza da Fratelli d’Italia e Forza Italia. Intanto nelle audizioni di ieri sono continuati ad emergere dubbi sul progetto. Il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha ricordato come rimangano ancora «punti critici». E ha sottolineato di nuovo come «il conferimento di forme e condizioni particolari di autonomia deve esercitarsi prevalentemente o esclusivamente nella sfera della legislazione». Le Regioni insomma, non devono gestire servizi, prerogativa che deve rimanere ai Comuni. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, ha sottolineato la necessità di determinare i Lep «in favore di tutte le Regioni», «con grande senso di responsabilità» e in una «leale collaborazione istituzionale». Dichiarazioni che non sono sfuggite all’opposizione. Fedriga, ha sottolineato il senatore dem Andrea Giorgis, «ci è sembrato consapevole anche della impossibilità di garantire adeguati livelli essenziali, superare le disuguaglianze oggi esistenti tra una regione e l’altra e, al contempo, prevedere come fa articolo 8 del ddl Calderoli l’invarianza finanziaria». 

Anche dalle associazioni sono piovute critiche. «C’è il forte rischio che l’autonomia differenziata, così come prevista nell’impianto attuale», ha detto Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore, «finisca per approfondire le già gravi disuguaglianze che attraversano il Paese». Pierino Di Silverio, segretario generale di Anaao Assomed, l’associazione dei medici, ha chiesto di «eliminare, già in sede di legge quadro, la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono chiedere maggiori autonomie per evitare il colpo di grazia a quel che resta del Servizio sanitario nazionale». Si tratterebbe, ha detto, di «un suicidio sociale oltre e prima che professionale e sanitario». Bocciatura anche da Legambiente, per bocca di Maria Maranò. «Le risorse naturali», ha detto, «non hanno confini amministrativi, non possono avere norme e tutele diverse».

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