Autonomia, i danni della riforma: tutti gli allarmi ignorati nei dossier degli esperti

Dal servizio del Bilancio alla Corte dei Conti, i “buchi” della riforma segnalati su più versanti

Autonomia, i danni della riforma: tutti gli allarmi ignorati nei dossier degli esperti
di Andrea Bassi
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Lunedì 22 Maggio 2023, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 09:57

Gli ultimi a esternare dubbi, sono stati i tecnici del Servizio del Bilancio. Il caso è balzato agli onori della cronaca non perché gli esperti di Palazzo Madama che analizzano la tenuta economica di ogni legge che passa in Parlamento, abbiano detto qualcosa di nuovo o di diverso da quanto da tempo sostengono in tanti. Ma perché il Servizio del Bilancio ha rotto la narrazione che con l’autonomia differenziata hanno tutti da guadagnare. Che è un po’ come convincere i capponi che per loro il Natale è una gran bella festa. L’autonomia differenziata produrrà vincitori e vinti. Le ricche Regioni del Nord che chiedono di poter gestire fino a 23 materie oggi di competenza dello Stato, diventerebbero ancora più ricche. «Ci sarebbe», è la sintesi dei tecnici del Senato, «una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale». È evidente che se Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna potranno tenersi fino al 90 per cento delle tasse del loro territorio restituendo briciole al bilancio pubblico, sarà difficile che il sistema tenga. Anche perché le Regioni più deboli, quelle con meno capacità fiscale, difficilmente potrebbero far fronte a una gestione diretta delle stesse competenze non avendo soldi a sufficienza.

LE CRITICITÀ
La risposta degli “autonomisti” è la perequazione verticale. È lo Stato cioè, che dovrebbe colmare, con proprie risorse, i divari.

Ma, come ha ricordato la Corte dei Conti in una sua analisi sull’autonomia differenziata, questo «comporterebbe oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche». Oneri che sarebbe difficile finanziare se le tre Regioni più ricche si chiamano fuori. Ma c’è un’altra domanda che viene sempre elusa. È questa: cosa accadrebbe se tutte le Regioni chiedessero l’autonomia sulle 23 materie consentite? L’Italia si trasformerebbe in una federazione di Regioni e Roma sarebbe svuotata dei suoi compiti di Capitale della Nazione. Lo aveva ben sottolineato il Dagl, il Dipartimento per gli affari giuridici di Palazzo Chigi in un parere sull’autonomia mai superato. Se tutte le Regioni chiedessero di gestire da sole 23 materie, questo «potrebbe ripercuotersi», scriveva il Dagl, «sugli uffici e sulle strutture dell’amministrazione statale centrale e periferica, preposte allo svolgimento delle funzioni legislative e amministrative trasferite. Occorrerebbe», insomma, «valutare, in prospettiva, il potenziale impatto che il riconoscimento di ampie forme di autonomia differenziata ad un numero crescente di Regioni di diritto comune è suscettibile di determinare sulle amministrazioni statali interessate, in termini di soppressione o ridimensionamento degli uffici e delle strutture». 

IL PASSAGGIO
Se ogni Regione gestisce la sua scuola, le sue infrastrutture, i suoi porti, le sue reti energetiche, i suoi soldi, cosa resterà dei ministeri? Ma una valutazione dell’impatto su Roma ci si è ben guardati dal farla. Anche se poi lo “svuotamento” della Capitale è stato messo nero su bianco in un documento (mai reso pubblico) degli uffici del ministro Roberto Calderoli. In 130 pagine sono elencate oltre 500 competenze che andrebbero passate alle Regioni del Nord. I ministeri hanno provato a resistere. L’Istruzione ha inviato le sue osservazioni, facendo presente che la gestione dei docenti (oltre 200 mila passerebbero sotto il cappello di Veneto e Lombardia), deve restare a Roma. Così come l’Inps e il ministero del Lavoro hanno avvertito che il disegno autonomista rischia di trasferire ai governatori competenze previdenziali che invece sono di esclusiva competenza centrale. Tutti allarmi inquietanti che fino ad oggi sono scivolati via come acqua sulla strada dell’autonomia. Che non deve trovare ostacoli sul suo cammino. Anche se gli esperti dovessero avere ragione.
 

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