Tetto del 3%, Di Maio frena Salvini: ma il grande scontro sarà sull'Iva

Tetto del 3%, Di Maio frena Salvini: ma il grande scontro sarà sull'Iva
di Alberto Gentili
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 8 Maggio 2019, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 11:10

La partita, quella vera, si giocherà solo in autunno quando dovrà essere scritta la legge di bilancio. Complici le elezioni europee del 26 maggio e la Commissione europea in scadenza (ottobre), non è infatti all'orizzonte una manovra correttiva anche se il governo giallo-verde ha stracciato secondo le stime di Bruxelles ogni record negativo: l'Italia è il Paese d'Europa che cresce meno (+0,1), che accumula più debito raggiungendo il prossimo anno quota 135,2% rispetto al Pil, fa meno investimenti (-0,3), crea meno lavoro. E soprattutto, a causa della minor crescita e delle maggiori spese, vede deteriorarsi il rapporto deficit-Pil: 2,5% quest'anno, addirittura 3,5% il prossimo.

Proprio da quest'ultimo dato bisogna partire per analizzare la via crucis che attende il governo giallo-verde, sempre se sarà questo esecutivo a scrivere la legge di bilancio: i venti di crisi, dopo mesi di zuffe e di colpi bassi, a fine maggio soffieranno impetuosi su palazzo Chigi. Bruxelles indica al 3,5% il rapporto deficit-Pil del 2019 nel caso in cui il governo decida di non far aumentare l'Iva. In gioco ci sono 23 miliardi. Già da settimane c'è il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, pronto da una parte a far scattare «selettivamente» alcune aliquote nella disperata ricerca di risorse. Dall'altra, c'è il muro alzato da Luigi Di Maio e Matteo Salvini: «Con il c. che aumento le tasse», ha ripetuto ieri il leader leghista, trovando per una volta d'accordo il capo dei 5Stelle.
Questo schema, sempre se i protagonisti resteranno gli stessi dopo le elezioni (il voto anticipato visti i pessimi dati sembra allontanarsi), non cambierà da qui all'autunno. E dal Quirinale già filtra la preoccupazione di Sergio Mattarella: il rispetto dei vincoli di bilancio è essenziale, agli occhi del capo dello Stato, per non far perdere credibilità al sistema-Paese e per scongiurare nuove tempeste finanziarie che potrebbero mettere l'Italia in ginocchio a causa del livello record raggiunto dal debito. Da qui l'appello del Presidente «alla tempestività» nell'azione di governo.

Salvini di questi timori non sembra curarsi. Confidando «in una nuova Europa senza austerità», il leader leghista vuole varare nel 2019 la prima dose di flat tax (costo 12 miliardi) «anche sforando il tetto del 3%», la soglia-tabù fissata a Maastricht. Di Maio e Conte, invece, sono molto più guardinghi: «Sforeremo il 3% solo con il via libera della nuova Europa», fanno sapere da palazzo Chigi. E alla domanda, dove e come troveranno le risorse per non far aumentare l'Iva senza far impennare il rapporto deficit-Pil? la risposta è in linea con la campagna anti-Lega e anti-Siri degli ultimi giorni: «Le risorse arriveranno dalla lotta all'evasione fiscale e alla corruzione». E altre da «un ulteriore taglio degli sprechi nella pubblica amministrazione». «Contrasteremo l'aumento dell'Iva anche introducendo il carcere per i grandi evasori», ha aggiunto in chiaro Di Maio, per nulla convinto di procedere (come vorrebbe la Lega) a una revisione della tax expenditure: le agevolazioni e le detrazioni costate 61 miliardi nel 2018.

Non a caso l'altro terreno di scontro saranno le misure fiscali. Salvini, si diceva, vuole «a tutti i costi» la flat tax: «La porterò domani in Cdm», ha annunciato ieri per spostare l'attenzione dal caso Siri. Di Maio non dice di no, fissa però già i paletti per renderla il più possibile a immagine e somiglianza dell'elettorato grillini: «Una flat tax per aiutare i ricchi», è il ragionamento del leader 5Stelle, «Salvini se la può scordare. Noi vogliamo aiutare il ceto medio, dunque servirà progressività e quoziente familiare».

«UE CONTRO DI NOI»
Lega e 5Stelle si trovano invece d'accordo nel valutare «maligne», «farlocche» e «pregiudiziali» le valutazioni della Commissione europea. Insomma, la solita teoria dell'establishment e degli euroburocrati «ostili al governo del cambiamento». Perché Bruxelles nelle sue stime non ha tenuto conto dei nuovi dati dell'Istat: quelli che hanno assegnato un +0,2 di Pil nel primo trimestre. E perché la Commissione di Juncker e Moscovici non ha preso in considerazione, nel prevedere la crescita di quest'anno e del prossimo, «gli effetti che avranno i decreti sblocca cantieri e crescita».

Al di là della propaganda, già in estate sarebbe necessaria una manovra correttiva. Con il rapporto deficit-Pil al 2,5%, contro il 2,04 promesso a dicembre, per il governo sarebbe urgente una correzione dei conti nell'ordine di 8 miliardi. Ma Conte & C. confidano nel «nuovo corso europeo», nella Commissione con le mani legate in quanto in scadenza e su un tesoretto di circa 5 miliardi: 3 provenienti dai risparmi innescati dall'impatto inferiore del reddito di cittadinanza e di quota 100 e 2 miliardi di spese correnti dei ministeri congelate a dicembre per precauzione.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA