Salvini contro lo sfascia-tutto: «Ne pagherà le conseguenze»

Salvini contro lo sfascia-tutto: «Ne pagherà le conseguenze»
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Venerdì 28 Giugno 2019, 08:04 - Ultimo aggiornamento: 08:06

E venne il giorno, nell'era del governo giallo-verde, della guerra nucleare di Luigi Di Maio contro tutto e tutti. Contro AncelorMittal, colpevole di chiedere l'immunità penale che gli era stata garantita quando acquistò l'Ilva, altrimenti a settembre chiuderà l'acciaieria. Contro Autostrade e Atlantia, e dunque contro l'ipotesi dell'ingresso della società del gruppo Benetton in Alitalia, perché quell'azienda «è responsabile delle vittime del ponte Morandi e dopo la revoca delle concessioni autostradali risulterà decotta».
Un'escalation, compiuta dal ministro dello Sviluppo e del Lavoro la cui mission dovrebbe essere salvare Ilva e Alitalia, che lascia impietrito Matteo Salvini. I suoi descrivono il leader leghista «furioso». Stanco «di chi dice no e soltanto no». E anche preoccupato. Perché «sono in gioco decine di migliaia di posti di lavoro e la responsabilità di questa partita è di Di Maio». Che se sbaglia ne pagherà le conseguenze. Ancora: «Ci sono problemi giudiziari per il crollo del ponte Morandi, ma prima di definire decotta un'azienda che dà lavoro a migliaia di persone bisogna pensarci bene».

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Nel Carroccio faticano a capire le mosse del presunto alleato: «Stiamo assistendo a qualcosa di incomprensibile», dice un altissimo dirigente della Lega, «ci stiamo chiedendo perché Di Mai abbia lanciato questa offensiva insensata e non troviamo risposte. Di sicuro così non si può andare avanti, ma è anche vero che a Di Maio non conviene spingerci ad aprire la crisi: i 5Stelle hanno terrore delle elezioni. Perché non l'apriamo noi? Perché non sappiamo cosa accadrebbe se facciamo cadere questo governo. Temiamo che possa nascere in Parlamento un esecutivo tecnico sostenuto da Forza Italia, che è allo sbando, dai grillini e forse dal Pd, anche se è vero che Zingaretti ha una gran voglia di cambiare la sua rappresentanza parlamentare composta in larga parte da renziani. Tutti o quasi, tranne noi, hanno insomma paura delle elezioni che, visti i sondaggi, potremmo vincere da soli. Vediamo cosa succede sulla flat tax...».
LE VECCHIE BANDIERE
Il bello (o il brutto) è che Di Maio non sembra avere una strategia industriale. Dietro a questo attacco a 360° contro quelli che il vicepremier grillino identifica come «i poteri forti alleati di Salvini», c'è il disperato tentativo di risalire la china e di fermare l'assalto di Roberto Fico e Alessandro Di Battista alla sua leadership, tornando ad alzare le bandiere «anti-sistema». Quelle che avevano fatto la fortuna elettorale dei 5Stelle.
Ma sul piano pratico, sul destino di Alitalia che Salvini vorrebbe salvare con l'ingresso (appunto) di Atlantia, Di Maio non ha altro obiettivo che un gioco di interdizione. Tant'è, che i suoi si limitano a dire che il ministro dello Sviluppo sta lavorando ancora a «un piano alternativo». Che è poi quello che condurrebbe all'ingresso nel capitale di Toti e Lotito (ipotesi già bocciata dal Tesoro), insieme a «una compagnia aerea americana che non è Delta». «Il dossier è sulla scrivania del ministro», garantiscono al Mise, «e presto verrà individuata la soluzione migliore per assicurare stabilità e sviluppo ad Alitalia».
Promesse e nulla di più. Come per l'Ilva. Dopo l'ultimatum di mercoledì di AncelorMittal, Di Maio ha detto che «se ne uscirà con il buonsenso: proporrò all'azienda una serie di tutele alternative». In realtà al Mise ancora non sanno come uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato il leader 5Stelle che nei giorni scorsi ha dato battaglia per negare - nel decreto-crescita approvato proprio ieri dal Senato - di estendere a 5 anni (e non fino a settembre) l'immunità penale agli amministratori di AnceloMittal impegnati nell'attuazione del piano di risanamento ambientale dell'acciaieria. «Al momento non ci sono dettagli, stiamo ancora lavorando per individuare le tutele alternative...», ammettono i collaboratori del vicepremier 5Stelle.
La partita è tanto intrigata e complessa, vista la contrarietà di Di Maio a innestare la retromarcia e a concedere l'immunità ad AncelorMittal come invece chiede Salvini, che per ora Giuseppe Conte si chiama fuori. Da Osaka, dove il premier partecipa al G20, il suo entourage fa sapere: «Conte fino a questo momento non si è occupato del dossier, se ne occupa soltanto Di Maio». Che convoca tavoli di trattativa a ripetizione (il 4 luglio con l'azienda e il 9 con i sindacati), ma ancora non sa come evitare la chiusura dell'acciaieria.
L'ALTOLÀ
Una situazione che allarma Salvini. Così, mentre il ministro Gian Marco Centinaio chiedeva a Di Maio «di indicare un'alternativa ad Atlantia», il capo leghista ha tuonato: «Su Alitalia e Ilva i nodi verranno al pettine nelle prossime settimane. A Di Maio ho detto che non si possono mettere in discussione 25mila posti di lavoro in un momento economico come questo. Riguardo all'acciaieria di Taranto ho chiesto ampie garanzie affinché non si mettano a rischio 15mila lavoratori». La reazione del vicepremier grillino è stata stizzita: «Le crisi aziendali si affrontano con trattative non con le dichiarazioni. Mi dispiace che ci sia stata un'interferenza su questa trattativa, perché se si dice che ha ragione AnceloMittal si danneggia chi sta trattando».
C'è da capire se Di Maio stia trattando davvero.
Alberto Gentili
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