Armi, duello Meloni-Conte a Montecitorio. Giuseppe: «La premier ha la faccia di bronzo». E Giorgia: «Chieda a Putin di fermarsi»

Se l'ex avvocato del popolo ribatte colpo su colpo agli affondi di ieri, Meloni fa altrettanto oggi, pur non potendo replicare

Armi, duello Meloni-Conte a Montecitorio. Giuseppe: «La premier ha la faccia di bronzo». E Giorgia: «Chieda a Putin di fermarsi»
di Francesco Malfetano
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Mercoledì 22 Marzo 2023, 16:24 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 08:44

«Er Pnrr...». Giorgia Meloni minimizza, gesticola, si infiamma. Quando a Montecitorio prende la parola Giuseppe Conte l'Aula è semi-vuota, eppure è il momento clou della giornata dopo le accuse lanciate ieri dalla premier al Senato. Quel «preferisco dimettermi» piuttosto che andare in Europa con il cappello in mano come il pentastellato, è un guanto di sfida che Meloni stessa non ha alcuna intenzione di lasciar cadere. Tant'è che sono da poco passate le 13 e la premier decide di restare al suo posto tra i banchi del governo. Ovvero accetta di tardare al routinario pranzo pre-Consiglio Ue con Sergio Mattarella, spedendo al Quirinale - ad anticiparla e scusarla - il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto. Quando però Conte inizia il suo intervento, tutti gli occhi sono inevitabilmente puntati su di lei.

Meloni-Conte, lo scontro a Montecitorio

Se l'ex avvocato del popolo ribatte colpo su colpo agli affondi di ieri, Meloni fa altrettanto oggi, pur non potendo replicare. Sull'invio di armi all'Ucraina Conte accusa la premier di avere la «faccia di bronzo» e il governo di essere «la brutta copia del precedente»? Lei prima invoca il soccorso del ministro Luca Ciriani al suo fianco - la raucedine pentastellata non rende proprio comprensibile l'affondo - e poi scuote vistosamente la testa ripensando forse al suo intervento mattutino: «Non si può dire al governo di fermare l'invio di armi all'Ucraina: è necessario dire a Vladimir Putin di fermarsi». Parole che a onor del vero erano sembrate dirette più ai dubbiosi leghisti che ai cinquestelle. Specie perché - nonostante i tentativi di frenata di Meloni stessa che entrando in Aula dice di non dar peso a certe ricostruzioni - i ministri del Carroccio (Matteo Salvini in testa) latitano anche oggi.

Si vedono solo Giuseppe Valditara e Roberto Calderoli, per una staffetta che appare concordata per non inasprire troppo le tensioni trai banchi dell'esecutivo. 

 

Guerra e Pnrr

In questo momento però il "problema" sembra Conte. Il grillino attacca con «Ha detto che non è il momento della pace»? E Meloni ribatte a muso duro, si porta le mani tra i capelli e visibilmente innervosita esclama: «Ma quando l'ho detto?». Idem a seguire. L'ex premier gli chiede conto del blocco navale, sostenendo che «la verità l'ha schiaffeggiata» e vantando invece i 209 miliardi ottenuti dall'allora governo giallorosso da Bruxelles. Il riferimento è al Recovery fund. La gestualità di Meloni racconta un polemico "se vabbè..", il labiale invece un «er Pnrr..», a significare che quella contiana è un'impresa alla fine riuscita a molti in Europa. «Sul Pnrr vedremo» aggiunge prima di lasciare l'Aula in fretta e furia alla volta del Quirinale e, forse già in serata, di Bruxelles. 

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