8 marzo, da Meloni a Schlein la riscossa delle donne nella politica italiana (ma in Parlamento occupano solo un seggio su 3)

8 marzo, da Meloni a Schlein la riscossa delle donne nella politica italiana (ma in Parlamento occupano solo un seggio su 3)
di Francesco Bechis
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Martedì 7 Marzo 2023, 13:07

Il potere delle donne. E, adesso, le donne al potere. Non sarà un qualsiasi 8 marzo per la politica italiana. È la prima festa internazionale della donna, celebrata con una donna a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni, il tetto di cristallo infranto nella stanza dei bottoni. Non sarà l'unico, ha garantito oggi la premier partecipando all'inaugurazione della Sala delle Donne alla Camera dei Deputati. «Presto, più di quanto pensiate, potrebbe infrangersene un altro».

DA MELONI A SCHLEIN

Quale, non è dato saperlo. Si sa però che Meloni, per sua stessa ammissione, immagina già da adesso, mentre si apre la partita delle nomine, «una donna amministratore delegato di una società partecipata dello Stato». Insomma, la rivoluzione must go on. Per questo davvero la festa di domani, quest'anno, assumerà un significato diverso. Mimose e tanta buona retorica a parte, qualcosa sta cambiando nei palazzi del potere. Il pensiero, per dovere di cronaca, vola subito a Elly Schlein, la prima donna segretario del Partito democratico dalla sua fondazione, candidata duellante per eccellenza della premier.

Un derby tutto italiano: da nessun'altra parte, in Europa, due donne guidano il governo e il principale partito di opposizione. Con buona pace di tanti provincialisti mea culpa sull'Italia misogina e retrograda al confronto Ue.

LE APRIPISTA

Molto si deve fare, qualcosa è stato fatto. Specie negli ultimissimi tempi. Dalla nomina a capo dei Servizi segreti di Elisabetta Belloni alla scelta di due donne al vertice delle due più importanti corti italiane: Silvana Sciarra alla Consulta, Margherita Cassano alla Cassazione. E quanti altri tetti finiti in mille pezzi, non per convenienza o convenzione ma per merito. Nel suo primo discorso alla Camera, chiedendo la fiducia, Meloni le ha citate una ad una, per nome, dalla prima all'ultima. Maria (Montessori), Tina (Anselmi), Rita (Levi Montalcini), Marta (Cartabia), Elisabetta (Casellati), e giù con una lunga lista. Le donne della Repubblica.

DAL VECCHIO AL NUOVO

Poche, troppo poche a leggere i numeri di 75 anni di storia repubblicana, dal governo De Gasperi al Conte-bis. Tra ministri, sottosegretari e presidenti che hanno prestato giuramento al Quirinale se ne contano 4864. Di questi, solo 319 donne: il 6,56%. Nel palmarès delle istituzioni italiane, vanno annoverati, per dare un'idea dei tempi, ben dieci governi monogenere. Non monocolore: monogenere. Neanche una donna a fare capolino nella foto di gruppo fra gli arazzi del Colle. 

È stata una lunga, faticosa marcia. Il primo incarico? Assessore all'Assistenza e Beneficenza a Milano. Affidato nel secondo dopoguerra ad Elena Fischli Dreher, partigiana. La prima donna a entrare nel (sotto)governo sei anni dopo: Angela Guidi Cingolani, nel settimo e ultimo esecutivo De Gasperi. Di anni ne son trascorsi trenta, invece, per vedere la prima donna ministro. Quella "Tina" Anselmi richiamata da Meloni all'esordio a Montecitorio nominata ministro del Lavoro da Giulio Andreotti. E poi Nilde Iotti, prima presidente della Camera, ben tre legislature a presiedere l'emiciclo. Fino ad Anna Nenna D'Amico, prima presidente di una giunta regionale. 

I NUMERI ITALIANI

La marcia continua, non senza ostacoli e brusche frenate. C'è da preoccuparsi a leggere l'ultima classifica del World Economic Forum, il "Global Gender Gap Index": su 146 Paesi esaminati, l'Italia è al 63esimo posto. Per chi avesse allergia a liste e listini internazionali, indici e statistiche di solito assai poco clementi con il nostro Paese, basti la nuda aritmetica. In Parlamento, le donne coprono solo uno scranno su tre: il 31%. Questa legislatura si è aperta con il primo calo in vent'anni.

Dunque, c'è tanto da fare. Lo riconosce anche Meloni che alla Camera ha spiegato la "sua" ricetta femminista. Niente proclami retorici o slogan di maniera. «Alle donne di questa nazione voglio dire che il fatto di essere sottovalutate è un grande vantaggio, perché spesso non ti vedono arrivare». La partita dei diritti continua, in Italia e non solo. A Bruxelles la lista di donne al potere, da Ursula von der Leyen presidente della Commissione a Christine Lagarde alla Bce fino a Roberta Metsola al Parlamento Ue, è ancora tutta da aggiornare. 

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