Vinicio Marchioni: «Solo la fantasia e l'umorismo salvano le coppie»

Vinicio Marchioni: «Solo la fantasia e l'umorismo salvano le coppie»
di Katia Ippaso
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Domenica 29 Gennaio 2023, 09:00

Viene denominato gioco al massacro ma è soprattutto una storia d'amore. Disegna il ritratto dell'artista da giovane mentre denuncia il funzionamento anomalo del processo creativo. Si muove nel campo dell'irrazionale fornendo una diagnosi scientifica del comportamento umano di fronte a una situazione-limite. Parliamo di un classico della drammaturgia contemporanea, Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee (1962), che il regista Antonio Latella (ex direttore artistico della Biennale Teatro) ha avvicinato, disegnando i due personaggi principali, George e Martha, sulle figure di Vinicio Marchioni e Sonia Bergamasco: da martedì al Teatro Argentina. «Ho voluto circondarmi di un cast che possa spiazzare e aggiungere potenza a quella che spesso viene sintetizzata come una notturna storia di sesso e alcol» dichiara Latella.

Di questa singolare avventura scenica parliamo con Vinicio Marchioni, noto attore di cinema e teatro, romano, 47 anni, che si cimenta oggi nel ruolo che al cinema fu di Richard Burton (il grande attore britannico recitava accanto a sua moglie, Elisabeth Taylor, nel film omonimo che Mike Nichols realizzò nel 1966 a partire dall'opera incendiaria di Albee).

Chi è il suo George?
«Un uomo che vive di questo grande, infinito amore per sua moglie. Per tenere in vita il loro matrimonio, Martha e George inventano delle storie».

La vita immaginaria consente agli esseri umani di sopravvivere?
«Assolutamente sì. Chi ha paura di Virginia Woolf? è un testo sulla creazione e ci dice quanta fantasia e quanto umorismo ci vogliano per tenere insieme una coppia».

Martha e George arrivano a inventarsi un figlio che non è mai esistito. Come avete affrontato questo snodo drammatico?
«Edward Albee era stato adottato da piccolo da una coppia ricchi impresari teatrali. Il suo rapporto con la matrigna era pessimo e per tutta la vita ha immaginato cosa sarebbe stato di lui se avesse vissuto con la sua famiglia d'origine».

Fino a che punto bisogna dire sempre la verità all'interno della coppia? Ve lo chiedete mai lei e sua moglie, l'attrice Milena Mancini?
«Nella coppia, in famiglia, in amicizia, ho capito che tutto dipende dal confine tra il bene e il male. Se serve a proteggere qualcuno, allora si può anche tacere la verità. Se invece serve per crescere, allora bisogna dirsi la verità, anche a costo di farsi male».
Nella pièce di Albee, la coppia matura ospita di notte una coppia più giovane (Ludovico Fededegni e Paola Giannini) con la quale ingaggiano un gioco fatto di crudeltà, seduzione e improvviso disarmo.

Come vi siete mossi?
«Con estrema cautela.

Più alta la capacità dell'attore di supportare l'altro, più alta la tensione scenica».

In Chi ha paura di Virginia Woolf? si beve fino allo sfinimento. Un tema che lei affronterà anche nel suo recital In vino Veritas (4 e 5 marzo all'Auditorium, Sala Petrassi).
«Per questo spettacolo, Latella ci ha chiesto di ubriacarsi di parole e non di alcol. Per quanto riguarda In vino veritas, si tratta di uno storytelling sulla storia del vino attraverso la musica, la grande letteratura e il teatro-canzone. Parlerò della capacità che l'alcol ha di sollevarci dalla materialità o dalla malinconia del vivere, per trasportarci nella parte migliore di noi stessi. Naturalmente, è tutta una questione di equilibrio».

L'immunologa Antonella Viola ha detto che chi beve ha il cervello più piccolo. Cosa ne pensa?
«Penso che ci vuole molta pazienza. Cosa dovremmo dire di Hemingway e dei grandi scrittori russi che bevevano almeno tre bicchieri di vodka al giorno?».
Teatro Argentina, largo di Torre Argentina 52, da martedì (ore 20) fino al 12 febbraio.

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